ELEZIONI CNSU 2025: COGLIERE LA SFIDA PER UNA NUOVA RAPPRESENTANZA
Un confronto necessario sullo stato di salute della democrazia in università
Negli ultimi anni qualcosa è cambiato nelle nostre università. Le grandi sfide del presente e lo stato disastroso in cui versa il diritto allo studio e alla ricerca nel nostro Paese hanno riattivato in maniera più o meno cosciente la comunità accademica tutta, con un ruolo centrale delle mobilitazioni studentesche e nuove possibilità in termini di pratiche e di progettualità per chi crede ci sia l’urgenza di costruire una nuova università in una nuova società. Le ultime elezioni in Sapienza, dopo i risultati ottenuti con i passaggi precedenti anche a Milano, Torino, Bologna e Genova, stanno lì a dimostrare che è possibile e doveroso lavorare ad una nuova rappresentanza che sia non solo megafono delle lotte e delle esigenze della componente studentesca ma che sappia trasformare gli (ultimi) spazi democratici all’interno degli atenei e su scala nazionale in campi di battaglia per riconquistare diritti e liberare il mondo della conoscenza dal giogo del profitto, della guerra e dei privilegi. Per questo vogliamo cogliere la sfida candidandoci alle elezioni CNSU del 2025 e riteniamo necessario, nel prossimo periodo, un confronto tra tutte quelle liste e realtà, d’ateneo o nazionali, che si ritrovano nella necessità di una nuova rappresentanza universitaria.
Negli ultimi anni qualcosa è cambiato.
La crisi economica, finanziaria e la pandemia prima, la guerra in Ucraina, il genocidio in Palestina e l’escalation in Medioriente poi, hanno segnato il carattere regressivo di una fase storica in cui le uniche prospettive future immaginabili sono di scenari di guerra, precarietà e instabilità sociale, un imbarbarimento culturale generalizzato e la riemersione dei peggiori tratti reazionari, neofascisti, razzisti e sessisti.
Il sistema formativo, in quanto tassello fondamentale integrato nel modello produttivo, ne ha subito le peggiori conseguenze. Studiare oggi non costituisce più un percorso di emancipazione, ma di selezione dei pochi che “se lo meritano” e che si inseriranno nei settori di cui necessita maggiormente il mercato, tagliando invece fuori una fetta sempre più grande di giovani.
Ogni Governo, sia tecnico, di centro destra o di centro sinistra, che negli ultimi anni è stato alla guida di questo paese, ha seguito e costruito questo disegno politico nel solco delle “indicazioni” dell’Unione Europea.
Le più note riforme Ruberti e Gelmini hanno sdoganato i processi di competizione, aziendalizzazione e privatizzazione delle università e della ricerca accademica, fomentando il disegno dell’autonomia universitaria, del sistema di ripartizione delle risorse basato sulle valutazioni di “efficienza e produttività” dell’ANVUR e della cosiddetta “Terza Missione”. Di fatto, costruendo le fondamenta dell’attuale università che privilegia gli accordi di ricerca con le industrie militari e la produzione di brevetti hi-tech e tecnologie dual-use piuttosto che investire in maniera massiccia in termini di diritto allo studio per contrastare le conseguenze della crisi economica.
L’ingente immissione di fondi arrivati con il PNRR si è infatti mossa in questa direzione e gli ultimi tagli al FFO, la riforma del preruolo e la controriforma generale targata Bernini in arrivo sono proprio un affinamento di questo modello di università e ricerca.
Negli ultimi anni è cambiato anche qualcos’altro.
Le tende contro il caroaffitti hanno portato negli spazi degli atenei una nuova modalità di protesta per una vecchia problematica che da anni affligge il nostro paese. Il diritto all’abitare, sistematicamente attaccato negli anni con la liberalizzazione del mercato degli affitti e l’insufficienza delle Politiche pubbliche, è esploso sulla condizione dei migliaia di studenti fuorisede e pendolari, magari costretti ad emigrare in zone più ricche del paese.
