Sapienza, lettera al rettore: abolire i test d’ingresso contro il calo delle immatricolazioni!
All’attenzione del rettore Eugenio Gaudio dell’Università di Roma “La Sapienza”
Sono stati, questi, mesi duri in cui migliaia di studenti si sono trovati a vivere un estremo disagio. Come sappiamo bene, questo è stato dovuto inizialmente a condizioni contingenti come la sola impossibilità di uscire di casa, piuttosto che la grande preoccupazione ed in alcuni casi i lutti che il virus ha portato con sé; sicuramente, l’Università nulla poteva per evitare lo sconvolgimento che ha travolto le nostre vite.
Tuttavia, con il passare del tempo, sempre più problemi sono emersi a complicare una situazione già di per sé drammatica.
Infatti, come la maggior parte di noi ha potuto constatare sulla propria pelle, il lockdown non ha significato solo solitudine e spaesamento: per molti ha significato la perdita del lavoro o la riduzione dello stipendio, per tantissimi la difficoltà a seguire le lezioni in una modalità (quella a distanza) che neanche ha i presupposti per essere definita “didattica”.
In queste circostanze, in migliaia ci siamo domandati in che modo le Istituzioni (soprattutto universitarie!) avrebbero potuto venire incontro alle difficoltà che stavano sommergendo noi e le nostre famiglie.
In un momento in cui queste difficoltà non possono che aumentare a causa della crisi che abbiamo alle spalle ma soprattutto di quella che si profila all’orizzonte, continuiamo a farci questa domanda.
Di fronte ai licenziamenti, e tenendo conto di tutte le altre spese da sostenere (come il pranzo da comprare o l’affitto da pagare), riteniamo l’Università avrebbe dovuto rispondere quantomeno con l’abolizione della terza rata di quest’anno e di quelle del prossimo.
Di fronte ai disagi nella gestione della didattica sia all’Università che alle Scuole Superiori alle prese quest’anno con una maturità più che mai stressante e ad un calo previsto del 20% nelle immatricolazioni per il prossimo anno, siamo convinti che il Rettore avrebbe dovuto comprendere che se operare una selezione all’ingresso dei corsi si è ampiamente rivelata una pratica deleteria, in condizioni emergenziali diventa un abuso ingiustificabile.
E nonostante sia sorprendente il fatto che in circostanze straordinarie l’unica mossa da parte Sua sia stato il posticipo di una rata e l’estensione di alcune agevolazioni, ci teniamo a ricordare che se abbiamo deciso di mobilitarci è perché il nostro diritto allo studio non viene rispettato neanche in circostanze ordinarie.
Sono infatti anni, ormai, che l’ingresso a molte facoltà è mediato da un test di ammissione. Alcuni sono imposti dallo Stato (come a Medicina e Chirurgia, Veterinaria, Architettura e altre facoltà), altri vengono stabiliti a discrezione dei vari atenei universitari (qui in Sapienza ricordiamo ad esempio Ingegneria e Mediazione Linguistica). Riteniamo che la selezione che questi test vanno ad operare sia insensata in sé, alimenti le disuguaglianze tra gli studenti e sia dannosa per tutta la società.
Innanzitutto, non capiamo come si possa giudicare la potenziale riuscita di un giovane negli studi e nel proprio lavoro prima ancora che gli sia data la possibilità di accedere a quegli studi.
In secondo luogo, siamo consapevoli che la retorica del “criterio del merito” che viene usata per giustificare i test crolla di fronte alla realtà: la scuola da cui veniamo, i soldi che abbiamo per permetterci i libri per i test, i corsi aggiuntivi, l’iscrizione a 4 test diversi o anche solo la serenità nel saltare un anno sono i veri fattori che determinano le nostre scelte e pesano sul nostro futuro. Una volta che questa narrazione è stata smontata, restano solo la competitività e l’apprendimento “per competenze” su cui il mercato ci vuole modellare.
In ultimo, questa emergenza a maggior ragione ha dimostrato quanto sia in generale miope la scelta di chiudere l’accesso agli studi per andare a risparmio in un campo. Oggi mancavano medici ed infermieri, domani la situazione sarà ancora peggiore se si continuerà ad ignorare il problema.
Siamo certo consapevoli che sono decenni che i vari governi tagliano linearmente i fondi per le Università e la ricerca, mentre i rimanenti vengono indirizzati quegli atenei che dopo l’introduzione dell’autonomia sono diventati quindi più esclusivi e ambiti (i cosiddetti atenei “di serie A”) a discapito degli altri, diventati “di serie B”. La logica che soggiace ai test d’ingresso è figlia proprio di questo progressivo impoverimento ed aumento delle disparità nel mondo dell’istruzione. Infatti nella legge del 2 Agosto 1999, a proposito dei nuovi criteri di ammissione all’università, si stabilisce che gli studenti devono adeguarsi alle sempre più ridotte possibilità degli atenei: non sarebbe logico il contrario?
È per questo che mentre avanzeremo delle richieste specifiche a Lei, la nostra mobilitazione manterrà un carattere di lotta nazionale per un completo stravolgimento del modo di intendere l’istruzione in questo Paese.
In particolare, è in Suo potere ed è assolutamente necessario:
- Abolire la terza rata di quest’anno e le tasse universitarie per il prossimo anno di corso;
- Abolire il numero chiuso per i Corsi di Laurea sottoposti alla Sua giurisdizione;
- Prendere posizione in quanto Direttore del più grande ateneo d’Europa (come non manca mai di ricordare) in merito alla necessità di abolire tutti i test d’ingresso.
L’esistenza di questi ostacoli rende l’Italia incapace di offrire a tutti gli studenti le stesse possibilità, e viene a galla con più forza ora che una crisi così violenta ci sta colpendo: attuare dei cambiamenti in questo momento di emergenza diventa quasi un obbligo.
Ribadiamo quindi che al livello nazionale:
- Sono necessari ingenti finanziamenti dello Stato equamente distribuiti tra tutte le università pubbliche, volti a garantire omogeneità tra i diversi poli universitari, e quindi pari opportunità di accesso a tutti gli studenti.
- È necessario che questi stanziamenti siano volti a garantire l’accesso libero a tutti i Corsi di Laurea, tramite:
- la messa a norma e l’ampliamento degli edifici universitari, compresi i laboratori, al fine di garantire posti fisici per tutti;
- l’investimento in un’istruzione Media Superiore per eliminare i divari iniziali tra gli studenti;
- il potenziamento dei settori pubblici, grazie a massicce assunzioni di personale che assorbano la grande produzione di lavoratori altamente qualificati che così si genererebbe.
L’università non può e non deve essere esclusiva ed elitaria. La Sapienza, tra tutti gli atenei, si faccia esempio di riguardo verso i suoi studenti ed inclusione sociale, rendendosi garante del fondamentale diritto allo studio.