Israele-Palestina, una foto falsa per una pace falsa
Esce l’inevitabile notizia che una foto culto del conflitto israelo-palestinese era un falso. O meglio, non proprio un falso, semplicemente una messa in posa di un concetto, quello della pace possibile fra i due popoli, “recitato” da due bambini entrambi israeliani. Ma non è nella storia di questo scatto, ma proprio nel contenuto della sua immagine che si può andare a scavare la vera falsità del messaggio che vuole fare passare, e che non può essere inconsapevole essendo stata fatta da un fotografo e per di più, appunto, essendo stata messa in scena.
L’analisi di una fotografia deve partire da questa, cioè da ciò che mostra, ciò che vede: due bambini, uno apparentemente israeliano, l’altro apparentemente mussulmano, che si abbracciano. L’abbraccio vuole suggerire evidentemente l’idea della pace, ma l’uso del tutto strumentale per ragioni editoriali di due bambini vestiti apposta con indumenti tipici ma non propriamente infantili sembra volere insinuare un concetto più complicato, quello della purezza attribuita tipicamente ai bambini in contrasto allo spirito corrotto degli adulti. Perché dovrebbero essere dei bambini, e non degli adulti, a rappresentare l’ideale tipo della riappacificazione? Perché essi dovrebbero essere scevri dalle sovrastrutture della guerra, della geopolitica, dell’economia, il loro sentimento di pace è totale in quanto immediato, nel senso di non mediato appunto da altre questioni oltre che dal loro essere bambini (e quindi esseri umani). La pace assume così un carattere idealistico, quasi di buon senso: “se lo capiscono anche i bambini, se è così facile, deve essere giusto”. Quello che potrebbe dire qualunque aspirante miss Italia affermando che il suo sogno è la pace del mondo. Pur capendo l’importanza delle immagini nella costruzione anche di una prospettiva politica, anzi, proprio per la comprensione di questa importanza, possiamo accusare la falsità di questa foto che risiede nella sua superficialità e grossolanità, che pare affermare che se la soluzione è così semplice e limpida anche il problema è di facile comprensione, ripartendo in maniera uguale le colpe fra gli “adulti” palestinesi e israeliani, secondo il fastidioso ritornello per cui in una guerra nessuno ha ragione e tutti hanno torto. Se il vero obiettivo è la pace in Palestina l’analisi delle responsabilità della guerra deve essere affrontata molto più seriamente di così, perché la pace non è affatto uno stato naturale delle cose che si ottiene affidandosi alla semplicità e alla bontà dei sentimenti, ma è uno sforzo, è una vera e propria lotta contro le classi dirigenti belliciste, contro l’industria militare, contro le potenze imperialiste, quali Israele e suoi sostenitori europei e americani confermano ogni giorno essere. Il pacifismo non si porta avanti sostenendo bandiere colorate, ma sostenendo la resistenza dei popoli oppressi.
Riccardo Rinaldi – Noi Restiamo