UN ANNO DOPO LO SCOPPIO DELLA PANDEMIA

Abbiamo definito da subito l’impatto del Covid-19 come l’arrivo del “Cigno nero, un evento apparentemente imprevedibile che mette in discussione lo stato di cose presenti. A un anno dallo scoppio della pandemia il 2020 appare ci appare infatti come un anno spartiacque che segna un prima e un dopo, che apre scenari ancora tutti da decifrare, ma che conferma anche alcune tendenze di fondo che già avevamo individuato.

Il virus ha agito su un contesto storico concreto, facendo da detonatore di contraddizioni già sistemiche di un modello di sviluppo dimostratosi chiaramente classista e fallimentare. L’esaurirsi della fase espansiva degli anni novanta seguita alla caduta del blocco socialista, così come l’emergere di nuovi competitori internazionali in grado di contendere il primato agli Stati Uniti, hanno innescato per il capitale una nuova fase di crisi di valorizzazione, manifestatasi violentemente con la crisi finanziaria del 2008, e l’inasprirsi della competizione inter-imperialistica.

Questa crisi nella crisi provocata dalla pandemia globale ha accelerato questi processi, riducendo ulteriormente i margini di redistribuzione della ricchezza e segnando il fallimento in occidente di trent’anni di politiche neoliberali, che attraverso lo smantellamento e la privatizzazione del settore pubblico hanno messo in ginocchio la tenuta stessa della società. L’incapacità di tenuta del sistema sanitario, come di quello economico, si è violentemente scaricata sulle classi popolari e sulle categorie più deboli che ne hanno fatto le spese in termini di vite umane, occupazione e condizioni di vita.

La crisi ha aperto enormi crepe nell’egemonia, ma non si è tradotta immediatamente in una rottura, in assenza di una risposta di classe organizzata dovuta anche a quella che ancora è l’eredità lasciata specialmente in Italia dalla sconfitta storica del movimento di classe del novecento. In queste condizioni anzi la crisi rappresenta per il capitale un’opportunità di ristrutturazione e di rilancio in avanti, come stiamo vedendo nel cambio di passo operato dalle politiche dell’UE. Lo stanziamento dei fondi del Recovery Fund segna un passaggio nuovo di intervento “statale” di spesa pubblica a sostegno del privato – più stato, ma per il mercato – attraverso cui l’UE accelera la sua costituzione a polo imperialista, attrezzandosi per essere competitiva nei nuovi settori strategici dell’industria green, delle conoscenza e della tecnologia, e stringendo contemporaneamente sul processo di centralizzazione della governance politica rispetto agli stati membri.

Il governo Draghi va esattamente in queste direzione. Sfruttando l’incapacità e il servilismo della nostra classe politica, l’UE ha potuto mettere direttamente un suo rappresentante alla guida del paese per dirigere l’integrazione e la ristrutturazione del sistema italiano secondo le necessità del progetto imperialista europeo.

Con la complicità di tutti i partiti e dei sindacati concertativi, il programma di governo – di cui nessuno dei ministri, nè lo stesso Draghi ha mai fatto mistero – andrà ad adeguare la competitività del sistema italiano con pesantissime ricadute sul futuro delle classi popolari. In nome del profitto e della messa a valore di tutti gli ambiti della società tutte le contraddizioni emerse in queste mesi di pandemia saranno ulteriormente esasperate – dalla precarietà e lo sfruttamento sul lavoro, dall’aziendalizzazione del mondo della formazione fino all’inefficienza del sistema sanitario, dei trasporti o del diritto all’abitare. E’ proprio di oggi la proposta di sospensione del blocco degli sfratti, che comunque scadrà per tutti a giugno, per chi era indietro con i pagamenti da prima della pandemia. Una questione che oggi colpisce migliaia di giovani studenti lavoratori e per cui ci siamo subito mobilitati – domani saremo al picchetto antisfratto di Totta, la giovane studentessa precaria sotto sfratto a Torino.

Se gli effetti della crisi e delle scelte politiche che la stanno accompagnando sono solo all’inizio, una certezza è la crepa che si è aperta nell’egemonia delle classi dominanti. Questo 2020 ha definitivamente smentito la narrazione, portata avanti soprattutto nei confronti delle fasce giovanili, della fine della storia dopo la brutalità del novecento, di un mondo di individui liberi e uguali, di infinite opportunità dove ognuno se capace poteva liberamente realizzarsi.

La pandemia ha, invece, mostrato una società dove centrali sono ancora e più di prima le differenze di classe, una società che mette il profitto davanti ai bisogni della collettività, anche a costo di 100’000 morti solo in Italia.

L’esempio della Cina e soprattutto di Cuba nella gestione della pandemia ha dimostrato la superiorità della pianificazione socialista, che il nostro non è il migliore dei mondi possibili, nè l’unico. Un altro mondo per cui lottare esiste, anche qui da noi. E’ necessario individuare nell’UE il nostro nemico e indicare fin da subito la prospettiva di un’alternativa di sistema.

Per questo abbiamo deciso di metterci a disposizione e di lanciare un appello alla nostra generazione “Vento che non smette di soffiare, oceani interi da conquistare“.