LA SOSTENIBILITA’ DI UNITO COMPLICE DELLA DEVASTAZIONE IN VAL DI SUSA


Secondo una classifica che valuta la sostenibilità ambientale e sociale di più di 900 campus universitari nel mondo stilata da Green Metric, risulta che l’Università di Torino ricoprirebbe la seconda posizione degli atenei più “green” del paese, mentre a livello globale sarebbe classificata al 22esimo posto. Questa classifica prende in considerazione gli indicatori relativi alle infrastrutture, consumi e politiche per ridurre l’impatto dell’energia, trattamento e riciclo dei rifiuti, acqua e politiche di mobilità sostenibile; nonché i dati inviati dagli atenei sulle azioni e sulle politiche attuate per ridurre i consumi e migliorare la sostenibilità.

Il sogno ambientalista dell’amministrazione di Unito, portato avanti da una massiccia campagna di greenwashing e di ecologismo pubblicitario, si corona con l’edizione di questa classifica in cui Unito si confermerebbe come uno dei principali atenei green d’Italia.

Ci troviamo di fronte all’ennesimo paradosso.
Nonostante la concessione di uno spazio all’interno della nuova palazzina Aldo Moro, ad una multinazionale come il Burger King, una delle imprese maggiormente responsabili dell’inquinamento ambientale, e nonostante una delle sedi centrali di Unito sia ancora da decine di anni in ristrutturazione a causa dell’enorme quantità di amianto impiegato nella costruzione, la nostra università si conferma in cima alla classica degli atenei sostenibili.

La cosa non ci stupisce affatto, data la quantità di fondi e finanziamenti buttati nelle operazioni di green washing che l’Università sta portando avanti da diversi anni. L’istituzione di un Ufficio Green all’interno della palazzina Moro, così come la parete verde piena di piante inserita sopra al Burger King, (quasi a farti dimenticare di aver svenduto ad un’impresa così inquinante uno spazio all’interno di un’università pubblica), vanno proprio in questa direzione, ovvero nel tentativo di crearsi all’esterno una facciata di Ateneo ambientalista, verde e sostenibile, mentre dall’altra parte Unito continua a rendersi complice di aziende che sono direttamente responsabili del cambiamento climatico e della devastazione ambientale.

Ma allora di quale indice di sostenibilità parla questa classifica quando annovera Unito tra gli atenei più green del paese? Sicuramente non della sostenibilità della terra e della popolazione della Val di Susa.
Infatti sono risaputi da tutti gli accordi di ricerca che legano l’Università di Torino a TELT, l’azienda che da anni ha in mano gli appalti della costruzione del cantiere del TAV Torino-Lione, e che proprio in questi giorni, in occasione di un’audizione parlamentare sull’Opera, ha ordinato l’allargamento del cantiere in Val Clarea, laddove questa estate si è costituito il presidio dei Mulini.
Ma la Val Clarea non è solamente abitata dai presidianti dei Mulini, che da questa estate lottano tenacemente contro l’allargamento del cantiere e la frettolosa ripresi dei lavori; infatti ad abitare quelle terre è anche la Zerynthia (o meglio nota come la farfalla NoTav), una rara specie di farfalla autoctona della Val di Susa in via d’estinzione.
Quando per la prima volta il movimento NoTav, tramite ad un monitoraggio organizzato dal basso e senza finanziamenti portato avanti da ricercatori indipendenti, scoprì la presenza di questa specie rara di farfalla e denunciò la pericolosità del cantiere per la sua sopravvivenza, TELT si rivolse all’Università di Torino finanziando una ricerca volta a dimostrare che la costruzione del TAV non ledeva ma addirittura riusciva a preservare meglio la sopravvivenza della Zerynthia. Uno studio senza alcuna indipendenza, ordinato direttamente dai promotori dell’opera, attraverso il quale il rettore di Unito fu responsabile di vendere a TELT una maschera “green” con cui coprire i propri scempi, rendendosi complice di un sistema di speculazione e profitto che grava da anni sulle spalle della popolazione e del territorio della Valle di Susa.

L’episodio della farfalla è solo il più rappresentativo di una collaborazione malata tra l’Università di Torino e TELT, che va avanti da molto tempo e che tutt’ora continua imperterrita. Infatti solo a maggio di quest’anno, nel pieno di una pandemia globale che ha mostrato tutti i limiti del sistema pubblico universitario e tutti i fallimenti della gestione dell’emergenza Covid da parte dell’amministrazione dell’Università di Torino, è stato reiterato l’accordo di collaborazione scientifica con TELT, un progetto finanziato dai dipartimenti di Management, di Scienze Economico-Sociali e Matematico-Statistiche, Dall’università Bicocca di Milano, da TELT e da Tunnel Euralpin Lyon Turin Sas. Il focus di questo progetto sta principalmente nei settori di “monitoraggio sociale a integrazione del monitoraggio ambientale” e “nell’analisi dell’ecologia comunicativa”.

Questo ci mostra sempre più chiaramente che la ricerca universitaria non è neutra e non ha una funzione di utilità pubblica per la collettività quando è al soldo di aziende private che la finanziano per perseguire le proprie esigenze di profitto. Ma soprattutto ci dimostra che dietro la maschera green di Unito e i suoi alti posizionamenti in false classifiche di sostenibilità, si cela la complicità con soggetti economici che inquinano e devastano la terra a discapito delle popolazioni che quella terra la abitano e lottano da anni contro lo scempio che viene loro inflitto.

Ecco di quale sostenibilità parla questa classifica.
Ecco su cosa si basa l’ambientalismo di Unito.

Contro una ricerca ambientata al profitto di pochi e alla devastazione della terra, in solidarietà al popolo della Val di Susa, da trent’anni in lotta contro lo scempio dell’Opera, portato avanti con il beneplacito e la complicità delle istituzioni e della ricerca universitaria “pubblica”, è il momento di far sentire la nostra voce.
Oggi, alle ore 11 saremo a Giaglione all’appuntamento di lotta del movimento No Tav in occasione dell’ultimo allargamento del cantiere in Val Clarea, per ribadire la nostra contrarietà alla grande opera inutile del Tav Torino-Lione

A Sarà dura, si ma per loro!