IN RICORDO DEL COMPAGNO SEPULVEDA

L’iniziativa di mercoledì 22 aprile in ricordo di Luis Sepulveda, ha rappresentato un momento di confronto ricco e partecipato nel panorama asfissiante che la pandemia da più di un mese ci consegna.

Circa centocinquanta persone in diretta hanno scelto di ricordare lo scrittore cileno che pochi giorni fa ci ha lasciato, piuttosto che affidarsi all’offerta culturale che in questo momento dilaga in tv o sui social, poche ore dopo le visualizzazioni sono state superiori a quattromila.

C’è necessità di rompere il vetro dell’informazione a una dimensione e di riappropriarsi degli strumenti che ci permettano di leggere, capire e in prospettiva trasformare la realtà che stiamo vivendo, ma anche di saper comunicare queste esigenze. In questa occasione lo strumento più adatto ci è sembrato essere una semplice favola, tra i relatori che si sono susseguiti Germano Bonaveri ha impreziosito la serata con alcuni intermezzi in cui, con passione, ha letto delle poesie di Sepulveda e di Alexandros Panagulis.

Come ha sottolineato Lorenzo Giustolisi, Sepulveda aveva la capacità di sintonizzarsi con il sentire della gente, creando un immaginario riconoscibile, sia attraverso una  biografia così intensamente vissuta, sia confrontandosi  con i generi e con le forme diverse della letteratura. Due aspetti che nell’opera di Sepulveda si combinano senza sovrapporsi e in “Storia di una lumaca che scopre l’importanza della lentezza” il messaggio e la scrittura, secondo Lorenzo, risultano bilanciati nell’esatta misura.

La polisemia e l’ironia, che permette a Sepulveda di parlare dietro ai tanti volti dei personaggi della sua storia, hanno sicuramente contribuito a renderlo conosciuto al grande pubblico, al punto che oggi è sottoposto anche a letture compatibiliste. Per strapparlo a questa narrazione abbiamo voluto ricordare il compagno Sepulveda e non semplicemente l’artista.

Ma a scorrere, come un fiume carsico nella sua produzione, è soprattutto uno sguardo storico che abbraccia tutta la realtà delle lotte dell’America latina. Lotte che, come ci ha ricordato il professor Fernando Martinez, benché tagliate in fiore, da colpi di stato e blocchi economici, non sono morte ma hanno resistito e tornano a chiedere il conto alla Storia. Il prof. Martinez ripercorre la vita di Luis in rapporto alla sua opera, fatta di una letteratura moderna concepita come la proiezione del proprio immaginario. È stato interessante notare come Sepulveda abbia cercato di unire due aspetti contrapposti, quello della favola e quello della trattatistica, proprio a significare questa intenzione di tenere insieme la realtà della Storia con l’immaginario della favola.

Luciano Vasapollo ha aperto il suo intervento sottolineando come il compagno Sepulveda abbia saputo svolgere il compito che la Storia gli ha dato all’interno del percorso concreto della lotta di classe. Secondo Vasapollo, Luis ha saputo svolgere il proprio ruolo da rivoluzionario sia nelle vesti di guerrigliero che di intellettuale organico. Un passaggio riteniamo fondamentale dell’appassionato  intervento di Luciano, quello in cui ha descritto la favola della lumaca come il “Che fare?” dei tempi moderni. Ovvero una linea guida che ci permette di rispondere alla barbarie della società, una favola all’interno della quale è contenuto il concetto di democrazia partecipativa: Ribelle che decide di andare via dal Paese del dente di leone con una minoranza, una minoranza partecipativa. La lumaca rappresenta l’avanguardia capace di spingere sulla soggettività perché avvenga quel distacco che ritiene necessario, un chiaro riferimento alla teoria del delinking di Samir Amin.

Inoltre, il tema dei maestri della favola s’intreccia con il ruolo dei comunisti nella società, un ruolo funzionale ad indicare la direzione migliore e che non da soluzioni pronte per l’uso. Nella favola proposta, quando Ribelle chiede alla tartaruga Memoria “dove stai andando?” lei, il divenire storico, risponde che è la domanda sbagliata, che è più corretto chiederle da dove venisse, cioè dall’oblio degli esseri umani. La storia quindi non è determinata a prescindere, ma è un processo, un divenire nel quale si muovono i soggetti che possono cambiarne il corso se sanno sincronizzarsi con essa. È in ciò che si pone il “Che fare?” qui ed ora.

È pertanto necessario immaginarsi fin da subito come possiamo rispondere alla barbarie di quel sistema su cui si è innestata la pandemia del Covid. Su quali linee di faglia ci troviamo e come possiamo muoverci?

Due elementi saltano all’occhio in questi giorni. Il virus è figlio di uno stravolgimento degli equilibri tra uomo e ambiente, che si è amplificato con gli anni e con lo sviluppo delle forze produttive. Come ha giustamente sottolineato Luciano “Il Covid è la natura che si ribella alla sottomissione alla logica del capitale.” Da qui l’esigenza di ricondurre il conflitto capitale e natura in quello capitale e lavoro perché la lotta ambientale, come ci insegnano i paesi del Sud America, non può che essere a anche lotta anticapitalista e antimperialista. Luciano ha tenuto molto a sottolineare la grande importanza di portare avanti la lotta ambientale all’interno della dimensione del conflitto di classe, la compatibilità sociale e ambientale è l’obiettivo primario da porsi nella costruzione di un’economia che risponda ai bisogni della popolazione e non ai profitti.

La sfida è quindi quella di giocarsi una partita per capire come costruire un’organizzazione all’altezza dei tempi, un’operazione che senza dubbio necessità di tempi ma è importante cominciare fin d’ora a elaborare perché i “maestri” possono dare il metodo, ma siamo noi che dobbiamo individuare il senso del momento storico.

Per dirla con la favola di Sepùlveda: possiamo prendere coscienza di chi siamo grazie alla Memoria storica e farci aiutare dalla saggezza del Gufo, ma per trovare il nuovo paese del dente di leone non possiamo fermarci sull’asfalto caldo della strada. Ci tocca partire e non tornare indietro. È nostro compito agire da protagonisti, così come ha più volte sottolineato Vasapollo facendo anche riferimento a come Noi Restiamo si sia relazionato con le lotte nel mondo giovanile. .

Dopo gli interventi dei relatori si è aperta oltre un’ora di dibattito, con interventi e domande molte ricche di sollecitazioni sulle questioni teoriche e sull’agire politico delle nuove generazione in continuità con l’insegnamento di Luis. Infine l’iniziativa si è conclusa con il pensiero rivolto al Cile di Sepulveda che qualche mese fa riempiva le piazze chiedendo una rottura radicale con le politiche neoliberiste che dagli anni settanta hanno aumentato le disuguaglianze all’interno del paese.   

Noi Restiamo