GREEN PASS: UNA CLASSE DIRIGENTE CON L’ACQUA ALLA GOLA

Il capitalismo non ha la capacità, né la moralità, né l’etica, né la volontà di risolvere i problemi della società.

Fidel Castro

In Italia dopo 128.000 morti e più di 4 milioni di casi, dopo che il metodo del tracciamento non è durato neanche un mese per colpa di un sistema sanitario sottofinanziato e non all’altezza, dopo aver regalato soldi alle multinazionali per sviluppare vaccini con brevetti privati, dopo aver usato una comunicazione di giornali e telegiornali che hanno preferito inseguire la notizia “clickbait” che informare correttamente i cittadini, ora l’unica risposta che questa classe dirigente fallimentare riesce a pensare è quella del Green pass. La necessità di imporre uno strumento come il pass sanitario non risponde alle necessità di tutelare e garantire la salute della popolazione, ma a quella di assicurarsi che non ci sia un ulteriore blocco della produzione e dei consumi. Gli interessi della borghesia italiana ed europea di far ripartire i profitti, infatti, non possono più essere messi a rischio dall’eventualità di un’altra ondata di Covid-19 e il governo Draghi lo sa bene. Per questo motivo, qualche giorno fa il Consiglio dei Ministri ha esteso il Green pass imponendolo a tutti i cittadini di età superiore ai 12 anni per poter accedere ad alcuni servizi ed attività.
Se le contestazioni contro il Green pass non possono essere condivisibili quando scadono nel complottismo o nella mancanza di buon senso, comunque non possiamo accettare questa decisione tacciando ogni pensiero critico come anti-scientifico o folle.

La prima questione da affrontare è proprio come è stato possibile che alcuni paesi, in particolare la Cina ma anche il Vietnam, siano riusciti a contenere il numero dei casi: in Cina infatti, la produzione dei vaccini per quanto sia stata messa subito all’ordine del giorno, non è stata immediatamente orientata alla popolazione ma al soddisfacimento della domanda mondiale, in particolare dei paesi in via di sviluppo (progetto Covax), coprendo le necessità interne al paese attraverso l’utilizzo complementare del vaccino Sinovac e di pronte ed immediate misure di controllo e tracciamento dei contagi. In questi paesi, infatti, la tutela della salute è stata posta al primo posto e la conoscenza della diffusione di altri Coronavirus o di epidemie come l’aviaria ha permesso di avere dei protocolli precisi da seguire. In Italia, il “piano di preparazione e risposta a una pandemia influenzale” era fermo al 2006, ben 15 anni fa. Inoltre, è risultato del tutto inadeguato un Servizio Sanitario regionalizzato, aziendalizzato o privatizzato. Ma soprattutto è stato posto fin da subito al centro la necessità delle imprese e del profitto, in barba a qualsiasi altra necessità o diritto, portando alla caduta di un governo, dagli equilibri politici già instabili, per sostituirlo con uno che portasse avanti senza se e senza ma gli interessi delle aziende, dell’Unione Europea e della Nato. Questo governo può così permettersi di prendere qualsiasi decisione senza dover risponderne né alla popolazione né ai partiti che lo appoggiano.

A questo si aggiunge come la scoperta, la distribuzione e i brevetti dei vaccini non come uno strumento volto al superamento della pandemia, ma come strumento a favore del profitto e della competizione interimperialista e, come abbiamo già denunciato, la stessa approvazione o sospensione di un vaccino risponde a questa logica. La diffusione e la gestione della pandemia di Covid-19 stanno infatti facendo esplodere le contraddizioni di un sistema in crisi da decenni e incapace di tutelare anche le più basiche necessità dell’umanità. Allo stesso tempo, Cuba socialista ci mostra invece come un altro mondo sia possibile: un paese sotto attacco di un embargo pluridecennale è riuscito a sviluppare più vaccini pubblici, efficaci e a basso prezzo.

