Sarà la guerra! contro Macron e le multinazionali! [IT/FR]

[IT]

Sarà la guerra!”. Con queste parole di Emmanuel Lépine, segretario della Federazione Nazionale delle Industrie Chimiche (FNIC) della CGT, ha commentato l’intensificarsi degli scioperi nel settore petrolchimico in Francia che da circa tre settimane paralizzano le raffinerie di Total e ExxonMobil. Nello scorso fine settimana, numerosi distributori di benzina sono rimasti a secco a causa dei mancati rifornimenti, causando file anche chilometriche di automobilisti in molti casi “intimoriti” dai toni drammatici dell’informazione mainstream sul rischio di una prolungata penuria di carburante.

Ancor più vergognose sono state le dichiarazioni del Presidente Macron che, in un’intervista sur France 2, ha fatto appello “affinché la CGT permetta al paese di funzionare”, facendo eco alle parole della prima ministra Elisabeth Borne secondo la quale “un disaccordo salariale non giustifica il fatto di bloccare la Francia”. Nessuna parola né tantomeno misura concreta sull’inflazione che, attraverso i rincari dei prezzi al consumo e delle fatture energetiche, sta distruggendo il potere d’acquisto delle classi popolari già impoverite da anni di massacro e smantellamento dello Stato sociale e di liberalizzazione del mercato del lavoro.

I miseri tentativi di vincere la “battaglia delle opinioni” da parte del governo si arenano di fronte alla presa di coscienza da parte delle classi popolari sulla realtà economica e sociale dei profitti stellari e dei dividendi stratosferici delle multinazionali in questione, fatti sulla schiena e sulla pelle dei lavoratori grazie anche agli incondizionati aiuti pubblici ricevuti durante e dopo la pandemia.

Total ha battuto il record del miglior “risultato netto” mai realizzato da una azienda francese: 19 miliardi di profitti conseguiti in soli 6 mesi. Il suo amministratore delegato, Patrick Pouyanné, ha visto la sua busta paga aumentare del 52% nel 2021, raggiungendo i 500mila euro al mese. Gli azionisti della compagnia hanno beneficiato di oltre 2,6 miliardi di dividendi nel mese di settembre. Per i lavoratori e le lavoratrici nulla… é la lotta di classe dall’alto!

La FNIC-CGT, affiliata alla FSM-WFTU, rivendica l’aumento generale dei salari e la loro piena indicizzazione all’inflazione, tutela dei diritti sindacali e miglioramento delle condizioni di lavoro, un vero cambiamento della politica energetica francese con l’uscita delle logiche speculative del mercato e la nazionalizzazione del settore energetico (gas, petrolio, elettricità) sotto il controllo operaio e popolare.

Nei giorni scorsi, la premier Elisabeth Borne è passata dalle parole ai fatti, autorizzando i prefetti a “precettare i lavoratori” per rimpiazzare gli scioperanti nelle raffinerie Exxon e garantire il funzionamento dei suoi depositi. Oggi è stato pubblicato il decreto da parte della Prefettura del dipartimento Nord per costringere gli scioperanti a tornare al lavoro nel deposito di Dunkerque di Total Energies. Macron e il suo governo decidono di schierarsi senza sorpresa alcuna al servizio del padronato e delle multinazionali. Si tratta di un attacco durissimo al diritto di sciopero, dai nauseabondi tratti ottocenteschi di disprezzo e odio di classe dall’alto. Una misura nei fatti “illegale” che la FNIC ha rinviato al mittente decidendo di intensificare lo sciopero anche nelle raffinerie della Loira-Atlantica, oltre a quelle già bloccate nel Nord, nella Normandia e nel Bouches du Rhone.

Inoltre, non possiamo che condividere la denuncia delle complicità dei tradizionali sindacati gialli francesi, in particolare la CFDT e la CFE-CGC, che hanno deciso di siglare un pre-accordo (fintamente maggioritario) con la direzione Exxon. Un pre-accordo che, oltre ad andare contro le rivendicazioni dei lavoratori e delle lavoratrici in sciopero, presta il fianco alla repressione sindacale e all’intimidazione da parte del governo di far tornare al lavoro gli scioperanti “costi quel che costi”.

Se il governo francese sta tendendo in tutti i modi di indebolire lo sciopero nelle industrie del petrolchimico, d’altro lato le federazioni della CGT non intendono arretrare e, attraverso l’annuncio di uno “sciopero ricondotto a tempo indeterminato” hanno deciso di alzare il livello di scontro. I lavoratori e le lavoratrici del petrolchimico hanno creato un rapporto di forza in grado di essere da vettore per una mobilitazione sindacale e sociale generale, cosi come avevano fatto gli cheminots (i ferrovieri) con lo sciopero di qualche anno fa alla SNCF e, in maniera più estesa e differente, i Gilets Jaunes.

