Intervista a Séverine Huille, candidata suppléante circoscrizione Italia per le elezioni legislative francesi

Intervista a Séverine Huille, candidata suppléante per le elezioni legislative francesi nella 8va circoscrizione. Di questa circoscrizione fanno parte tra gli i francesi residenti in Italia.

1) perché ha deciso di impegnarsi prima con la LFI?

Il mio primo ingaggio politico è stato come ecologista. Il partito di Jean Luc Mélenchon lo trovavo respingente. Nel mio contesto sociale di provenienza che è molto moralista, è presentato come un uomo estremo che vuole “portare in Francia il populismo bolivariano”. Quando è stato scelto il candidato ecologista per le presidenziali, nel settembre 2021, sono stata molto delusa dalla scelta di Yannick Jadot, la cui linea politica si adatta al capitalismo neoliberista invece di presentare una vera rottura. Eppure, questa rottura si trova nel programme “L’Avenir en Commun” proposta dall’Union Populaire, altro nome della France Insoumise per le elezioni. Quando ho letto il programma, costituito di 694 proposte con un’ambizione ecologista all’altezza della mia preoccupazione sul tema, non ho più esitato. Non sono stata la sola a cambiare strada. Tanti militanti ecologisti si sono uniti all’Union Populaire, che ha rafforzato la sua credibilità.

2- La france insoumise per tentare di ottenere lo strumento di una larga rappresentanza politica ha scelto di formare una coalizione più ampia, andando a modificare alcuni punti del suo piano politico. Come pensi che la rappresentanza possa garantire un effettivo cambiamento?

La sconfitta delle presidenziali viene dall’incapacità dei partiti di sinistra a mettersi d’accordo per portare un unico candidato. L’emergenza sociale ed ecologista andrebbe abbracciata da tutta la sinistra. Jadot considera Mélenchon come un populista, parola usata a vanvera, ed è per quello che ha rifiutato l’alleanza alle presidenziali; è una battaglia di ego! I punti di divergenza nel programma sono sempre discutibili, l’importante è di avere una base in comune; fare rispettare alla Francia gli Accordi di Parigi del 2015 e rimettere gli uomini e non il profitto nel cuore delle decisioni. La prova che mettersi d’accordo era possibile è arrivata con le legislative: ci hanno messo 13 giorni (lavorando giorno e notte) per arrivare ad un programma in comune. Noi insoumises abbiamo dovuto sacrificare la data del 2050 che ci eravamo posti per porre fine al nucleare e soprattutto la nostra intransigenza a livello dell’unione europea, ma buona parte della sostanza del programma delle presidenziali rimane anche in quello per le legislative.

Quest’alleanza ci potrebbe permettere di avere la maggioranza al Parlamento perché presentiamo un unico candidato per tutta la sinistra. Così funziona il sistema elettorale francese, non c’è una lista che ci permette di mandare rappresentanti secondo la proporzione di voti che abbiamo ricevuto; ma abbiamo un unico parlamentario per ogni circoscrizione. Questo sistema è un limite nella nostra costituzione secondo me, perché il popolo non è rappresentato equamente. Ma ci permette di fare paura alla destra e di rovesciare il governo in caso di almeno 289 deputati NUPES.

3-Quale è il contesto francese da cui nasce la nupes e cosa rappresentano per la Francia le elezioni legislative di giugno?

La NUPES è nata dopo la fortissima disillusione delle presidenziali. Il secondo turno Macron/Le Pen era il nostro incubo, la ripetizione della storia del 2017. Tuttavia, il contesto è molto diverso oggi, perché abbiamo dietro di noi 5 anni di politica neoliberista e ridicola per quanto riguarda l’affrontare l’emergenza ecologica e sociale. I gilets gialli non sono morti, anzi, e gli scioperi studenteschi per il clima erano un abitudine che ha scosso il paese. Lo Stato ha fatto regali alle multinazionali e al 1% più ricco del paese ed è stato giudicato dal Tribunale di Parigi per inazione climatica; la gente ha capito che la “Macronia” non può continuare ancora 5 anni senza condannare tutti noi e il pianeta.

