Bologna. Le istituzioni fanno le pentole ma non i coperchi
Durante l’anno scolastico appena conclusosi associazioni cattoliche integraliste in difesa della famiglia, appoggiate anche da organi della Curia, giornali di destra e movimenti fascisti come Forza Nuova hanno portato avanti una campagna di intimidazione contro l’apertura degli spazi pubblici scolastici ad attività culturali riguardanti l’educazione all’affettività e alla sessualità, colpendo sistematicamente le maestre delle scuole elementari di San Pietro in Casale.
Né il preside prima, né l’Ufficio Scolastico Regionale poi, nella persona del Dott. Schiavone, hanno ritenuto opportuno dichiarare pubblicamente un netto rifiuto del tentativo di ingerenza e di condizionamento delle attività delle scuole.
Non stupisce che le istituzioni locali se ne lavino le mani, legittimando e rendendosi complici, in questo modo, dell’agibilità lasciata a soggetti che vogliono la divisione a scapito della solidarietà sociale.
La stessa agibilità alimentata dalle politiche con cui governo nazionale, amministrazioni locali e il Partito Democratico che siede in essi stanno indirizzando le conseguenze della lunga crisi con scelte tese a dividere il corpo sociale in favore del mantenimento e rafforzamento dei privilegi nelle mani di pochi. In questo contesto, in assenza di una forza sociale capace di muovere la rabbia sociale dal basso verso l’alto, fascisti vecchi e nuovi hanno gioco facile a cavalcare il bisogno di unità comunitaria indirizzandolo nelle forme della difesa identitaria, contro gli ultimi, i discriminati, i poveri e i migranti, confermandosi nel ruolo di tutori dell’ordine voluto da quelle classi dirigenti che dicono di voler combattere.
Siamo governati dal pilota automatico che attraverso tagli alla spesa pubblica fomenta una guerra tra poveri che vede come protagonisti italiani contro migranti, e che alimenta i tentati progrom contro lo straniero che sempre più si sono accesi nelle periferie metropolitane e non solo.
È il governo che con il Jobs Act e la precarizzazione del mondo del lavoro mette lavoratori e lavoratrici gli uni contro gli altri, come è successo per esempio lunedì a Mantova, quando alcuni dipendenti di una cooperativa della Camposad insieme a dirigenti e capi-reparto si sono schierati contro i colleghi in sciopero per le inaccettabili proposte avanzate dalla cooperativa.
La stessa logica con cui è stata introdotta l’Alternanza scuola-lavoro, ponendo la formazione degli studenti al diretto servizio delle imprese e alimentando disoccupazione e competizione al ribasso.
È lo stesso governo della ministra Lorenzin che, in un paese in cui è già altissimo il tasso di obiettori di coscienza, con un piano nazionale per la fertilità in odore di ventennio come il Fertility Day tenta di arginare il preoccupante calo demografico e l’incessante invecchiamento della popolazione, senza considerare il ruolo giocato in questo contesto dalla disoccupazione e dalla massiccia emigrazione giovanile che spinge giovani senza futuro a scappare.
È lo stesso governo che ha varato i decreti Minniti e che vede nella preventiva repressione del dissenso e della marginalità sociale l’unica soluzione per far fronte alla crisi di egemonia di un corpo politico bocciato dal voto referendario di dicembre, dall’esito delle ultime due tornate del voto amministrativo e dal forte astensionismo. Del decreto per la tutela del decoro urbano abbiamo visto una primissima applicazione proprio nella nostra regione, in provincia di Modena, a Sassuolo, dove la Polizia Municipale è intervenuta comminando il daspo urbano contro tre persone la cui unica colpa era, a detta del comune, di “bivaccare” nella stazione dei treni, in un’Italia in cui anche le ordinanze antimovida vengono difese col manganello.
In questo clima di tensione sociale non è accettabile la mancata presa di posizione da parte delle istituzioni contro chi cavalca l’odio, permettendo la sedimentazione di una cultura reazionaria e fascista, in cui l’attacco alle insegnanti di San Pietro in Casale si inserisce perfettamente.
La scuola, già martoriata dai tagli e dall’ultima riforma renziana, non può rinunciare quindi al suo ruolo pubblico di baluardo per l’integrazione sociale, contro il tentativo da parte di fascisti e cattolici integralisti di limitare la libertà d’insegnamento e il suo carattere laico, aperto, plurale, di educazione alle differenze.
Noi crediamo che l’esempio da seguire sia quello di esperienze come quella dell’8 marzo dello sciopero globale delle donne, in cui l’unione di rivendicazioni di genere e sociali ha saputo dimostrare una forza enorme, che ha fatto barcollare sia chi le considera in una maniera solamente commemorativa, sia chi si fa promotore di un pinkwashing di facciata che nella sostanza non va ad intaccare la realtà dei rapporti sociali esistenti.
Appuntamento giovedi 29 giugno, ore 18.30, piazza Nettuno.