#1 Smascheriamo la Fissione nucleare “green” alla COP26 di Glasgow: adesso parliamo noi!
In occasione delle ultime dichiarazioni in merito alla transizione ecologica fatte da diversi capi di stato alla Cop26 ora in corso a Glasgow pubblichiamo la prima puntata della rubrica “smascheriamo la falsa transizione ecologica” costituita da una serie di contributi raccolti nelle iniziative degli ultimi mesi.
Mentre i media pubblicizzano l’accordo raggiunto dai 26 Paesi in merito allo stop alla deforestazione, le dichiarazioni che provengono dalla Conferenza delle Parti ora in corso a Glasgow e del G20 che l’ha di poco preceduta continuano a consegnarci obiettivi spot puntualmente disattesi, incapaci di formulare un piano di conservazione dell’umanità all’interno di questo ecosistema.
I Paesi Occidentali cercano di dipingersi come i più sostenibili di tutti dando tutte le responsabilità ai paesi più poveri in quanto consumatori di carbone, d’altra parte Paesi come l’India fanno notare che la situazione attuale è frutto dello sviluppo indiscriminato del “Primo Mondo” a spese dei Paesi ora “emergenti”; e mentre in UE e USA la propaganda atlantica costella le prime pagine di dati sulla produzione cinese di CO2, il Dragone contrappone cifre da capogiro in investimenti per la transizione.
Questo greenwashing, portato avanti dall’Unione Europea in primis, non riesce a nascondere il fatto che la partita sulla transizione ecologica (soprattutto nella sua declinazione energetica) all’interno di questo sistema è funzionale alla vittoria di una competizione che si inasprisce di giorno in giorno.
L’Unione Europea all’interno di questa ipercompetizione punta sul raggiungimento di una maggiore indipendenza energetica e tecnologica.
Paradigmatico a questo proposito è l’intervento della Von der Leyen alla COP26, in cui afferma che “abbiamo bisogno di più rinnovabili” ma “anche di una fonte più stabile, il nucleare, e del gas”.
Avevamo sottolineato questa tendenza nell’ultimo contributo sulla variazione nella tassonomia delle “fonti sostenibili” al livello europeo.
L’intervento alla COP26 sembra prefigurare sempre più concretamente un revival della fissione in UE in nome non tanto di una maggiore sostenibilità (argomento difficile da portare avanti nel momento in cui si guarda oltre la diminuzione di CO2) quanto di una maggiore (e più rapida!) competitività ed indipendenza.
A meno di un mese dall’assegnazione del Nobel per la Fisica (proprio sulla questione climatica) lo stesso Parisi indica alcuni aspetti critici dell’impiego di questa fonte in Paesi molto densamente popolati come l’Italia.
Non ci basta, tuttavia, commentare questi avvenimenti.
Ci accorgiamo del bisogno (di fronte ad una propaganda “green” martellante che distorce il concetto di sostenibilità) di contribuire attivamente a questo dibattito per smascherare le bugie dietro la transizione che in UE e nel nostro paese, analizzando la realtà dal punto di vista politico e scientifico.
Per questo, a partire dalle prime dichiarazioni di Cingolani a favore della fissione nucleare abbiamo organizzato delle iniziative coinvolgendo professori ed esperti del settore, e ci sembra questo il momento giusto di pubblicare i loro contributi, a distanza ravvicinata, in questi giorni.
Iniziamo con un contributo di Angelo Baracca, storico militante ambientalista e professore dell’Università di Firenze.
Perché no all’energia nucleare: alcune note schematiche.
Non è agevole contrastare la campagna montante a favore della promozione dell’energia nucleare, non solo per il supporto fornito dalla IAEA (ricordiamolo, l’agenzia creata appositamente per sostenere l’energia nucleare) e dalla lettera sottoscritta da scienziati tedeschi, ma soprattutto a causa delle “informazioni” che pullulano in internet le quali accreditano notizie distorte e unidirezionali sul nucleare carbon-free e sulla gestione delle scorie radioattive: abbiamo di fronte non sole delle autorità in materia, ma appunto la manipolazione dell’opinione pubblica.
Rammentiamo preliminarmente alcune cose.
Una premessa fondamentale
► L’energia nucleare non è semplicemente un’energia “più grande”, ma un’energia COMPLETAMENTE DIVERSA, e questo costituisce una differenza capitale che ha drastiche conseguenze. Tutti i processi naturali (chimici o biologici) sulla Terra coinvolgono solo gli elettroni esterni degli atomi, il nucleo contiene energie milioni di volte maggiori che non possono essere attivate sulla Terra se non con mezzi artificiali che si sono resi disponibili solo 80 anni fa: i processi nucleari avvengono invece naturalmente nelle Stelle, al cui interno vi sono appunto energie di milioni di gradi, e costituiscono la loro fonte di energia.