L’Union Populaire ha saputo riprendersi dalla sconfitta alle presidenziali e presenta le legislative come un “terzo turno”. Come ho menzionato prima, lo scrutinio di giugno può cambiare la vita dei 10 millioni di Francesi che vivono sotto la soglia di povertà.

4- Al primo turno di elezioni l’astensionismo è stato molto consistente tra i giovani, mostrando un distacco dalla politica rivelatore di una crisi di prospettive e di sconforto generalizzato. Come interpreti questo fenomeno?

L’astensionismo non aveva raggiunto questo picco di 26-28% dalle elezioni del 2002 che hanno visto la vittoria della destra con Jacques Chirac ed un secondo turno Chirac/Le Pen(padre). Nonostante questo, la differenza con il 2002 è che l’astensionismo questo aprile è stato più alto al secondo turno che al primo turno. Votare per Macron era profondamente impossibile e assurdo per tanta gente, e soprattutto per i giovani. In effetti, chi a 20 anni vorrebbe votare per una pensione a 65 anni invece di 62? Chi a 20 anni considera che il governo Macron ha aiutato i giovani durante la crisi del Covid quando la metà di chi ha fatto richiesta per aiuto alimentare aveva meno di 25 anni?

Per quanto riguarda l’astensionismo al primo turno, l’interpreto come disfattismo dovuto al grande disprezzo verso Macron che non ha fatto campagna, aiutato dai media dominanti e dal nostro sistema elettorale allo scrutinio maggioritario. A cosa serve andare a votare se è già dato per certo che passerà Macron come dicono i sondaggi e media?

5- tra i giovani che invece sono andati alle urne la maggioranza ha votato per mélenchon, mostrando che le giovani generazioni sono sensibili a chi propone un ampio cambiamento. Quali sono secondo te gli elementi che convincono di più i giovani francesi del suo programma politico?

Il programma dell’Union Populaire porta innanzitutto un nome che parla alla gioventù: “Il Futuro in Comune”. Quello che mobilita tanti giovani è la mancanza di prospettive lavorative e la paura di un futuro impossibile e asfissiante. La forza del programma è di abbracciare questa realtà e di darci una rappresentazione politica concreta. Per esempio, finalmente un politico parla del bisogno urgente di nazionalizzare acqua ed energia se vogliamo semplicemente parlare di “sopravvivenza comune”.

Ci sono misure che riguardano direttamente i giovani. La garanzia di autonomia e indipendenza economica che eroga 1063 euro (soglia minima per garantire indipendenza a un francese) al mese per tutti gli studenti senza discriminazione, la pensione a 60 anni, la fine del metodo di selezione all’ingresso dell’Università, il diritto di votare a 16 anni… Inoltre, il governo Macron si è mostrato incapace di rispondere alle problematiche giovanile. Si è accontentato di elargire qualche buono qua e là durante la crisi del Covid, senza pensare ad una riforma strutturale per garantirci un futuro.
Per finire, la campagna di Melenchon è stato un vero successo preso i giovani, perché ha saputo usare metodi di comunicazione che ci parlano e raggiungono in prima persone. I TikTok di Melenchon sono molto popolari (diventato famoso il “lait-fraise” che beve sempre il leader insoumis), oppure le emissione Twitch dove rispondeva direttamente alle domande questo serve a raggiungere i giovani elettori.

6-che tipo di campagna elettorale state conducendo con i francesi all’estero e qual’è stata il loro comportamento per le presidenziali?

