Dalla parte degli oppressi, contro il “Giorno del Ricordo”

Anche quest’anno, in occasione del “Giorno del Ricordo”, le istituzioni locali e nazionali si apprestano a celebrare «la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale». Con la legge n° 92 del 20 marzo 2004, termine di un percorso politico-ideologico che ha inizio con l’incontro a Trieste tra l’allora presidente della Camera ed esponente dei DS, Luciano Violante, e l’allora segretario di AN, Gianfranco Fini, sulla cosiddetta “memoria condivisa”, è stato istituzionalizzato un mito che per decenni è stato il cavallo di battaglia della destra neo-/post-fascista. In nome appunto della “memoria condivisa”, vengono messi sullo stesso piano criminali di guerra (negli ultimi anni addirittura insigniti di onorificenze) e popolazioni slovene e croate vittime dell’imperialismo italiano.
In nome di questo “paradigma vittimario”, per cui “tutti i morti sono uguali”, è stato acriticamente assunto l’impianto ideologico della storiografia neo-fascista, basata su incredibili falsificazioni. Gli “infoibati” sarebbero dunque “colpevoli solo di essere italiani” e gli italofoni della Dalmazia, dell’Istria e della Venezia-Giulia, “vittime della pulizia etnica” perpetrata dagli slavo-comunisti. Un discorso che rimuove decenni di italianizzazione forzata, iniziata dopo la fine della prima guerra mondiale sulle popolazioni non-italofone dei territori annessi, e infami crimini di guerra da parte dell’esercito italiano durante l’invasione della Jugoslavia, dei quali nessun responsabile ha mai reso conto. Se è vero che durante una guerra e negli anni immediatamente successivi non mancano i regolamenti di conti e le vendette personali, è ora di ammettere che la narrazione del Giorno del Ricordo è falsa. Coloro che furono infoibati, nella maggior parte dei casi, più che “colpevoli solo di essere italiani”, furono colpevoli di essere massacratori fascisti (va ricordato, inoltre, che l’equivalenza tra “fascista” e “italiano”, prima di divenire eventuale pregiudizio, fu slogan di punta del regime mussoliniano per vent’anni, soprattutto nel nord-est della penisola). Così come è falsa la narrazione degli esuli “per sfuggire alla pulizia etnica”. L’esodo degli italofoni di Istria e Dalmazia durò più di vent’anni e le cause furono piuttosto politico-sociali che etniche: anticomunismo, collusioni con il regime fascista, possesso di beni che sarebbero stati espropriati dal socialismo che si andava costituendo in Jugoslavia.
Questo paradigma “vittimario”, se un tempo era appannaggio della destra neo-/post-fascista, oramai è stato assunto in pieno dal il PD, in qualità di maggior propugnatore del “partito della nazione”, che ha completamente sdoganato, a più livelli, tutto il peggior nazionalismo immaginabile. E questo è spiegabile soprattutto alla luce del fatto che, dopo otto anni di crisi sistemica, c’è la necessità di sedare ideologicamente il conflitto sociale – che, come sappiamo, non segue le linee immaginarie dei confini nazionali, ma piuttosto quelle oggettive, tracciate dal sistema in cui viviamo che divide sfruttatori e sfruttati in ogni paese del mondo.
Come abbiamo avuto modo di dimostrare l’anno scorso, quando organizzammo un’iniziativa pubblica sulla questione delle foibe – che l’Università tentò di impedire, dopo un’iniziale concessione dello spazio –, e quando contestammo lo spettacolo stucchevole e sciovinista di Simone Cristicchi, Magazzino 18, all’Arena del Sole, noi rigettiamo il portato ideologico del Giorno del Ricordo, che anche quest’anno, a Bologna, trova promotori e sponde politiche nelle istituzioni cittadine. A nostro avviso, ogni celebrazione della “memoria condivisa”, non fa che reiterare falsificazioni, rimozioni e un uso pubblico della storia palesemente distorto. Non è accettabile alcuna “memoria condivisa”, se questo vuol dire dimenticare i crimini di guerra italiani contro le popolazioni slave, accusando falsamente di “pulizia etnica” chi l’ha subita per anni ad opera del nazifascismo. Tra oppressori e oppressi esiste sempre una faglia che non è colmabile da alcun richiamo alla coesione nazionale, né è possibile alcuna logica superpartes.

Per quello che ci riguarda, noi sappiamo da che parte stare.