Il governo 5STELLE – PD decreta la fine della ricerca libera
Nella nuova legge di stabilità in via di concitata stesura e approvazione proprio in queste settimane, c’è un articolo che riguarda l’alta ricerca accademica e che mette definitivamente fine alla possibilità della libera ricerca. Attraverso questa riforma, infatti, il governo 5 Stelle- Pd mette direttamente mano sull’indirizzamento dei finanziamenti per la ricerca in perfetta continuità con i governi precedenti.
Come scrive anche il blog ROARS, nell’articolo 28 si legge che la futura Agenzia Nazionale per la Ricerca (ANR) verrà formata da un comitato il cui il direttore è scelto dal Presidente del Consiglio dei ministri. “Il comitato direttivo è composto da otto membri scelti: due dal Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, uno dal Ministro per lo Sviluppo Economico, uno dal Ministro della Salute, uno dal Ministro per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione, uno dalla Conferenza dei Rettori delle Università Italiane, uno dal Consiglio Universitario Nazionale, uno dalla Consulta dei Presidenti degli enti pubblici di ricerca.” Quindi il Direttore e cinque componenti (su otto) del consiglio direttivo della futura agenzia nazionale per la ricerca saranno di nomina politica. L’ANR avrà l’obiettivo di promuove il coordinamento e indirizzerà le attività di ricerca di università, enti e istituti di ricerca pubblici verso obiettivi di eccellenza, incrementando la sinergia e la cooperazione tra di essi e con il sistema economico-produttivo, pubblico e privato, in relazione agli obiettivi strategici della ricerca e dell’innovazione nonché obiettivi di politica economica del Governo funzionali alla produttività e alla competitività del Paese.
Alla nuova agenzia verranno assegnati “25 milioni di euro per l’anno 2020, 200 milioni di euro per l’anno 2021 e 300 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2022“. A questi vanno aggiunti “4 milioni di euro annui a decorrere dal 2021, per il funzionamento e per il personale dell’agenzia.”
Le dichiarazioni del ministro Fioramonti tentano di distanziarsi dai contenuti di questo Articolo sostenendo che nessuno ha interpellato il MIUR su questo provvedimento e che è stato “approntato da un paio di burocrati il fine settimana”. Ci pare un po’ strano che il Ministro dell’istruzione, dell’Università e della Ricerca non sia a conoscenza di una riforma di tale portata… Allo stesso tempo non ci stupisce che si celi dietro tecnicismi o responsabilità di altri anonimi per salvarsi la faccia di fronte alla definitiva distruzione della libera ricerca. D’altra parte, il Movimento 5 Stelle è al governo da un anno e mezzo e non si è mai distanziato da tutte quelle riforme che hanno devastato l’istruzione sia di secondo grado sia universitaria nel nostro paese.
L’istituzione di questa agenzia così formata e con questi obiettivi è un modo per istituzionalizzare l’indirizzo che la ricerca ha preso negli ultimi anni: la ricerca di base è sempre più sottofinanziata, i finanziamenti vengono dati quasi esclusivamente alla ricerca legata alle esigenze delle imprese presenti sul territorio, alle innovazioni che servono a rendere più competitive le aziende a livello nazionale e europeo. Anche l’istituto ANVUR, l’agenzia nazionale che si occupa di valutare la ricerca dei vari atenei, conferisce finanziamenti premiali a quei dipartimenti o a quelle università che meglio riescono ad integrarsi con il tessuto produttivo del territorio nel quale sono inserite. Questo, come spesso abbiamo evidenziato, va ad incrementare una sempre maggiore polarizzazione tra università di seria A, collocate in un tessuto produttivo forte, e università di serie B, inserite in un territorio con difficoltà economiche come gli atenei del Sud Italia.
Dopo i numerosissimi tagli all’istruzione ed in particolare alla ricerca da parte dei vari governi che si sono succeduti (ricordiamo che con la riforma Gelmini il Fondo di Finanziamento Ordinario era già diminuito del 22.5%), sotto le riforme di austerity impartite dall’Unione Europea, adesso, quando vengono stanziati dei fondi per l’alta ricerca, lo si fa con precisi indirizzi politici. I pochi fondi pubblici che rimangono per il sistema universitario vengono infatti utilizzati non per sostenere gli atenei o gli studenti in difficoltà ma per creare nuovi poli d’eccellenza (sempre più privatizzati e più costosi) o per indirizzare la ricerca secondo precisi fini politici, come avviene con l’Articolo 28.
La creazione dell’Agenzia Nazionale della Ricerca, sostanzialmente commissariata dal governo, non può essere slegata da un’altra riforma che avrà un enorme impatto nel mondo della formazione e della ricerca, ossia l’Autonomia Differenziata. Come leggiamo nelle stesse bozze di quest’altra riforma, conferire maggiore autonomia alle regioni di Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna significa permettere a queste regioni di avere maggiore materia decisionale sulla didattica e sui rapporti tra atenei ed imprese presenti sul territorio al fine di rendere quel territorio competitivo a livello nazionale ed europeo connettendolo sempre di più con le filiere produttive forti dell’Unione Europea, come l’asse franco-tedesco, e separandolo dal carrozzone del Sud Italia in forte difficoltà economiche.
L’articolo 28 e l’autonomia differenziata sono la definitiva affermazione di un processo già in atto da anni che punta a porre la ricerca completamente al servizio delle imprese per renderle competitive sul mercato. Un tentativo disperato di uscire dalla crisi sistemica che attraversa il continente senza mettere in discussione le scelte politiche che sono alla base di questo declino. Questa tendenza non è una tendenza che ha radici solo nazionali ma è soprattutto promossa dall’Unione Europea. Coloro che ne pagheranno il prezzo più alto sono, come al solito, i territori più fragili e le classi popolari. Il governo conferma così di non rappresentare nessuna alternativa alle politiche che vengono implementate senza distinzioni da centro-destra e centro-sinistra negli ultimi 30 anni.
Opporci a questo modello spetta a noi!