Cronaca da Barcellona
Ieri 11 settembre, nel giorno della tradizionale ricorrenza della Diada, centinaia di migliaia di persone sono scese in piazza in tutti i Paesi Catalani per rivendicare l’indipendenza dallo Stato spagnolo.
L’11 settembre 1714 Barcellona veniva presa dalle truppe borboniche: da allora nonostante i lunghi periodi di illegalità la ricorrenza ha assunto un significato di opposizione più o meno radicale alla dominazione spagnola. Da qualche anno a questa parte, come é stato più volte documentato da Contropiano, si vive in Catalogna un risveglio indipendentista che ha esondato dalle forze tradizionali, coinvolgendo pezzi sempre più consistenti di popolazione, rafforzando enormemente le organizzazioni della Esquerra Independentista e obbligando anche altre forze politiche a prendere posizione in merito. Se nei suoi aspetti più blandi e tradizionali l’indipendentismo si limita a una rivendicazione di indipendenza decisionale ed economica da Madrid, é presente e crescente la coscienza che una indipendenza integrale e senza compromessi con l’esistente non sarà possibile se non mettendo al centro i bisogni e gli interessi delle classi popolari, anche contro quella borghesia catalana che ammicca ai movimenti indipendentisti nel momento in cui ha bisogno di strappare spazi di autonomia decisionale al governo centrale, ma è pronta ad abbassare i toni e a cercare compromessi quando si pongono in discussione le condizioni generali della popolazione, dai diritti sul lavoro, alle rivendicazioni di accesso agli studi e ai sussidi di disoccupazione, fino alle rivendicazioni femministe del movimento indipendentista, che garantiscano un equo protagonismo in campo sociale, politico e culturale.
Come in tutta l’Europa mediterranea la crisi economica che si è manifestata a partire dal 2008, anche in Catalogna ha colpito duramente, determinando tassi crescenti di disoccupazione, e accelerando i processi di precarizzazione del lavoro e di gentrificazione dei quartieri popolari per rilanciare la speculazione edilizia a favore delle multinazionali del turismo, decisioni prese in seno a una classe dirigente sottomessa ai dictact neoliberali e alle regole di ristrutturazione economica e sociale dell’Unione europea. Si é reso quindi fondamentale per la Sinistra indipendentista rimarcare la necessità di rottura non solo con lo Stato spagnolo, ma anche con una Ue che condanna i popoli del Mediterraneo al ruolo di vere e proprie colonie interne.
Questi passaggi sono stati ribaditi più volte durante la giornata di mobilitazione di ieri, iniziata la mattina con una commemorazione a Gustau Muñoz, giovane indipendentista ucciso dalle forze di polizia proprio l’11 settembre del 1978 all’età di soli 16 anni. Durante questa iniziativa c’é stato spazio per la testimonianza da parte delle lotte sociali e di genere, per canti e lettura di poesie, come per un saluto internazionalista che la campagna Noi Restiamo ha realizzato su invito dei compagni dell’organizzazione giovanile indipendentista Arran. Nell’intervento abbiamo cercato di evidenziare come non sia più sufficiente un internazionalismo identitario e valoriale fra le realtà di vari paesi, ma che sia necessario – se ci riconosciamo agenti all’interno dello stesso contesto politico generale – trovare le linee comuni del nostro leggere e agire il presente. Ci sono stati poi saluti da altre delegazioni internazionali, prima di ripartire in corteo, questa volta tenendo al centro la richiesta della liberazione per i prigionieri politici.
Nel pomeriggio poi si sono concentrate le principali mobilitazioni: da un lato le forze indipendentiste moderate, e in un percorso autonomo l’arco della sinistra indipendentista. Molte migliaia di persone hanno sfilato per le vie di Barcellona, concludendo con un comizio finale al mercado del Born. Qui si sono susseguiti interventi e testimonianze di rappresentati della CUP (Candidature d’Unità Popolare), la cui importanza all’interno delle istituzioni catalane non ha smesso di crescere negli ultimi anni; di Endavant, dei giovani di Arran e della SEPC (sindacato studentesco), come anche di vertenze legate al sindacato COS (Coordinadora Obrera Sindical) in cui si reclamavano i diritti dei lavoratori, a livello salariale quanto organizzativo: le libertà e le rappresentanze sindacali che come nel nostro paese sono sotto attacco da parte dei governi e della confindustria locale. Oltre agli interventi delle varie organizzazioni c’è stato anche spazio per innumerevoli testimonianze di lotte territoriali, ambientali, studentesche che riconoscono nel percorso della sinistra indipendentista una pluralità che é possibile incrociare e che mantiene salda una radicalità che non si trova nei partiti e nelle rappresentanze tradizionali.
In sintesi una giornata importante dal punto di vista politico, in un momento in cui il dibattito sulla legittimità o meno del processo di indipendenza si fa più forte, e la proposta di un nuovo referendum (dopo quello consultivo del 2014) questa volta vincolante, nonostante le titubanze di Junts Pel Si (partito moderato maggioritario indipendentista, che porti a un reale processo di indipendenza.