Infine, non possono essere negate le giuste preoccupazioni di chi, per quanto in forme non sempre lineari e corrette, esprime delle esigenze oggettive della nostra società: la necessità di un controllo popolare sulla produzione scientifica dietro i vaccini, sulla loro gestione e distribuzione. Come dimenticarsi, infatti, tutti i contratti stipulati fra i governi europei e le multinazionali farmaceutiche che sono stati completamente censurati e resi indisponibili all’opinione pubblico. Un problema di democrazia ed accesso alla scienza, causato dal fatto che l’attuale classe politica (italiana ed europea) si ritrovi costretta a nascondere e centralizzare i processi decisionali al fine di garantire la realizzazione dei profitti e la conservazione degli equilibri politici nel vecchio continente.

Tutte queste tendenze, fra una richiesta di condivisione della conoscenza scientifica e la sua privatizzazione portata avanti a livello sistemico tramite l’utilizzo dei brevetti, mettono la questione sul greenpass sotto una luce diversa: la scelta di inserire il green pass come forma politica di gestione dell’emergenza che di nuovo sta sfuggendo di mano indica la profonda crisi vissuta dalla classe dirigente europea ed italiana, all’interno di un mondo in cui la cerniera fra questa stessa classe e il resto della società si è completamente rotta. È questo il sintomo della profonda crisi di egemonia vissuta dalla borghesia oggi, che ha costruito un mondo a sua immagine – e con le sue profonde contraddizioni – ed oggi non è più in grado di gestirlo. Oltre ad un risvolto dominante della classe al potere oggi, questo ci dice come gli strumenti, la concezione del mondo e le strutture che questa borghesia si è data debbano oggi essere completamente superati.

L’abbiamo visto con i tentativi che ancora vengono portati avanti di scaricare le colpe sugli individui, e che nella prima ondata di covid hanno causato la strage nelle fabbriche e sui posti di lavoro. L’abbiamo visto con la spregiudicatezza con cui hanno rotto dogmi che fino a prima erano intoccabili (uno fra tutti il pareggio di bilancio) per scaricare il peso della crisi dell’accumulazione dei profitti sulla collettività attraverso la potente leva dei soldi pubblici (la ricerca sui brevetti che si ricordava poco sopra). Lo vediamo oggi quando i vaccini sono completamenti bloccati a causa proprio dell’istituto dei brevetti e risultano ancora una volta scarsi (in un anno si sarebbero potuti vedere 8 miliardi di vaccini senza i brevetti), alle porte di una nuova ondata che rischia di dare il colpo di grazia alla stabilità del nostro attuale sistema sociale.

Una crisi di egemonia che ha origini strutturali: un sistema che respira sul breve periodo volto solo alla realizzazione del profitto, incapace di prendere in considerazione i danni, le difficoltà e la distruzione che semina non può fare altro che portare alla rovina. Un tratto che vediamo anche nella crisi climatica che stiamo vivendo: mentre il mondo va letteralmente in fiamme, mentre siamo già oltre i limiti del punto di non ritorno, mentre l’IPCC (organismo comunque non neutrale) ci lancia da anni continui allarmi, la classe dirigente non sa rispondere. Abbiamo però esempi che vanno in direzione opposta: lo straordinario risultato di Cuba, per quello che riguarda i 3 vaccini sviluppati e l’esportazione di medici in tutto il mondo, è proprio il risultato di una pianificazione socialista di lungo periodo, orientata alle necessità della società più che ad equilibri particolari di chi non può vedere oltre il suo naso.

Tutti questi elementi presi nel suo insieme ci portano a non poter che indicare come il problema enorme di questo Paese non siano i no-vax, così come vengono rappresentati, ma un governo ed una classe dirigente fallimentari, a cui non interessa nulla del benessere collettivo o della salute, ma a cui preme solo tutelare la produzione e il profitto, usando anche la pandemia come scusa per accelerare la ristrutturazione capitalistica nel contesto dell’aumento della competizione interimperialista.

Quando una classe al potere esaurisce gli strumenti per rispondere ai suoi momenti di crisi, vuol dire che arrivato il momento del suo superamento. Se fosse per loro, sul lungo periodo saremmo tutti morti.