PER UN EMBARGO MILITARE CONTRO ISRAELE

La trascrizione del nostro intervento in occasione dell’iniziativa “VUOI LA PACE? PREPARA LA PACE” promossa da BDS Italia nell’ambito della Settimana contro l’apartheid 2021 (#IsraeliApartheidWeek).

La legittimazione e il sostegno da parte degli alleati occidentali a Israele va inquadrato in una fase di grande instabilità e complessità sul piano internazionale.

Israele rappresenta una roccaforte dell’imperialismo occidentale in Medio Oriente: per questo, in una fase di forte tensione inter-imperialistica, in cui la Cina contende direttamente l’egemonia ai paesi dell’Alleanza atlantica, Israele assume nuova importanza strategica, sia per gli Stati Uniti che per i paesi dell’Unione Europea.

La crisi pandemica mondiale ha colpito un sistema già da lungo tempo in crisi, in cui gli spazi di valorizzazione andavano calando, la competizione si intensificava, e i margini di redistribuzione, riducendosi, spingevano la classe dirigente occidentale a intensificare la lotta di classe dall’alto ai danni delle classi subalterne e dei popoli sfruttati.

In questo contesto, la pandemia ha accelerato l’esplosione di tutte le contraddizioni di un sistema di produzione che subordina l’interesse collettivo al profitto. Proprio le tradizionali potenze imperialistiche sono quelle più duramente colpite dalla pandemia, che ha messo in discussione a livello globale la credibilità del loro modello e la tenuta della loro egemonia.

È questa crisi egemonica profonda che costringe gli Stati Uniti ad intensificare le pratiche di ingerenza imperialistica nei nodi cruciali della competizione, dove deve tutelare ad ogni costo i propri interessi strategici. In questo senso si spiegano le dichiarazioni di Biden e Harris sulla necessità di rafforzare la cooperazione tra i membri della NATO e di sostenere con accordi economici e militari Israele, la stessa nomina della vice-presidente Harris e del segretario di stato Blinken, e la loro netta opposizione al procedimento avviato dalla Corte Penale Internazionale per i crimini commessi da Israele contro i palestinesi.

Israele resta dunque la testa di ponte occidentale in Medio-Oriente, argine contro coalizioni di paesi arabi in chiave anti-imperialistica e braccio armato di europei e americani negli affari mediorientali.

Il modello di sviluppo capitalistico-liberista è certamente in crisi nell’UE tanto quanto negli USA, anche se le contraddizioni in Europa non sono ancora esplose con la stessa violenza: nella gestione di produzione e somministrazione dei vaccini è emersa chiarissima nel vecchio continente, infatti, la contraddittorietà di un sistema che mette il profitto davanti alla salute, e che fa pagare questa scelta, da moltissimi punti di vista, all’intera collettività e in maggior misura alle fasce più deboli della popolazione.

Di fronte all’emergenza l’UE si è trovata piegata alla volontà di profitto delle grandi case farmaceutiche, si è vista tagliata, una dopo l’altra, le forniture di vaccini concordate con le compagnie private, a causa di accordi più vantaggiosi che queste hanno stretto con Stati Uniti e appunto Israele, eppure non ha potuto che esprimersi in modo contrario alla liberalizzazione dei brevetti, mostrando l’impossibilità di risolvere le contraddizioni all’interno del sistema che le ha prodotte.

Ciò non ha comunque impedito allo stato ebraico di autocelebrarsi e all’occidente di indicarlo come modello per la campagna vaccinale che sta portando avanti, tacendo sulla scelta politica in stile apartheid di somministrare il vaccino nelle zone occupate ai soli coloni ebrei.

Ancora una volta vediamo un esempio di come la crisi pandemica sia usata dai paesi imperialisti e dalle classi dominanti come strumento di ulteriore oppressione ai danni dei popoli e delle classi subalterne.

Il processo di accentramento e ristrutturazione capitalistica che la classe dominante europea sta mettendo in atto si inserisce nello stesso solco: strumenti quali il recovery fund, ad esempio, sono funzionali a una ulteriore liberalizzazione e privatizzazione delle economie dei paesi riceventi, e proseguiranno l’opera di accentramento di capitali e cervelli nei nuclei strategici del progetto europeo, con l’effetto di flessibilizzare, precarizzare e vulnerabilizzare ulteriormente sia i paesi della periferia, che le classi lavoratrici.

Si tratta di un attacco dall’alto, che noi, come giovani precari del sud Europa, privati di ogni prospettiva, paghiamo da anni, costretti a emigrare, da sud a nord, dal nord verso l’Europa, alla ricerca di condizioni salariali accettabili. È un attacco che ogni giorno si fa più pesante sulle nostre spalle, le spalle di una generazione a tutti gli effetti tradita.

Le stesse dinamiche centro-periferia l’Unione Europea le alimenta anche sul piano internazionale, rispetto ai confini larghi che si è data, in particolare in Medio-Oriente e Nord-Africa, dove le ingerenze politiche, ad opera sia delle ex-potenze coloniali sia a livello coordinato europeo, come ci ha mostrato ad esempio la gestione dei flussi migratori, sono sempre intensissime: ce ne danno una prova le proteste dei giovani tunisini e le mobilitazioni in Algeria degli ultimi mesi.

Israele in questo contesto, di fronte all’accresciuta necessità di dare una dimostrazione di forza, resta alleato fondamentale per tutelare gli interessi del sistema Europa, in uno dei suoi due confini caldi.

Noi a questo sistema di sfruttamento e oppressione, e a una classe intellettuale che lo ha servito per decenni, che si è resa complice della devastazione sociale qui come dei crimini Israeliani in Palestina, ci vogliamo opporre.

Lo stato di Israele e i suoi alleati sono l’espressione di un sistema che si alimenta di violenza e che, pur di tutelare gli interessi di pochissimi, devasta terre e popoli; un’alternativa a questo sistema rappresenta l’unica possibilità per noi, per il popolo palestinese, per i sempre più oppressi, e questa alternativa va costruita assieme, lottando, sostenendoci, organizzandoci, passo dopo passo.