Fermiamo il nuovo pacchetto sicurezza Salvini-Nordio-Piantedosi! Fermiamo la repressione delle lotte ambientaliste!

Dopo il DL “ecovandali” e l’emendamento proposto dalla Lega per prevedere l’innalzamento delle pene per chi protesta contro le opere infrastrutturali strategiche, la repressione del governo sui movimenti ambientali e sociali continua a farsi strada con l’avvio dell’iter parlamentare del D.L. Sicurezza.

Il provvedimento (disegno di legge n. 1660 a firma di Piantedosi, Nordio e Crosetto) prevederebbe sia l’introduzione di nuove fattispecie di reato, sia l’inasprimento delle pene per reati già esistenti.

Spicca in particolare la definizione di “terrorismo della parola”, reato che prevede una pena da due a sei anni chiunque diffonda testi, scritti o orali, ritenuti capaci di incitare atti contro uffici, istituzioni, servizi pubblici o di pubblica necessità. È la fine della libertà di parola, che andrebbe a colpire tante lotte territoriali, come quelle del movimento No TAV o in generale contro le grandi opere, così come i movimenti contro la militarizzazione dei territori.

Il D.L. Sicurezza poi, memore delle azioni dimostrative degli attivisti per l’ambiente al Senato e a Palazzo Vecchio a Firenze, si concentra sui reati di deturpamento e imbrattamento contro beni immobili e mezzi di trasporto. Viene inasprita la pena in caso di recidiva, con aumento delle pene fino a tre anni e multa fino a dodicimila euro e una sanzione più grave se ad essere colpita è una sede istituzionale.

Le limitazioni verso chi lotta per richiamare l’attenzione sulla distruzione dei territori e sul problema più ampio del cambiamento climatico non finiscono qui: l’innalzamento delle pene per blocco stradale è pesante, prevedendo ulteriori aggravanti in caso di accesso a infrastrutture ferroviarie.

Vediamo in questi giorni il pesantissimo attacco che è stato portato avanti contro i cittadini del quartiere e gli attivisti che da mesi proteggono il parco urbano Don Bosco a Bologna: un assaggio indicativo del modo in cui trasversalmente, dalla Lega al PD, useranno i nuovi strumenti per eliminare qualsiasi forma di dissenso nei confronti delle loro politiche.

Non solo le organizzazioni ambientaliste e le lotte territoriali, ma anche quelle sociali sono pesantemente sotto attacco. Parliamo in particolare di movimenti e sindacati che si battono per il diritto all’abitare, oltre che inquilini singoli o organizzati che resistono agli sfratti.

Infatti per chi occupa o detiene senza titolo un immobile impedendo il rientro del legittimo proprietario sono previste condanne da due a sette anni. La stessa pena si applica anche a chi collabora o si intromette nell’atto stesso.

Si tratta di colpire nello specifico chi viene sfrattato e si oppone a lasciare l’alloggio, così come a chi lo sostiene con picchetti di solidarietà. D’altro canto, chi collabora con le autorità non viene punito, mentre chi resiste può essere arrestato subito o successivamente.

Anche gli strumenti preventivi si rafforzano, normalizzando sempre più i “processi alle intenzioni”.

Questo avviene in un momento in cui l’alleanza tra lotte ambientali e sociali va sempre più a saldarsi: dalle mobilitazioni contro l’aumento delle bollette e i profitti delle multinazionali dell’energia, alla resistenza contro il consumo di suolo e la speculazione nelle città, alla lotta per il diritto alla salute, contro governanti asserviti ai privati che scaricano nelle periferie i rifiuti della società dei consumi; fino ad arrivare all’opposizione comune alla guerra, che ha sempre più caratterizzato le piazze nell’ultimo anno, e che ha visto crescere un forte dissenso alle politiche insostenibili ed anti-popolari che si sono andate ad accentuare dall’ingresso dell’Unione Europea in guerra a fianco della NATO.

Non a caso, in tutta l’UE si è stretta la morsa repressiva. Ricordiamo lo scioglimento del movimento ambientalista francese Soulèvements de la Terre e il violento sgombero nella cittadina tedesca di Luzerath, in favore dell’estrattivismo fossile nella miniera di carbone. Nell’ultimo anno la situazione è andata peggiorando, con la messa in campo un dispositivo fatto di stati di emergenza e divieti di manifestazione emanati soprattutto con la crescita del movimento di solidarietà alla Resistenza palestinese.

Se fino a due anni fa, dopo l’ondata dei movimenti ambientali che aveva occupato le piazze nel biennio 2018-19, l’UE aveva provato ad utilizzare termini conciliatori con il movimento (atteggiamento sfociato nelle false promesse del Green New Deal avviato nel 2019, come la neutralità climatica entro il 2050), dall’esplosione della guerra in Ucraina in avanti la facciata ambientalista europea è andata man mano disgregandosi, così come il consenso sociale di fronte all’aumentare del costo della vita determinato dalle conseguenze della guerra.

Di fronte al montare della rabbia sociale non solo il governo delle precettazioni italiano, ma anche i liberali francesi e i finti progressisti tedeschi hanno fatto del securitarismo un cavallo di battaglia, in nome della prevenzione del rischio di eversione dell’ordine democratico.

L’”ecoterrorismo”, il “terrorismo della parola”, la resistenza “minacciosa o violenta” con cui il governo evoca un pericolo per la democrazia, sono solo uno spauracchio per attuare quella che è di fatto la fine della democrazia intesa come stato di diritto.

In un Occidente capitalista che mostra sempre di più le sue contraddizioni fatte di guerra, devastazione ambientale e attacco ai diritti sociali, vediamo che la classe dirigente ha come unico scopo proteggere gli interessi della classe padronale nazionale ed europea, degli speculatori e delle grandi multinazionali, dell’industria estrattivista e bellica.

Questo vorrà dire essere in piazza il 24 giugno come EcoResistenze al fianco di organizzazioni e movimenti sociali che si oppongono a questa nuova legge. Non possiamo lasciare che il colpo che vogliono sferrare all’agibilità delle lotte non passi in silenzio.

Contro ecocidio, ingiustizie e repressione, stacchiamo la spina a questo sistema!