Questa abissale differenza di energia ha conseguenze fondamentali: è il motivo per cui l’attivazione dei processi capaci di attivare i processi che sfruttano l’energia del nucleo comportano inevitabilmente di generare processi o prodotti artificiali che non possono venire disattivati dai processi naturali sulla Terra e rimangono gravemente pericolosi per migliaia o centinaia di migliaia di anni. Banalizzare il problema delle scorie radioattive è un errore inammissibile!
Per questo motivo, anche, le radiazioni emesse nei processi nucleari provocano, per la loro smisurata energia danni irreparabili alla salute umana e animale e ai processi naturali.
► Una ulteriore premessa sembra necessaria: l’utilizzazione che viene fatta dell’energia nucleare è in realtà un vero assurdo per la termodinamica! Utilizzare questa enorme energia, equivalente a milioni di gradi, per produrre acqua o vapore a poche centinaia di gradi è stata giustamente definita una vera strage termodinamica. Un reattore nucleare, a fissione o in futuro a fusione, è in sostanza una enorme pentola e pressione che utilizza una temperatura (energia) assolutamente sproporzionata allo scopo! La crisi petrolifera del 1973 rivelò che l’energia non è una risorsa illimitata e a basso costo, e si svilupparono i concetti di efficienza energetica, in particolare generare energia riducendo al minimo il salto di temperatura inutilizzato fra la fonte energetica utilizzata e l’energia prodotta. Anche le fonti fossili sono uno spreco energetico, anch’esse in sostanza pentole a pressione che bruciano combustibile a migliaia di gradi per produrre vapore a centinaia di gradi, ma nel caso delle “pentole nucleari” il salto di temperatura non utilizzato (sprecato) sale a milioni di gradi.
► Per di più anche l’uranio è una risorsa esauribile!
► L’ideologia del nucleare carbon-free riduce la considerazione all’aspetto del reattore nucleare, celando la complessità dell’intero ciclo dell’uranio.
La “testa” del ciclo nucleare
► L’estrazione del minerale, la sua lavorazione, la fabbricazione del combustibile, sono processi che anche senza essere esperti si capisce producono CO2! Grandi macchinari per l’estrazione del minerale uranifero, che contiene percentuali bassissime di uranio: il minerale che oggi si utilizza è il più ricco, con un contenuto di uranio dello 0,2 %, ma si prevede che queste miniere si esauriranno in una cinquantina d’anni; se l’energia nucleare venisse rilanciata si dovrebbero sfruttare miniere e minerali meno ricchi di uranio, ed è elementare capire che il processo produrrebbe emissioni crescenti di CO2. Non va poi dimenticato che l’estrazione del minerale è sempre stata assegnata a popolazioni povere e sfruttate (popolo Navajo, lavoratori in Niger e Chad) le quali hanno contratto tumori ed altre infermità, ed è stata eseguita senza rispetto per l’ambiente, provocando contaminazioni radioattive permanenti.
► L’uranio deve essere arricchito: è composto per circa il 93% dall’isotopo U-238, e per la 0,7% dall’isotopo U-245, questo solo è l’isotopo fissile e nella maggior parte dei reattori commerciali deve venire “arricchito” al 3-4% in U-235 (uranio reactor grade), per i reattori militari sopra il 20%, per le bombe oltre il 90% (uranio weapon grade). I processi di arricchimento (diffusione gassosa, centrifugazione) utilizzano grandi quantità di energia, e ovviamente comportano forti emissioni climalteranti. Alcuni dei progetti dei cosiddetti small reactors (per quanto 300 MW non sia affatto uno small reactor!) – peraltro quasi tutti allo stato di progetto – dovrebbero utilizzare uranio più arricchito, con evidenti maggiori rischi di proliferazione militare.
La centrale nucleare
► La costruzione delle centrali richiede enormi quantità di cemento e altri materiali e dispendi di energia che producono chiaramente CO2: sia i costi che i tempi di costruzione sono aumentati moltissimo, ad esempio per le norme di sicurezza sempre più stringenti dopo ogni grave incidente. Nuove centrali nucleari arriverebbero comunque troppo tardi a fronte dell’emergenza climatica sempre più incalzante: costi e tempi sono enormemente superiori rispetto ai progetti di energie rinnovabili!
► Le centrali nucleari necessitano di enormi quantità d’acqua per venire raffreddate.
► Rilasci radioattivi e conseguenze sanitarie? Ovviamente ci assicurano che le nuove centrali sono assolutamente sicure e non producono rilasci radioattivi. Lo hanno da sempre assicurato, tanto le conseguenze si vedono dopo molti anni: come chiedere all’oste se il suo vino è buono. Si deve insistere, le radiazioni nucleari non sono come gli altri inquinanti, per la loro natura e la loro energia di attivazione, milioni di volte superiori alle energie dei processi naturali sulla Terra. Gli attuali concetti e modelli adottati dalla comunità scientifica sugli effetti sulla salute delle radiazioni ionizzanti sottostimano seriamente i rischi (vedi ad esempio E. Burgio et al, Ionizing Radiation and Human Health: Reviewing Models of Exposure and Mechanisms of Cellular Damage. An Epigenetic Perspective, 2018).
