TORINO. CARO RETTORE, L’INDIFFERENZA È IL PESO MORTO DELLA STORIA

Ritorniamo a scrivere in seguito ai gravissimi eventi accaduti al Campus Einaudi che hanno portato al fermo di tre studenti antifascisti. Le lotte, anche quelle più concitate, necessitano di un momento di razionalizzazione degli eventi e di riflessione politica sul contesto all’interno del quale quegli stessi eventi si svolgono. È con questo approccio che pensiamo debbano essere lette le righe che seguono.

Il revisionismo storico che le organizzazioni fasciste e neofasciste portano avanti sulla questione delle foibe ci costringe a riflettere in primis sul significato della Storia e di come sia funzionale ridurre gli eventi storici a “ricordo”. La giornata del ricordo, istituita per legge nel 2004 dai partiti di centro destra e centro sinistra, una giornata istituzionale voluta dai più alti rappresentanti dello Stato, ha proprio questo obiettivo. Difatti, se pensiamo a come il Presidente della Repubblica Mattarella sia intervenuto sulla giornata, non possiamo che notare l’abile rimozione del prima e del dopo e la conseguente focalizzazione sull’istante, quello più utile a quel revisionismo storico di matrice fascista che vuole contrapporre su basi nazionaliste gli italiani e le popolazioni slave. Se non si tiene conto dell’evoluzione storica, se ad esempio si omette di dire che l’alleanza tra Mussolini e Hitler già nel 1940 aveva prodotto l’italianizzazione forzata dell’Istria con il conseguente infoibamento degli jugoslavi resistenti, allora si riduce la Storia a “ricordo”. Se ne rimuove il carattere scientifico e si lascia all’interpretazione dei soggetti in campo la narrazione di quegli anni. Narrazione che a questo punto diventa di parte, parti contrapposte su basi nazionaliste che riscrivono la storia sulla base dei loro sentimenti piuttosto che dei fatti realmente accaduti.

Quando si tenta di focalizzare l’attenzione sui fatti storici per opporsi conseguentemente a questa narrazione, ci si scontra con la cruda realtà dei rapporti di forza esistenti. Da un lato noi antifascisti duramente repressi a vari livelli – con armi preventive come ad esempio la riduzione degli spazi di ragionamento critico o come l’ultimo infame atto dell’università che ha portato alla scomparsa dal Sottoscala – 1 di Palazzo Nuovo dei pannelli con i murales in solidarietà al popolo curdo, fino agli arresti di questi giorni – e dell’altro un gruppuscolo di fascisti protetti da decine di poliziotti, dalle istituzioni e dai partiti di destra e di sinistra, anche quelli che il 25 aprile scendono in piazza in nome dell’antifascismo e che sulla giornata del ricordo tacciono quando non sono attivamente partecipi alla definizione di questa narrazione tossica. Questa operazione s’inserisce in un contesto europeo in cui una risoluzione del Parlamento ha equiparato fascismo e comunismo, questa stessa risoluzione assume il patto Molotov-Ribbentrop come punto di partenza della seconda guerra mondiale. Un ulteriore elemento antistorico che diventa realtà per le istituzioni europee a evidenza che la radice comune sta nel tentativo di rimozione dei soggetti di classe dal piano storico con l’obiettivo di definire un’ideologia comune su scala europea.

Il silenzio e l’indifferenza del rettore non possono essere interpretati come neutrali, data l’importanza della risposta degli studenti, gli arresti e le varie dichiarazioni da parte del mondo della politica siamo certi che questa chiusura sia in realtà complicità con quanto è avvenuto. Il rettore tenta di rappresentarsi al di sopra delle parti ma nei fatti criminalizza gli antifascisti con la retorica del “non si parla con i violenti” – che sistematicamente addita chi si difende come violento e omette gli aggressori – e protegge i fascisti con la retorica della “libertà di parola”. Si nasconde dietro un apparente antifascismo ma permette nei fatti che tre studenti antifascisti siano arrestati perché, insieme a molti altri, si sono opposti alle falsità raccontate dai neo-fascisti. Permette da anni al FUAN – un’organizzazione apertamente neo-fascista – di avere un’aula in università e nega spazi agli studenti. In risposta al presidente dell’Edisu, Sciretti, che dichiara che si occuperà personalmente di togliere la borsa di studio agli studenti fermati – su cui non ci soffermiamo perché non ci stupisce affatto – il rettore ha balbettato una vuota frase di circostanza in cui conferma l’impegno nel garantire il diritto allo studio. Ma di quale studio stiamo parlando? Nei fatti il rettore sta facendo passare una narrazione falsata della storia all’interno dell’Università in cui gli studenti si aspettano di conoscere invece la verità sui fatti storici. Il rettore, così facendo, abilita sul piano istituzionale la propaganda fascista elevandola a verità di Stato, piega l’Università a un messaggio reazionario. Il rettore ha una doppia responsabilità: la prima è quella di aver permesso l’ingresso della polizia in Università a protezione dei fascisti, con tanto di manganelli e arresti per gli studenti; la seconda è quella concedere agibilità politica ai fascisti, tanto sul piano della propaganda quanto sul piano della Storia. Il rettore nei fatti sta facendo politica, i ricercatori e i professori sono liberi di portare avanti le loro ricerche che inevitabilmente si scontrano con questa narrazione della Storia?

In questi giorni la risposta pronta e determinata degli studenti ci impone di porci, oltre che sul piano dell’antifascismo militante, anche su quello della Storia. Perciò il nostro compito è portare l’attenzione di tutti sull’evoluzione storica e sui fatti realmente accaduti ma soprattutto ci sembra obbligatorio ridare dignità scientifica alla Storia, per strapparla alla manipolazione di chi in questi giorni era dall’altra parte della barricata. Se a noi tocca riafferrare il movimento dialettico della Storia siamo pronti a farlo sul piano del ragionamento ma anche con i cortei, i presidi e le occupazioni. Questa è una lotta che si combatte su tutti i livelli e siamo consapevoli che il nostro sforzo soggettivo incontrerà – per opposizione dialettica, appunto – la violenza poliziesca dello Stato, il silenzio e l’indifferenza. Se ancora una volta dovremo muoverci in direzione ostinata e contraria, lo faremo.

Con questo spirito abbiamo promosso un’Assemblea pubblica antifascista aperta ai professori e ai lavoratori dell’Università al Campus Einaudi, Mercoledì alle 18.30.