Lo sciopero delle raffinerie non lascerà di certo indifferenti i lavoratori degli altri settori. Uno sciopero a tutto tondo per i salari, il lavoro e l’industria che non può che convergere con l’insieme delle altre lotte che si stanno dando in altri settori economici e sociali in Francia, dalla sanità all’istruzione pubblica, contro la riforma dell’indennizzo di disoccupazione e quella delle pensioni che il governo sembra intenzionato a ritirare fuori dal cassetto (dove era stata riposta solo a causa della pandemia di Covid-19) e far passare in forza applicando il famigerato “articolo 49.3”, ovvero la tagliola parlamentare.

Ma non solo: se è vero che questa lotta riguarda un settore chiave e portante dell’economia nazionale, al tempo stesso è in grado di toccare un punto nevralgico del sistema di produzione capitalista e di metterne in evidenza le evidenti contraddizioni in una fase di sempre più acuta crisi economica ed energica, sotto la speculazione e l’impennata dei prezzi, al di là del “green washing” della transizione ecologica fatta con il nucleare il carbon-fossile.

Proprio mentre Macron e il suo governo, retto da una debole “maggioranza” parlamentare garantita dal sostegno del Rassemblement Nationale di Marine Le Pen, si trovano a dover affrontare il portato dirompente dello sciopero delle raffinerie e la rabbia sociale crescente nel paese, ieri notte è stato battuto all’Assemblée Nationale, la quale ha votato l’introduzione di una tassa sui super-dividendi.

Una breccia è stata aperta, mentre si estende a macchia d’olio la solidarietà e la lotta con numerosi settori che hanno deciso di entrare in sciopero, dai dockers ai conducenti nei trasporti pubblici ai lavoratori delle centrali nucleari. Intensificare il rapporto di forza, generalizzare lo sciopero ed organizzare il conflitto sono le chiavi per poter avanzare nella lotta, non solo nelle raffinerie e nelle industrie petrolchimiche, ma in tutti i settori e per tutti i lavoratori.

La “Manifestazione contro il carovita e l’inazione climatica” convocata dalla NUPES per questa domenica a Parigi potrebbe rappresentare una tappa di convergenza politica, sociale e sindacale indispensabile per estendere la mobilitazione sociale contro Macron e il sistema che rappresenta. Per il 18 ottobre è convocato uno sciopero nazionale interprofessionale dai sindacati CGT, Solidaires, FSU e Force Ouvrière e dalle organizzazioni sindacali studentesche per l’aumento dei salari e la tutela del diritto di sciopero.

Rompere con questo sistema di produzione in crisi sistemica, con le politiche di massacro sociale dell’UE e con l’escalation bellica della NATO devono essere le parole d’ordine da declinare e far avanzare nei diversi ambiti di lotta, un’esigenza fondamentale per resistere e contro-attaccare: “Sarà la guerra!”.

13 ottobre 2022

Rete dei Comunisti – Cambiare Rotta – OSA


[FR]

« Ce sera la guerre ! ». C’est par ces mots qu’Emmanuel Lépine, secrétaire de la Fédération nationale des industries chimiques (FNIC) de la CGT, a commenté l’intensification des grèves dans le secteur de la pétrochimie en France, qui paralysent les raffineries de Total et d’ExxonMobil depuis près de trois semaines. Le week-end dernier, de nombreuses stations-service sont tombées en panne sèche en raison d’une pénurie de carburant, provoquant des files d’attente de plusieurs kilomètres d’automobilistes, souvent “effrayés” par le ton dramatique des informations grand public sur le risque de pénurie prolongée de carburant.

Plus scandaleuses encore ont été les déclarations du président Macron qui, dans une interview sur France 2, a lancé un appel « pour que la CGT permette au pays de fonctionner », faisant écho aux propos du Premier ministre Elisabeth Borne selon qui « un désaccord salarial ne justifie pas de paralyser la France ». Pas de mots, encore moins de mesures concrètes sur l’inflation qui, par l’augmentation des prix à la consommation et des factures d’énergie, détruit le pouvoir d’achat des classes populaires déjà appauvries par des années de massacre et de démantèlement de l’État sociale et de libéralisation du marché du travail.

Les misérables tentatives du gouvernement de gagner la “bataille des opinions” s’échouent face à la prise de conscience par les classes populaires de la réalité économique et sociale des profits stellaires et des dividendes stratosphériques des multinationales en question, réalisés sur le dos et la peau des travailleurs grâce aussi aux aides publiques inconditionnelles reçues pendant et après la pandémie.

Total a battu le record du meilleur “résultat net” jamais réalisé par une entreprise française : 19 milliards de bénéfices en six mois seulement. Son PDG, Patrick Pouyanné, a vu son enveloppe salariale augmenter de 52 % pour atteindre 500 000 euros par mois en 2021. Les actionnaires de la société ont bénéficié de plus de 2,6 milliards de dividendes en septembre. Pour les travailleurs et les travailleuses, rien… c’est la lutte des classes par le haut !