Le mobilitazioni per la Palestina, contro la guerra e per il boicottaggio di Israele hanno dimostrato che vincere tramite le lotte è possibile grazie alle vittorie ottenute sia di rottura o congelamento degli accordi, sia di spinta alla partecipazione della comunità studentesca e all’alleanza con i ricercatori, i dottorandi e i docenti dell’accademia ottenendo anche spazi di apertura democratica con le assemblee aperte.
Ma non solo: ci sono anche le attuali mobilitazioni dei ricercatori e dei settori dell’accademia contro l’atavico problema della precarietà e della nuova riforma del preruolo (DL 1240/24) che precarizza ulteriormente il settore, e le tante vertenze che anche a livello locale si stanno sviluppando come la lotta contro i ricatti e le molestie e per un Centro Antiviolenza a Genova, contro la condizione degli studentati in cui si sfratta per i criteri inadeguati o per i grandi eventi come le Universiadi a Torino, contro i rincari delle mense e dei servizi come alla Sapienza, per gli idonei non beneficiari delle borse di studio, contro le aule sovraffollate e il carostudi, contro la riforma dei 60cfu e il fiorire di iniziative, dibattiti e momenti di socialità in ogni ateneo.
Tutto questo, si è scontrato con il muro di gomma delle Governance e del Ministero: con il silenzio assordante da un lato e con il restringimento degli spazi di democrazia dell’altro. Lo sdoganamento della presenza e dell’intervento delle forze dell’ordine in ogni ateneo, il diniego all’apertura di spazi di confronto democratici, la militarizzazione anche delle stesse discipline nella didattica e nella ricerca fino agli ultimi gravissimi episodi avvenuti durante le elezioni studentesche della Sapienza e poi rivisti anche durante le elezioni di Siena. Di fronte alle denunce di numerosi voti rubati e atti intimidatori portati avanti dalla lista neofascista Azione Universitaria, di fronte ai numerosi malfunzionamenti riscontrati in fase di raccolta firme e di voto, il silenzio della Rettrice e della Governance hanno ribadito un concetto chiave: la partecipazione studentesca va disincentivata, con qualsiasi mezzo necessario.
Da tempo critichiamo la rappresentanza in università per come ne viene fatto uso da tante liste e per come le stesse Governance mirano a renderle uno strumento vuoto e impotente relegando le elezioni ad un momento diretto ad una stretta cerchia di studenti, sconnesso dalla realtà della partecipazione alla vita politica negli atenei e uno strumento su cui evitare spese inutili come anche lo stesso voto telematico su Cineca indica.
Rappresentanza non deve essere carrierismo e perseguimento di fini personali, non deve essere uno strumento burocratico o di delega che mira alla gestione del presente, non deve essere la voce dei rettori o delle rettrici. La rappresentanza nasce per dare voce ed essere megafono, negli organi istituzionali, delle lotte e delle rivendicazioni che tutta la comunità studentesca e accademica pongono, deve essere uno strumento che invece di delegare a pochi eletti, miri ad allargare la partecipazione ai processi democratici dell’università. La risonanza generale delle elezioni in Sapienza e la battaglia che hanno simboleggiato, non solo contro i fascisti ma contro un intero sistema di rappresentanza modellato sulle storture di questo sistema universitario, dimostrano che la sfida accettata a Roma può e deve essere assunta anche a livello nazionale.
Per tutti questi motivi, crediamo che l’appuntamento del rinnovo delle rappresentanze studentesche nazionali del CNSU sia un momento da attenzionare in quanto un piano di scontro diretto con il Governo Meloni, di opposizione alle politiche di guerra, tagli e precarietà e con la feccia neofascista vuole riaffacciarsi nei nostri atenei. Un piano su cui misurare la necessità che si sta verificando nel presente di una nuova rappresentanza in grado di cogliere le mobilitazioni per un futuro migliore.