La campagna elettorale per i Francesi all’estero fa fronte a delle problematiche particolari. Primo, abbiamo delle circoscrizioni elettorali da poco tempo, e ancora tanti francesi all’estero non sanno che hanno un deputato da poter eleggere. C’è un enorme lavoro di comunicazione da fare, che vorremo continuare dopo le legislative. Si dice che i Francesi all’estero siano dei privilegiati e spesso se non lo sono tendono a non conoscere i loro diritti di cittadini.
Secondo, con le negoziazioni per l’alleanza, abbiamo dovuto aspettare fino al 7 maggio per sapere chi sarebbe stato il candidato della nostra circoscrizione, quindi il periodo di campagna elettorale è stato estremamente breve.

Infine, dobbiamo fare campagna elettorale in 8 paesi diversi! Purtroppo, a livello nazionale questa particolarità non è ben riconosciuta. Per esempio, la NUPES ha limitato a 3 il numero di mail da mandare alle liste degli elettori, invece noi avremmo voluto mandarne una alla settimana almeno. Lo strumento numerico è il nostro mezzo di azione principale, anche se abbiamo provato a fare un po’ di azione sul campo. La nostra candidata Isabelle Rivolet è andata in Grecia e a Roma per incontrare gli elettori e fare delle conferenze stampa. Vederla e avere contatto diretti con quelli che votano dà energia e fiducia. Per esempio, ho incontrato la settimana scorsa un elettore di Roma che va votare per la nostra candidata Isabelle Rivolet a malincuore perché avrebbe preferito un candidato del partito socialista. Aveva un problema con la figura di Mélenchon che qualificava come pro-dittatore e populista. Penso che non sia il solo ad avere questi pregiudizi; la France Insoumise all’estero ha difficoltà a convincere questo elettorato di sinistra privilegiata. Ma la NUPES esiste e funziona, quindi dobbiamo cercare di trovare il modo di farli votare per noi! Un’altra grande difficoltà per noi è il fatto di avere Israele nella circoscrizione. è triste da riconoscere, ma la maggioranza dei Francesi che vivono là sono anti-Palestina e votano per l’estrema destra di Zemmour, dato non indifferente.

7-Per finire, in francia, il paese più nuclearizzato d’Europa, il tema della chiusura delle centrali è scottante. Come giovane insoumise come pensi che vada affrontato il problema? A prescindere da una vittoria alle elezioni una grande componente giovanile si è espressa a favore del programma politico e ambientale della france insoumise che proponeva una rottura radicale con la solita dicotomia destra-sinistra liberale, pensi che si riuscirà a continuare un percorso di lotta che riesca a mobilitare i giovani?

Molti in Francia vedono il nucleare come la soluzione magica per raggiungere la neutralità di emissioni da uso di carbone e che dovrebbe servire come accompagnamento verso la biforcazione energetica. Se visto come soluzione principale, però cancella le soluzioni meno impattanti sulla lunga durata delle energie rinnovabile di cui abbiamo tanto bisogno per la nostra indipendenza energetica. Con il 75% del misto energetico della Francia, è ovvio che non potremo cancellare il nucleare da un giorno all’altro. Tuttavia, la data del 2050 come obiettivo per la chiusura di tutte le centrali mi sembra necessaria, ma considerata irrealistica da una parte della sinistra dell’alleanza che ha tolto la data dall’accordo. Quindi anche quando vinceremo le elezioni (uso la tattica della profezia autoavverantesi), avremo bisogno di militanti che lottano sul campo e spiegano e informano sui media. L’immaginario collettivo sul nucleare come soluzione è fortissimo in Francia, e anche un governo di sinistra può lasciarsi sedurre dalla “realpolitik”. Dal primo lock down si è sviluppato una forte mobilitazione contro i “grandi progetti inutili” sul territorio, di cui fa parte il nucleare, come la manifestazione contro la centrale di Bugey, vicino Lyon, che EDF [azienda principale produttrice di elettricità in Francia] voleva continuare a sfruttare malgrado la sua vecchiaia. La nostra generazione, quindi, non ha finito di lottare.