Appunti per un’analisi di classe delle società precapitalistiche

Per un’analisi materialista della peste del trecento, quattro appuntamenti di analisi materialista dell’epidemia nel trecento. Contributo prodotto in occasione dell’iniziativa “Epidemie detonatrici” organizzata dalla Rete dei Comunisti sabato 4 aprile 2020, Video completo.

Parte 1 La Storia e la Peste: Un quadro teorico

Parte 2. Appunti per un’analisi di classe delle società precapitalistiche

É necessario fare dunque due premesse prima di addentrarci in un’analisi materialista che ci possa risultare utile nel presente. La prima trae ispirazione da una nota di Mao nel suo saggio sulla Contraddizione[1] il quale ci ricorda che l’uovo che riceve una data quantità di calore genera un pulcino, mentre nessuna pietra riscaldata dà vita a qualcosa di simile.

Questo cosa ci dice? Che se è vero che uno shock esogeno può contribuire a trasformare una data forma sociale questo lo fa nei termini in cui ci sono presenti all’interno del contesto colpito determinati rapporti fisici, nel caso dell’uovo, sociali nel caso delle comunità toccate dalla peste nera, che non sono in equilibrio, sono maturi per una trasformazione.

É fondamentale dunque sapere qualcosa di più sui rapporti sociali di produzione del contesto colpito dalla peste.

É necessario avere chiaro che costante di ogni società complessa divisa per classi è l’estrazione di plus-lavoro dalle classi subalterne da parte delle classi dirigenti. Le modalità in cui questa estrazione avviene, come ci chiarisce Marx nel passo riportato in precedenza, ci permette di comprendere come si dispiegano i rapporti sociali. L’idea, infatti, che i soggetti rispondano a sollecitazioni di mercato, che si regolino rispetto alla teoria della domande e dell’offerta, che si muovano tra rapporti di proprietà e produttivi tipici dei nostri tempi e che ottengano omogeneamente in tutta Europa lo stesso risultato progressivo, indipendentemente dalle capacità di organizzarsi dei lavoratori delle singole comunità è assolutamente fuorviante.

Come si possono concepire i rapporti sociali nel trecento in poche parole? Tenendo presente che l’estrazione del plus-lavoro avviene non sulla base di rapporti semplicemente economici, ma in forma coatta, sulla base di relazioni in cui l’estrattore deve concentrare contemporaneamente e im-mediatamente (in maniera non mediata) potere economico, sociale, politico e militare. In epoca feudale, infatti, i mezzi di produzione non sono interamente alienati dal lavoratore, che può procurarsi di che vivere senza accedere al mercato capitalista (che ancora non esiste), e quindi senza sottostare alle regole imposte dal nemico di classe. Questo implica che mentre nel capitalismo, il piano politico e quello economico sono in parte scissi, ovvero l’estrazione di plusvalore può avvenire sulla base di un rapporto strettamente economico e su una scelta del lavoratore che pare volontaria, perché l’intera impalcatura sociale politicamente, militarmente e ideologicamente forza tutti dentro al mercato capitalista (per accedere ai mezzi di produzione, per vendere la forza lavoro e acquistare beni per la sussistenza), in epoca feudale i poteri economico, sociale, politico e militare nell’atto dell’estrazione non basta che siano nelle mani della classe dominante, devono essere direttamente tutti nelle mani del soggetto che estrae.

Questo ci dà informazioni ulteriori pure su come il profitto veniva perseguito nel commercio feudale, non sulla base della competizione e della ricerca dell’efficienza produttiva, ma sulla base di arbitraggio, esclusione forzata dei competitori, e alienazione diretta, poggiando su quelli che Marx definisce poteri extra-economici, che nel capitalismo non sono usati direttamente caso per caso, ma per sostenere l’intera forma sociale e costringere tutti a rispettarne le regole in maniera molto più capillare e opprimente che nelle forme sociali precedenti.

Quindi teniamo presente che è imprescindibile per comprendere le trasformazioni che seguono la peste nera, ragionare su come questa ha effetto direttamente su rapporti sociali complessi che non agiscono su binari strettamente economici, ma pure sociali e politici.

Da qui la seconda premessa tratta dalle parole di un grande storico marxista del novecento, Giovanni Arrighi[2] che ricordava a tutti i marxisti che vi è una grossa differenza tra il fare analisi storiche dentro cui si inseriscono i rapporti di classe, e inserire analisi storiche nei rapporti di classe specifici di un’epoca.

Arrighi ci invita a ricordare perché il materialismo ascrive una decisiva importanza all’analisi dei rapporti di classe. Non sono il fuoco di ogni conflittualità sociale perché lo prevediamo idealisticamente, ma perché in società divise in classi è sulla base di rapporti di classe che si struttura l’organizzazione della vita materiale, della produzione e della riproduzione sociale, che si creano le condizioni materiali dell’esistenza stessa.

É impossibile dunque capire come le contraddizioni tra forze produttive e rapporti sociali di produzione si risolvano, senza comprendere 1) le pulsioni delle forze produttive e la loro relazione con i rapporti sociali di produzione 2) come i rapporti sociali in un dato sistema si strutturino, come per esempio l’estrazione di plus-lavoro sia permessa dalla coercizione diretta (come nel trecento) o dalla compulsione indotta come nel capitalismo e 3) gli specifici rapporti di classe, che si distinguono da stato a stato, e che nel risolversi determinano uno sviluppo piuttosto che un altro.


[1] Tse-Tung Mao, Sulla Contraddizione, Milano, Pechino Casa Editrice in Lingue Estere, 1968

[2]Giovanni Arrighi, Struttura di classe e struttura coloniale nellanalisi del sottosviluppo, in “Giovane critica”, n. 22-23, Milano, 1970