UN DICEMBRE DI ECO-RESISTENZE DALLA MONTAGNA ALLA CITTÀ
Il 7 e 8 dicembre, come Ecoresistenze abbiamo portato avanti nelle mobilitazioni la lotta contro un nemico comune che distrugge i nostri territori, dalla montagna alla città, dalla Val Susa Roma.Un nemico comune che abbiamo individuato nel meccanismo di messa a valore di ogni spazio disponibile, il capitalismo che distrugge l’ambiente con ecomostri e grandi opere e che accantona i bisogni della popolazione per favorire il profitto degli speculatori.È per questo che a Roma abbiamo manifestato in Campidoglio per ribellarci al modello di città Gualtieri. Il modello delle privatizzazioni, dell’esclusione e della svendita del verde. Si vuole costruire uno stadio al posto di un bosco e di fronte ad un ospedale, un inceneritore accanto ad una discarica e alle case, raddoppiare il prelievo di acqua da territori già in sofferenza invece di riparare le perdite esistenti.Allo stesso tempo a Torino siamo scesi in piazza con il movimento No TAV, uno dei maggiori esempi di grandi opere inutili e dannose dettate dagli interessi privati e di militarizzazione europea; un esempio però anche di resistenza strenua messa in campo dagli abitanti e da tanti solidali che in questi anni si sono uniti alla lotta da tutta Italia. Abbiamo individuato le radici di questa corsa alla valorizzazione dei territori innanzitutto nelle politiche patrocinate dall’Unione Europea che negli ultimi anni ha voluto eliminare il ruolo dello Stato nelle politiche pubbliche, relegandolo a promotore della libera impresa. È stato inventato il concetto di “governance economica” cioè che le società devono essere regolate, controllate e gestite da meccanismi di tipo privato e che il mercato è lo strumento migliore per utilizzare e mercificare tutte le risorse disponibili. Al livello pratico, questo si è tradotto nella liberalizzazione dei settori strategici e mutazione in società per azioni delle partecipate; oltre che nell’appalto dei servizi pubblici fondamentali (casa, salute, trasporti …) a privati. Tutte politiche che hanno condotto verso una sempre più evidente ineguaglianza, ed indebolito la capacità dei cittadini di poter dire la propria sulla trasformazione della società e dei territori.Abbiamo denunciato le conseguenze ambientali e sociali di queste scelte, in ultimo, parlando degli omicidi sul lavoro nel settore energetico, per cui siamo scesi in piazza durante lo sciopero del 13 dicembre. Un sistema per cui i costi di mantenimento e le misure di sicurezza sono investimenti a perdere produce incidenti per definizione: i disastri ecologici come i naufragi delle petroliere, gli “incidenti” sul lavoro o finanziari come i licenziamenti in fabbriche che delocalizzano o chiudono, sono parte del sistema. Questo perché, se il costo degli incidenti è inferiore ai profitti, allora si mette in conto un certo numero di incidenti, considerandoli fisiologici e quasi indispensabili per la produzione del massimo profitto. Una sorta di “economia dell’assicurazione” che gioca un ruolo importante perché tutto si decide solo in relazione al rischio stimato dal capitale, come nel caso del ponte Morandi.Altra conseguenza diretta di questo modello è la mercificazione delle risorse, che induce ad una corsa al loro accaparramento. Questo meccanismo esclude il dato della limitatezza, e l’importanza della loro funzione all’interno di un determinato ecosistema, in una logica efficientista che in realtà è miope e incapace di guardare al generale. Tutto ciò che può generare profitto viene svenduto, e ciò che rappresenta un ostacolo viene rimosso. Questo si vede a Torino nel quartiere Barriera di Milano, dove i vari parchi pubblici stanno venendo cementificati come nel caso del Meisino o del Parco della Confluenza. Ma anche a Roma, nel caso della cementificazione del Parco di Pietralata, del Pratone di Torre Spaccata o del Lago Bullicante. È quello che sta succedendo da più di vent’anni in Val Susa, dove portano avanti la distruzione di una valle, espropriando case e devastando il territorio per costruire un treno ad alta velocità che serve esclusivamente agli interessi della militarizzazione europea e ad ingrassare aziende come TELT.Proprio strumenti come quello dell’esproprio, che dovrebbero servire alla popolazione per riprendersi spazi di pubblica utilità, vengono spesso utilizzati dalle amministrazioni contro gli stessi abitanti, per donare terreni alla speculazione.Il peso dell’industria militare al livello nazionale e dei vari “prenditori” al livello locale ha fatto sì che anche i fondi del PNRR destinati a progetti “green” venissero dirottati su opere che nulla hanno di sostenibile. È il caso delle Scuole Besta, o dell’efficientamento energetico del distretto militare di Castro Pretorio a Roma.La transizione verde che ci propone l’Unione Europea è una scusa per riprendere il controllo di alcune filiere e rilanciare l’industria senza alcuna possibilità di cambiare questo sistema malato che porta alla distruzione ambientale. La facciata di greenwashing si è rivelata soprattutto a seguito dell’impegno occidentale in Ucraina, anche a causa delle contraddizioni esplose con l’aumento dei prezzi dei beni di prima necessità e dell’energia.Un greenwashing che anche le amministrazioni locali (soprattutto di centrosinistra) hanno provato a portare avanti a partire dai programmi elettorali: dalla cura del verde come cavallo di battaglia di Lo Russo a Torino, al “Piano Clima” sbandierato da Gualtieri a Roma. I fatti hanno brutalmente smentito i buoni propositi, ed è stata lasciata mano libera ad attori come Esselunga, ACEA o l’A.S. Roma, oltre a dimenticarsi di bonificare i disastri ecologici provocati da imprenditori come Cerroni a Roma o aziende come la Thyssen a Torino. L’unica risposta che i cittadini ottengono (quando riescono) è quella della compensazione, cioè un risarcimento in denaro per i danni ambientali e sanitari provocati in un’area o progetti per “mitigare l’impatto” di opere devastanti. È questo quanto proposto ad esempio ai cittadini di Rocca Cencia, a Roma, adiacente ad un impianto di Trattamento Meccanico-Biologico dei rifiuti che ha innalzato drasticamente la percentuale di malattie tumorali nell’area. È anche la logica dietro la proposta di “corridoio” per far migrare la farfalla protetta della Val Susa, risultata nell’estinzione della popolazione autoctona.Vediamo che non ci può essere alcuna compatibilità tra questo modello di sviluppo ed il benessere degli abitanti e dei territori, dalla metropoli alla provincia, dalla città alla montagna. Riconosciamo la matrice sistemica alla base delle lotte che portiamo avanti al livello locale e coordiniamoci al livello nazionale per rafforzarle e dargli voce.Costruiamo, animiamo, connettiamo le Eco-Resistenze!