CRISI ENERGETICA: SI TEME L’INVERNO MA È SEMPRE PIÙ INGESTIBILE L’ESTATE

Ogni estate di più crisi energetica e climatica vanno di pari passo. Quest’anno ad un quadro di temperature in costante aumento nell’ultima settimana con la conseguente domanda in salita di elettricità per gli impianti di condizionamento, si aggiunge una crisi energetica che ha fatto schizzare il costo dell’energia negli ultimi giorni. Non si tratta solo del problema del gas, anzi: mentre la Germania (fortemente dipendente dall’importazione di gas) segna un picco in borsa di 397 euro per MWh, la Francia (che storicamente ha fatto della propria indipendenza nella generazione elettrica motivo di vanto) raggiunge i 521 euro per MWh.

La situazione Francese, infatti, risulta critica in quest’ultimo periodo. Abbiamo più volte ricordato la situazione quasi emergenziale innescata, quest’anno, dalla chiusura di circa metà delle 56 centrali nucleari francesi per manutenzione, e sottolineato la miopia di scelte politiche che puntano a preservare quest’assetto energetico anche di fronte all’impossibilità di trarne giovamento in un futuro prossimo e lontano.


Ai problemi legati all’obsolescenza del parco nucleare francese si aggiunge in questo periodo la siccità dilagante. Infatti, le centrali sorgono in riva al mare o di importanti corsi d’acqua in modo da disporre di un continuo meccanismo di raffreddamento che smaltisca l’enorme quantità di calore prodotta. Il calore viene quindi disperso in acqua, fatto che ha suscitato non poche polemiche rispetto alla preservazione dell’habitat marino e fluviale, ma che in estate diventa cruciale. Infatti con il vertiginoso abbassamento del livello (e aumento della temperatura) dei fiumi a cui assistiamo (siccità e maggiore caldo) l’acqua sarebbe veramente troppo poca per poter da una parte assorbire il danno alla flora e la fauna che la abitano, dall’altra costituire un convettore efficace prevenendo incidenti da surriscaldamento del nocciolo.
L’ulteriore riduzione dell’attività che queste circostanze impongono sarebbe quindi il colpo di grazia per la produzione elettrica francese e non solo. Anche l’altro vicino transalpino, la Svizzera, soffre dello stesso problema, che si risolve nell’importazione a costi elevatissimi di energia soprattutto da Spagna e Regno Unito. Il danno economico rischia di essere tanto grande che l’Autorità per la sicurezza nucleare francese ha deliberato la possibilità di aumentare temporaneamente la temperatura dell’acqua che può essere ri immessa nei fiumi, una volta utilizzata per il raffreddamento. Una misura che va ad impattare ancora di più su un ecosistema già fortemente provato dalle condizioni anomale che stiamo vivendo.

Tutto questo in un quadro in cui Macron ha basato gran parte dell’ultima campagna elettorale sulla propaganda sciovinista che dovrebbe vedere nuovamente il nucleare come punta di diamante della produzione francese, prevedendo l’apertura di 6 nuovi impianti ad acqua pressurizzata ma senza curarsi né delle conseguenze della chiusura di quelli attuali né dei rapporti di RTE, molto chiari sull’inefficienza dell’intensificazione di questo tipo di produzione.
La cifra del peso che queste manovre possono avere è data dal fatto che proprio in questi giorni lo Stato Francese ha proposto l’acquisto del 16% di EDF (società elettrica francese) non pubblico ad un costo di 9.7 miliardi di euro per incaricarsi interamente di attuare le politiche di espansione nucleare prefissate.

Si sta raschiando il fondo, sia del barile che dei corsi d’acqua. Eppure i governi continuano ad esporre trionfalmente piani energetici ecocidi come se fossero la soluzione alla crisi energetica ed ambientale.
Alcuni ne approfittano per millantare l’indipendenza energetica tramite il nucleare nonostante i fatti parlino chiaro: troppo lento, troppo costoso, troppo rigido, troppo impattante sulle generazioni a venire. Inoltre, a causa della guerra anche economica ingaggiata dall’Europa con la Russia e i conseguenti vincoli imposti all’importazione di gas, questo sta nuovamente venendo sostituito dal carbone. Lo stesso direttore per i mercati energetici e la sicurezza dell’Agenzia internazionale per l’energia Aie, Keisuke Sadamori, afferma che alcuni Paesi hanno “ritardato i piani di eliminazione graduale del carbone e revocato le restrizioni precedentemente imposte”.


L’unico gas permesso è il GNL di importazione, preferito per ragioni politiche al di là della qualità, dei costi e dell’impatto del processo di rigassificazione. Non per nulla lo stesso Draghi il 20 luglio ha affermato che “dobbiamo ultimare l’installazione del rigassificatore di Piombino entro la prossima primavera, è una questione di sicurezza nazionale”.

Insomma, ognuno porta acqua al proprio mulino a seconda della convenienza. Ma l’acqua ormai scarseggia, così come la pazienza di una generazione che vede ogni prospettiva di stabilità e di fiducia nel futuro sgretolarsi di fronte alle manovre opportuniste dei governi europei pronti a sacrificare sull’altare della competizione non solo il nostro futuro lavorativo (com’è stato fatto nel corso delle ultime crisi economiche) ma la salvaguardia dell’intero ambiente in cui viviamo.
Non c’è modo di uscire da questo incubo se non rompere la gabbia capitalista in cui ci hanno imprigionato, ribaltando le priorità malate che mettono a repentaglio la sopravvivenza di tutta l’umanità.


Non ci hanno dato la pace, e non c’è energia per l’aria condizionata: sta a noi lottare perché un mondo diverso non sia solo immaginabile, ma anche possibile.

Di questo e tanto altro parleremo domenica 31 luglio, dalle ore 15:00, in assemblea nella cornice del festival NO TAV Alta Felicità di Venaus.