Ucraina: anticomunismo e repressione. Alexander e Mikhail Kononovich liberi subito!
Si fa un gran parlare, anche in alcuni ambienti della sinistra, dell’attuale stato ucraino come soggetto aggredito. Se facciamo finta che il conflitto sia cominciato circa 15 giorni fa, questa affermazione può sembrare vera, tuttavia noi non ci allineiamo a menzogne di questo tipo. Il conflitto ucraino è cominciato con il colpo di stato filo-occidentale risalente a otto anni fa, che ha cambiato radicalmente la faccia dell’Ucraina come stato e anche il suo equilibrio interno come popolo multietnico e “di cerniera” fra mitteleuropa e Russia (e anche area turca, in parte).
Ebbene, dopo gli eventi del 2014, l’elenco delle atrocità di stampo schiettamente squadrista compiute dalle milizie naziste di Kiev, integrate nel suo esercito, sono innumerevoli, ma molte di esse hanno un solo denominatore comune: colpire tutto ciò che abbia assonanza con il socialismo, la storia del movimento dei lavoratori, nonché i lavoratori con la maggiore tradizione sindacale (ad esempio, i minatori del Donbass). Tali elementi sono artificiosamente confusi e considerati tentativi di influenza della nazione russa sull’Ucraina.
Non è un caso che lo stesso Putin, nel suo famoso discorso pre-invasione, si sia premurato appositamente di smentire questa versione sulla “genesi russa” del socialismo sottolineando che, al contrario, solo la presenza della Russia attuale garantisca la vera de-comunistizzazione rispetto a quanto resta dell’URSS.
L’ultima notizia dolorosa e grave è il rapimento dei fratelli Alexander e Mikhail Kononovich, due ucraini “dell’ovest” antifascisti e della gioventù comunista ucraina. Ora si teme siano sottoposti a torture uccisi.
Le dispute intorno alla simbologia sovietica e a tutto ciò che richiama l’organizzazione dei lavoratori risalgono, come detto, all’inizio degli scontri fra i golpisti e separatisti dell’est. L’episodio più importante (ma che a stento ha sfondato il mainstream in occidente) è la strage nella sede sindacale di Odessa del 2 maggio 2014, dove circa 50 persone vennero massacrate bruciate vive o assassinate a seguito di terribili torture (ad esempio, una donna incinta venne strangolata con i cavi telefonici).
Successivamente, prima dell’inizio della guerra vera e propria fra est e ovest del paese, la questione si spostò sul piano simbolico, in particolare sulle statue di Lenin e di Stalin: mentre i primi embrioni di milizie nel Donbass si formarono anche a protezione di tali statue e simboli sovietici simili, i golpisti ne abbatterono più di 5000.
Ciò non vuol dire teorizzare che nel Donbass i comunisti stessero per prendere il potere come avanguardia della classe organizzata, tuttavia il senso comune e le organizzazioni dei lavoratori aveva un ruolo complessivo nella società e nella lotta onestamente antifascista di quel popolo, che dura ancora ora.
Nell’ovest, invece, sotto il pugno di Kiev, il clima è ben diverso. Nel corso degli anni, membri di alto livello delle organizzazioni comuniste, fra cui il Segretario dell’ istituzionale Partito Comunista dell’Ucraina (da sempre vicino alle componenti politiche più marcatamente filo-Mosca), assieme ai compagni di altre organizzazioni come, ad esempio, Borotba (che nel 2014 si sobbarcarono un giro dell’Europa occidentali per chiarirci l’intera vicenda) sono stati aggrediti, detenuti, costretti a rifugiarsi all’estero o nel Donbass, talvolta uccisi.
Successivamente, è arrivata la messa al bando anche ufficiale per le organizzazioni comuniste. Da notare che quella legge formalmente equipara nazismo e comunismo, anticipando la risoluzione che ha approvato il Parlamento europeo nel 2019.
Tuttavia, la conseguenza di tale provvedimento è stata l’esclusione totale dei simboli comunisti dai documenti ufficiali dello stato, mentre i nazisti continuano ad imperversare in tutte le istituzioni, in primo luogo nell’esercito, fingendo, di non essere nazisti solo quando intervistati dai media occidentali. Da allora, i comunisti sono costretti ad agire in forma totalmente camuffata, quando possibile.
Ora, con l’invasione russa, ci ha raggiunto la notizia del sequestro dei fratelli Kononovich, che potrebbe precorrere ad un’altra fase di repressione acuti nei confronti dei comunisti e degli antifascisti ucraini.
A tutti questi compagni, in questo momento schiacciati fra la repressione governativa e le conseguenze pratiche della guerra, costretti a fuggire dalle bombe, dalle squadracce neonaziste e dall’arruolamento obbligatorio, esprimiamo il massimo della solidarietà e continuando a mobilitarci per impedire che questa guerra prosegua.