► Plutonio. Nel processo di fissione dell’U-235, invece l’U-238 preponderante in un reattore assorbendo un neutrone diventa instabile e con una serie di trasmutazioni si trasforma in plutonio, elemento artificiale transuranico che non esiste in natura [tracce si formano nei depositi di uranio naturale quando l’uranio-238 cattura i neutroni emessi dal decadimento di altri atomi di uranio-238], come si è detto di grandissimo interesse militare. Dal 1945 ne sono state prodotte circa 1.400 tonnellate (circa 260 tonnellate di plutonio militare, weapon grade: nelle moderne testate nucleari sono sufficienti circa 6 kg per una testata).
► Non c’è da stupirsi che la IAEA ed agenzie nazionali promuovano l’estensione della vita operativa delle centrali nucleari esistenti, sono le medesime autorità che da sempre garantivano la sicurezza delle centrali nucleari: se da un lato può non stupire che le giovani generazioni confidino nelle sirene che da sempre promuovono il nucleare, il movimento ambientalista per una vera conversione ecologica deve fermamente contrastarle. In 70 anni vi sono stati per lo meno 6 incidenti di gravità inaudita (a Fukushima nel 2011 gli impianti gravemente danneggiati furono 4, gli incidenti non furono causati dallo tsunami, come si cerca di accreditare, ma dal terremoto precedente), contaminando territori per decenni a venire.
La “coda” del ciclo nucleare
Ma come tutti gli artefatti, anche le centrali nucleari hanno una vita limitata, al termine della quale devono essere smantellate. Si sono accumulate nel mondo più di 400 centrali nucleari che a fine vita necessitano il decommissioning: processo, sempre rinviato perché è un costo passivo, che si sta rivelando molto più lungo, complesso e costoso di quanto si fosse previsto inizialmente (il costo del decommissioning del sito nucleare britannico di Sellafield lievita di continuo, le valutazioni superano 100 miliardi di Sterline!). In Italia vi erano solo 4 centrali attive, di piccola o media taglia: dopo 34 anni dalla chiusura dei programmi nucleari il decommissioning è attorno al 30-40% (e gli utenti continuano a pagare nella bolletta elettrica un onere nucleare per i progetti pregressi!). Il decommissioning otre a richiedere grandi quantità di energia, con grandi emissioni, moltiplica la quantità di residui radioattivi poiché tutto ciò che è stato a contatto con il reattore, ed anche i macchinari per lo smantellamento sono radioattivi. È una follia sconsiderata promuovere ancora lo sviluppo dell’energia nucleare occultando questa eredità insoluta: è l’opposto di una scelta rinnovabile.
► Il combustibile esaurito (spent fuel). È un materiale fra i più pericolosi che si siano prodotti, sia per l’altissima attività che per l’energia emessa che provocherebbe la loro fusione (meltdown): deve venire estratto mantenendo costantemente le barre di combustibile immerse in acqua, trasferito in piscine di decontaminazione, refrigerate, per anni. Solo negli USA si sono accumulate 70.000 tonnellate di combustibile esausto, che è un materiale che deve rimanere isolato da qualsiasi contatto umano per centinaia di migliaia di anni. Nessun paese ha ancora realizzato un deposito nazionale per i residui radioattivi.
Per il combustibile esaurito gli Stati Uniti avevano elaborato nel 1978 un progetto di deposito geologico a Yucca Mountain (che fra l’altro è una montagna sacra per le popolazioni indiane!), in costruzione dal 1994, bocciato definitivamente nel 2004 da una sentenza della Corte d’Appello su un ricorso che denunciava la sicurezza per “soli” 10.000 anni! Il livello di radioattività del combustibile esaurito rimane superiore a a quello del minerale uranifero per 1 milione di anni. Tutto da rifare daccapo.
Ma anche per i residui a media e bassa attività nessun paese ha ancora realizzato un deposito finale. Ho sentito con le mie orecchie affermare che un deposito geologico è sicuro e vi sono paesi che lo hanno realizzato. Valga l’«esempio» della Germania che aveva realizzato il deposito geologico nella miniera di sale di Asse nella bassa Sassonia, e conferito i fusti di residui radioattivi, poi si sono rivelate infiltrazioni d’acqua non previste: la rimozione dei fusti, ormai parzialmente corrosi, sarà un’operazione estremamente complessa e costosa.
PER CHI VOLESSE APPROFONDIRE: A. Baracca, “Antropocene-Capitalocene-Nucleocene: l’eredità dell’Era Nucleare è incompatibile con l’ambiente terrestre (e umano)“, Effimera