Riflessioni a margine della Marcia per l’uguaglianza sociale a Bologna

In Emilia Romagna da settimane si vive un clima politico asfittico, dove la storytelling dominante dipinge una lotta all’ultimo sangue tra la Lega e il Pd, con l’appoggia di tutto l’arcipelago della sinistra, che gioca il tutto per tutto sulla paura del ritorno del fascismo.

L’intero establishment politico, economico e mediatico ha da tempo stretto nella morsa del ‘sistema bipolare’ le esigenze di una regione sicuramente non ultima in termini di povertà, ma che vive tutto il malessere sociale che scaturisce dalle privatizzazioni, dalla devastazione ambientale e sociale, dai processi di messa a valore di alcune aree o città ‘vetrina’ a discapito delle province e della periferia diffusa: ovvero quel sistema di potere che il Pd ha cristallizzato ma che vede concorde anche la Lega. Due facce della rappresentanza politica degli stessi interessi di classe.

Nella censura totale dei media, segno di debolezza di un potere che sa di non essere al sicuro, cresce e si organizza però una forza politica indipendente e conflittuale, un’alternativa reale che può rompere l’asfissia del presente ponendo al centro gli interessi della nostra generazione e delle classi popolari. Potere al Popolo è sicuramente ancora una modesta realtà ma si è posto sin da subito l’obbiettivo di rompere con le liturgie classiche di un mondo di sinistra ‘alternativa’, elettoralista e normalizzatrice delle conflittualità esistenti, per porsi invece l’ambizioso obbiettivo di essere la voce dei senza voce, in un mondo dove questi, vittime di tradimenti e abbandonati a se stessi da una classe politica e sindacale compatibilista e voltafaccia, sono spesso i primi a non sperare più in un cambiamento radicale.

La marcia di ieri ha visto oltre mille persone scendere in piazza dimostrando che sul campo di battaglia su cui oggi il nostro avversario di classe è più in difficoltà, l’egemonia culturale, è possibile non solo riconquistare terreno ma anche costruire organizzazione rimettendo al centro la conflittualità e la rottura contro la miseria dell’esistente, ciò di cui anche noi giovani cresciuti all’interno della crisi abbiamo bisogno per riaffermare i nostri interessi di sfruttati e costruire gli strumenti di lotta che ci permettano di restare: la rottura con le politiche antipopolari di massacro sociale, la lotta per un lavoro dignitoso, il rifiuto delle guerre imperialiste, la lotta contro le grandi opere inutile e l’amnistia per i reati sociali, la battaglia per la giustizia ambientale e la lotta per una formazione libera dai privati e contro le privatizzazioni.

Oggi come ieri siamo e saremo in marcia perché abbiamo deciso che non lasceremo il mondo come l’abbiamo trovato. Dall’università, ai quartieri, ai posti di lavoro la lotta è una sola!