EMERGENZA AFFITTI: Storia di un disastro annunciato

EMERGENZA AFFITTI: STORIA DI UN DISASTRO ANNUNCIATO
Liberalizzazione dei canoni e disinvestimento in edilizia pubblica, tra complicità dei falsi difensori degli inquilini e una politica che lascia decidere al mercato

L’emergenza sanitaria e la quarantena obbligata a cui siamo soggetti hanno fatto emergere tante problematiche cristallizzate nella nostra società, tra cui anche la questione della sproporzione tra il prezzo degli affitti e i livelli di reddito, soprattutto tra le fasce giovanili costrette spesso a cambiare città e regione per questioni di studio o di lavoro.

Siamo la ‘Generazione in affitto’, emigrati costretti ad allontanarci dai nostri paesi in cerca di un miglioramento economico e sociale, ci scontriamo ogni giorno con i costi altissimi per il canone dell’affitto e delle utenze, evidenziati da tutte le statistiche come voce di spesa maggiore che grava su entrate esigue provenienti da lavoretti occasionali, contratti precari o stage non retribuiti.

È la storia di un disastro già annunciato, causato da scelte e vuoti politici precisi, difesi dalle associazioni di inquilini che hanno firmato a livello nazionale e locale convenzioni e accordi al ribasso che hanno permesso di speculare con prezzi medi ben più alti di quelli dovuti.

Per questo, nell’affrontare la fase dell’emergenza, occorre fare chiarezza su alcuni aspetti strutturali che ci hanno portato nell’attuale, evidente, catastrofe sociale:

Riforma degli affitti (l.431/98) ha liberalizzato i canoni, ma anche gli affitti stabiliti con il canale concordato. Questi ultimi, previsti dalla legge per avere una funzione di calmierazione, grazie agli accordi territoriali ingannevoli sottoscritti dai sindacati concertativi, hanno ormai raggiunto o superato quelli di mercato. In più la legge prevede anche di regalare  incentivi fiscali per i proprietari e falsi bonus casa per gli inquilini a basso reddito creando un mix micidiale i cui risultati sono evidenti a tutti: affitti troppo alti (aiutati a rimanere alti con il contributo dato ai proprietari), diffusione dei contratti in nero, crescita esponenziale dello sfitto, centinaia di migliaia di sfratti negli ultimi anni per morosità incolpevole e gentrificazione dei quartieri storici e di quelli limitrofi alle Università. È la sconfitta di un’ipotesi politica che si reggeva sulla convinzione di poter regolare il libero mercato, sperando che esso diventasse automaticamente sostenibile e trasparente e lasciando ad esso la gestione della questione abitativa

–  Disinvestimento progressivo sull’edilizia residenziale pubblica, comprese le residenze universitarie. Ad oggi il nostro Paese ha un patrimonio di edilizia popolare inferiore al 4% del totale degli immobili, rispetto ad una media europea del 20%, con punte del 50% nei paesi del nord Europa. In particolare, in Italia i posti negli alloggi per il diritto allo studio o nei collegi universitari sono circa 48.000, dando disponibilità di accedervi solo al 3% della popolazione studentesca, contro la media europea del 18%.

Tasso record di crescita dei prezzi degli affitti nelle città metropolitane, che ha prodotto una vera e propria espulsione delle fasce meno abbienti da interi quartieri delle città. Al loro posto sono spesso subentrati studenti e giovani fuorisede costretti a vivere in case sovraffollate con canoni di affitto altissimi anche per un solo posto letto. I dati delle due principali città sono esemplari: Milano, media di 1.234€ mensili per un appartamento arredato. Roma, media di 884€ mensili.

A partire da questa emergenza ci siamo organizzati per imporre il blocco del pagamento di affitti e utenze, ma il ‘prima’ non deve più tornare.

Rete nazionale Noi Restiamo
Sindacato inquilini ASIA USB