La crisi vista da sud: la Campagna Noi Restiamo pubblica un volume sulla “tempesta perfetta”

di PalermoGrad

 

Tra il 2014 e il 2015 la Campagna Noi Restiamo, un collettivo di giovani attivo soprattutto nel Nord Italia, ha raccolto dieci interviste a dieci economisti accademici prevalentemente di estrazione marxista, marxiana e post-keynesiana. Il lavoro che ne è risultato è stato pubblicato in volume, sotto il titolo Tempesta Perfetta (Odradek, pp. 172, € 15,00).

Il tema principale delle interviste è quello della crisi. Le quattro domande rivolte agli studiosi affrontano in sintesi: la collocazione teorica delle cause della crisi economica; la funzione delle istituzioni europee nella gestione della crisi; il ruolo del teorico “eterodosso” nel dibattito economico e politico; la possibile esistenza di elementi di rottura e di contraddizione del capitalismo in Italia e nel resto del mondo.

Riguardo alla prima domanda, gli intervistati individuano due filoni principali di analisi nel dibattito teorico a sinistra. Una lettura che chiamerei marxista ortodossa, che vede la crisi attuale causata dalla caduta tendenziale del saggio di profitto, alla quale aderiscono per esempio Kliman o Giacché in Italia. Una seconda lettura, più keynesiana, che si focalizza sul sottoconsumo dovuto ai bassi salari.

In linea di massima, la causa scatenante che emerge dalla lettura del testo è quella della sovrapproduzione sia di merci che di capitale, in cui la finanza ricopre una posizione centrale.

Sulla crisi europea, e sul ruolo che giocano le istituzioni europee nel conflitto di classe, rileviamo interessanti spunti di riflessione nei seguenti interventi.

Joseph Halevi definisce l’UE come la negazione di un’entità unita. Bisogna analizzare paese per paese (pag. 23). Francia e Inghilterra puntano all’egemonia finanziaria. Mentre sul lato del mercantilismo si muovono principalmente Germania e altri paesi satelliti, come Olanda, Belgio, Austria. In Italia regna la visione del mercantilismo come via d’uscita dalla difficoltà economica, ma l’esperienza olandese o quella finlandese, per esempio, insegnano che possono convivere recessione e saldi netti positivi con l’estero. Tuttavia esiste un unico fattore comune che unisce le differenti frazioni del capitale nella lotta alle classi lavoratrici, ed è la deflazione salariale garantita dall’Euro.

Per Giorgio Gattei esiste un assetto asimmetrico in Europa con la Germania (“nocciolo duro”) che presta alla periferia europea. La politica deflattiva è utile a nascondere l’interesse egoistico del rigore che serve ad avvantaggiare i creditori del centro europeo che vogliono riscuotere con moneta deflazionata (pag. 37).

Luciano Vasapollo evidenzia lo scontro inter-imperialistico nella competizione globale (termine che lui preferisce a “globalizzazione” – pag. 51). Vasapollo auspica un’uscita dall’UE attraverso un nuovo “internazionalismo di classe” e contemporaneamente dall’eurocentrismo, inseguendo sinergie con altre esperienze di lotta internazionali.

Marco Veronese Passarella pone l’accento sulla sovranità monetaria, fiscale e nella politica salariale, non garantite dalla UE. La rottura con le istituzioni europee rappresenterebbe una condizione “necessaria ma non sufficiente” (pag. 74). Secondo l’economista veneto, in un momento in cui i movimenti dei lavoratori sono in crisi di coscienza e organizzazione, le politiche keynesiane sarebbero auspicabili nel breve periodo.

Jan Toporowski vede la crisi europea come dipendente, non solo da un calo di domanda aggregata legata ai consumi, ma soprattutto da un crollo degli investimenti (pag. 88).

Riccardo Bellofiore risponde che la crisi è fondamentalmente finanziaria, in cui la finanza si lega al capitalismo in maniera morbosa, e critica chi oppone cause reali a cause finanziarie (pag. 110). Sulla sovranità statale e monetaria, Bellofiore risponde che queste non hanno mai giocato a favore delle classi popolari. Basta ricordare la distruzione finale delle conquiste dei lavoratori degli anni ’60 e ’70 dopo la rottura dello SME negli anni 1992 e 1993.

Sull’uscita dall’Euro Giovanna Vertova ritiene che la svalutazione che ne conseguirebbe non migliorerebbe, probabilmente, la competitività delle aziende italiane per via della forte dipendenza dalle importazioni, essendo il nostro paese un’economia di trasformazione (pag. 123). Per capire meglio questi aspetti la Vertova suggerirebbe un’analisi delle interdipendenze industriali attraverso l’utilizzo di modelli input-output. I sostenitori dell’uscita peccherebbero quindi di “tecnicismo” o “politicismo”. Solo un forte conflitto sociale potrebbe spostare i rapporti di forza verso una rottura della macchina europea gestita da sinistra. Un altro aspetto che sottolinea Giovanna Vertova – ed è l’unica nel testo che lo evidenzia (oltre ad essere l’unica economista donna ad essere intervistata da Noi Restiamo) – è la questione di genere. Infatti, la crisi UE è rappresentata da un altro attacco al welfare:  quello destinato alla riproduzione sociale. I servizi sociali legati alla riproduzione sono sempre più mortificati, e queste dinamiche contribuiscono a peggiorare le condizioni di vita delle donne lavoratrici e non.

Noi riteniamo dirimente, nell’analisi del capitalismo, il problema della riproduzione che è essenziale per capire la determinazione del valore della forza lavoro e quindi l’essenza della teoria del valore marxiana. Teoria centrale, secondo noi, per una critica dell’economia politica moderna.

Affronteremo questi temi in maniera più approfondita durante la presentazione del libro Tempesta Perfetta che si svolgerà a Palermo mercoledì 1 marzo ai Cantieri Culturali della Zisa (qui maggiori informazioni).