PANDEMIC UNITO 2020-2022: DUE ANNI DI UNIVERSITà IN PANDEMIA
È ormai da due anni che come studenti, dall’inizio della pandemia da covid19, vediamo sistematicamente un attacco a quello che è il nostro diritto allo studio.
Gia da tempo, come abbiamo descritto nell’opuscolo “dove sta andando unito” avevamo individuato tendenze del modello universitario e degli atenei di Torino che andavano a costituire uno smantellamento dell’università pubblica e accessibile a tutti: crescente élitarizzazione dell’accesso a percorsi di studio, entrata dei privati negli atenei e nella ricerca e dipendenza da questi a livello economico sono tendenze che vanno a individuare una nuova funzione dell’università a livello europeo.
Con la pandemia tutti questi processi hanno subito un’accelerazione, complice anche una crisi materiale e di prospettive della nostra generazione di fronte alla quale Unito non ha messo in campo nessun provvedimento se non poche briciole, sballottati tra aperture, chiusure e didattica a distanza, abbiamo assistito a una situazione emergenziale che in due anni non si può più definire come tale, ma che e’ diventata ormai una “normalità malata”, che ha precisi responsabili e deriva da scelte politiche e strategiche del nostro ateneo.
Infatti, sarebbero stati necessari per far fronte alla pandemia interventi strutturali per quanto riguarda spazi e sicurezza, nonché, di fronte alla crisi, la necessità di implementare borse di studio e residenze, bloccare le tasse e | criteri di merito per | borsisti, per garantire un’università accessibile a tutti fuori dal rischio pandemico e non invece aperta solo a una ristretta elite. Ma di fronte a queste necessità, accompagnate spesso da mobilitazioni degli stessi studenti, nessun intervento strutturale è stato attuato, mentre l’amministrazione universitaria continuava a implementare quel processo di trasformazione dell’ateneo tutto a danno del corpo studentesco.
Ad oggi, con un pacchetto di finanziamenti (comunque poche briciole rispetto agli interventi che sarebbero necessari) in arrivo dal pnrr, finanziamenti che costituiscono un’ipoteca sul nostro futuro, sì vanno a configurare le nuove linee strategiche di unito, che ancora. Non prevedono alcuna soluzione strutturale, dopo che per l’ennesima volta a inizio gennaio l’università ha dovuto chiudere per l’aumento dei contagi, scegliendo una soluzione facile di fronte alla mancanza di strumenti e investimenti per la gestione di questi ultimi.
La scusa del ‘non ci sono soldi” per mettere in campo misure per garantire sicurezza e diritto allo studio non regge più: i fondi ci sono, ma vengono investiti in quelle che sono le missioni dell’universita’ a livello europeo.
Una sempre maggiore polarizzazione tra poli di serie a e di serie b, (con unito che rilancia sempre più se’ stesso) volta a sfornare poche eccellenze e masse di manodopera troppo qualificata, legandosi sempre di più col tessuto produttivo del territorio con partnership e contratti di ricerca con privati.
Due anni dopo, sappiamo che se siamo ancora in questa situazione, in una “normalità malata” dove a noi studenti non è garantito niente, è precisa responsabilità di scelte politiche.
Abbiamo quindi voluto andare ad analizzare come e in che modo la nostra università si è modificata durante la pandemia, all’interno di un processo riguardante la funzione generale del mondo della formazione, fuori dalla falsa retorica del ‘è colpa del virus”, così spesso propinata dall’amministrazione di Unito.