Ciao Sante! Rivoluzionario, bandito, poeta, comunista.

Ciao Sante! Rivoluzionario, bandito, poeta, comunista. Si è spento ieri nella sua casa a Bologna, dopo aver combattuto il Covid 19, Sante Notarnicola.

Quella di Sante è una storia che ci parla.

Ci parla di miseria: quella vissuta nella sua Puglia, per 13 anni, come poi nella Torino del “miracolo” economico, da una generazione di giovani che migrava, che inseguiva i sogni e le promesse di un’Italia che sulle macerie della guerra e del fascismo prometteva di ricostruirsi nuova, prometteva di ricostruirsi per tutti, e invece non faceva altro che trascinare uomini, donne, braccia, lontano dalle proprie case, per nutrire le fabbriche che nel triangolo industriale aprivano una nuova era di violenza, di soprusi e di sfruttamento.

Ci parla di quella vita dignitosa e degna di essere vissuta, sempre promessa, sempre cercata e mai trovata.

Ci parla di rabbia e audacia: quello della Banda Cavallero, di banditi, uomini veri, prima di tutto comunisti, che seppero alzare la testa, che si incaricarono, per usare le parole di Sante, “di aprire i forzieri del boom economico, perché la Resistenza non aveva fatto la rivoluzione”, che seppero portare presagi di un mondo nuovo “mentre fuori si respirava il fumo delle fabbriche e dentro gli uffici si udiva solo il tintinnio delle macchine da scrivere”.

Ci parla della forza che seppero profondere in una intera generazione quei banditi che andavano in tribunale con il pugno alto, che sapevano “far arrossire le beghine ed intimorire la DC”.

Ci parla di militanza, di un altro modo di intendere la vita, delle rotture con quel PCI che a Piazza Statuto aveva mostrato a tutti di stare contro i suoi, del coraggio di rilanciare sempre, contro tutto e tutti, oltre l’ipocrisia della sinistra parlamentare, per tutti gli oppressi, ci parla di un rapporto autentico con la classe, di chi veniva dalla classe e agiva per la classe, di chi sapeva imparare stando in mezzo al popolo, ci parla della volontà di sacrificare se stessi e la propria libertà, per l’organizzazione rivoluzionaria.

Ci parla di un desiderio ardente, quello di cambiare le cose, di prendersi ciò che è giusto, ciò che ci spetta, con la rabbia della sofferenza di tutti gli antenati e con la forza delle proprie azioni.

Ci parla di lotta, di spirito indomito, di una continua capacità di rigenerarsi, di chi condannato all’ergastolo seppe direttamente organizzare la straordinaria stagione di politicizzazione delle carceri e lanciare alcune tra le più importanti rivolte carcerarie della storia di un paese, che chiudeva e dimenticava in anfratti bui tutti i propri fantasmi.

Ci parla di umanità, della capacità di stare sempre istintivamente e razionalmente dalla parte giusta, ci parla di bellezza, di poesia, di sogni, perché in quelle carceri il proletariato detenuto incontrava banditi e militanti e tutti compagni forgiavano la generazione che avrebbe fatto tremare i palazzi e organizzato l’assalto al cielo.

Ci parla di vittorie concrete come la grande riforma carceraria del 1975, ma soprattutto ci mostra la possibilità concreta della vittoria più grande, contro tutti gli opportunisti, i riformisti, i rinunciatari, i venduti, gli ammanicati, contro tutti i teorici della sconfitta.

É per tutti questi motivi che la storia di Sante è storia nostra, fa da staffetta tra un mondo che poteva essere e un mondo che dovrà essere; è storia comunista, per bisogno e necessità, per giustizia e per scelta, per fortissima volontà, a dispetto dei ritratti distorti che stanno uscendo in queste ore sui media mainstream, tra chi cerca di romanticizzare la sua epopea, traslandola fuori dal mondo reale, chi cerca di sbiadirla svuotandola di ogni portato rivoluzionario e chi cerca moralisticamente di screditarla. Noi sappiamo che non esiste memoria condivisa tra noi e loro. Esiste una storia nostra che ci mostra la direzione.

Diceva Brecht che i “deboli non combattono. Quelli più forti lottano per un’ora. Quelli ancora più forti lottano per molti anni. Ma quelli fortissimi lottano per tutta la vita. E Costoro sono indispensabili.” Quello di Sante è per la nostra generazione, una generazione vessata, illusa, e disillusa, frustrata e tradita, l’esempio indispensabile, perché sappiamo “che anche in questo tempo bastardo ed ingrato bisogna provarci”, perché abbiamo ragione, perché la strada per l’alternativa possibile, fatta di lotta, di studio, di militanza, di organizzazione, è tracciata, occorre solo trovare la forza di percorrerla.