La FNIC-CGT, affiliée à la FSM-WFTU, revendique une augmentation générale des salaires et leur indexation complète sur l’inflation, la protection des droits syndicaux et l’amélioration des conditions de travail, un véritable changement de la politique énergétique française avec la fin de la logique spéculative du marché et la nationalisation du secteur énergétique (gaz, pétrole, électricité) sous contrôle ouvrier et populaire.

Ces derniers jours, la première ministre Elisabeth Borne est passée de la parole aux actes, autorisant les préfets à “réquisitionner les travailleurs” pour remplacer les grévistes dans les raffineries Exxon et garantir le fonctionnement de ses dépôts. Aujourd’hui, l’arrêté a été publié par la préfecture du département du Nord pour obliger les grévistes à reprendre le travail au dépôt de Total Energies à Dunkerque. Macron et son gouvernement se rangent sans surprise du côté des patrons et des multinationales. Il s’agit d’une attaque extrêmement dure contre le droit de grève, avec des traits nauséabonds du 19ème siècle de mépris et de haine de classe venant d’en haut. Une mesure en fait “illégale”, que la FNIC a renvoyé à l’expéditeur en décidant d’intensifier la grève dans les raffineries de Loire-Atlantique, en plus de celles déjà bloquées dans le Nord, la Normandie et les Bouches du Rhône.

Par ailleurs, nous ne pouvons que partager la dénonciation de la complicité des syndicats traditionnels “jaunes” français, notamment la CFDT et la CFE-CGC, qui ont décidé de signer un pré-accord (en presuntion d’une fausse majorité) avec la direction d’Exxon. Un pré-accord qui non seulement va à l’encontre des revendications des travailleurs en grève, mais qui se prête également à la répression syndicale et à l’intimidation par le gouvernement pour que les grévistes reprennent le travail “quoi qu’il en coûte”.

Si le gouvernement français tend par tous les moyens à affaiblir la grève dans les industries pétrochimiques, en revanche, les fédérations CGT n’entendent pas reculer et, par l’annonce d’une “grève reconductible”, ont décidé d’élever le niveau de la confrontation. Les travailleurs et travailleuses de l’usine pétrochimique ont créé un rapport de force qui peut être le vecteur d’une mobilisation syndicale et sociale générale, comme l’avaient fait les cheminots avec la grève de la SNCF il y a quelques années et, de façon plus étendue et différente, les Gilets Jaunes.

La grève des raffineries ne laissera certainement pas indifférents les travailleurs des autres secteurs. Une grève totale des salaires, du travail et de l’industrie qui ne peut que converger avec l’ensemble des autres luttes qui se déroulent dans d’autres secteurs économiques et sociaux en France, de la santé à l’enseignement public, contre la réforme de l’indemnisation du chômage et la réforme des retraites que le gouvernement semble vouloir ressortir du tiroir (où elle n’avait été rangée qu’à cause de la pandémie de Covid-19) et faire passer en appliquant le fameux “article 49.3”.

Mais ce n’est pas tout : s’il est vrai que cette lutte concerne un secteur clé et porteur de l’économie nationale, elle est en même temps capable de toucher un centre névralgique du système de production capitaliste et de mettre en évidence ses contradictions évidentes dans une phase de crise économique et énergétique de plus en plus aiguë, sous l’effet de la spéculation et de la flambée des prix, au-delà du “green washing” de la transition écologique réalisée avec le nucléaire le carbone-fossile.

Alors que Macron et son gouvernement, gouverné par une faible “majorité” parlementaire garantie par le soutien du Rassemblement National de Marine Le Pen, sont confrontés à l’impact perturbateur de la grève des raffineries et à la colère sociale croissante dans le pays, il a été battu hier soir à l’Assemblée nationale, qui a voté l’introduction d’une taxe sur les superdividendes.

Une brèche a été ouverte, tandis que la solidarité et la lutte font tache d’huile avec de nombreux secteurs qui ont décidé de se mettre en grève, des dockers aux chauffeurs des transports publics en passant par les travailleurs des centrales nucléaires. Intensifier le rapport de force, généraliser la grève et organiser le conflit sont les clés pour faire avancer la lutte, non seulement dans les raffineries et la pétrochimie, mais dans tous les secteurs et pour tous les travailleurs.

La “Manifestation contre la vie chère et l’inaction climatique” appelée par NUPES pour ce dimanche à Paris pourrait représenter une étape de convergence politique, sociale et syndicale indispensable pour étendre la mobilisation sociale contre Macron et le système qu’il représente. Une grève nationale interprofessionnelle est appelée pour le 18 octobre par les syndicats CGT, Solidaires, FSU et Force ouvrière et les syndicats étudiants pour des augmentations de salaires et la protection du droit de grève.

Rompre avec ce système de production systémique de crise, avec les politiques de massacre social de l’UE et avec l’escalade guerrière de l’OTAN doit être le mot d’ordre à décliner et à faire avancer dans les différents domaines de lutte, une exigence fondamentale pour résister et contre-attaquer : « Ce sera la guerre ! ».

Le 13 octobre 2022

Rete dei Comunisti – Cambiare Rotta – OSA