CERCO UN CENTRO DI GRAVITA’ PERMANENTE. La manovra di bilancio, i vincoli europei e la guerra. L’alternativa si costruisce con la lotta!
Il contenuto della legge di stabilità del governo Meloni è sostanzialmente definito, senza alcune sorpresa, in attesa degli ultimi aggiustamenti entro il 31 dicembre e di passare in queste ore dal voto di fiducia del parlamento.
Fatte salve le acrobazie per accontentare le varie clientele e spargere qua e là qualche elemosina per tenere buona una parte dell’elettorato – piccola impresa e commercianti – la manovra era già scritta. L’attacco al reddito di cittadinanza – timbro dell’infimità e dell’odio di classe di questa accozzaglia di reazionari – è di fatto l’unico contributo “originale” a una manovra che prosegue sul pilota automatico impresso dall’Unione Europea sul piano economico-finanziario e dalla NATO su quello politico-istituzionale, in continuità con i governi precedenti e in particolare il governo Draghi, segnato dal salto di qualità in termini di vincoli con il PNRR.
Come ha rinnegato in campagna elettorale le precedenti sbraitate anti-establishment, così la Meloni ha obbedito alle indicazioni di Washington e Bruxelles ricevendo soddisfatta qualche giorno fa la benedizione sulla manovra da parte della Commissione Europea e del commissario all’economia Gentiloni.
Prima ancora dell’odio verso i poveri e gli ultimi – comunque riversato a piene mani in ogni scelta o dichiarazione pubblica – ci sono scelte politiche “obbligate” da quello che è lo scenario internazionale e continentale (sulle quali le destre si sono candidate a raccogliere il testimone del Partito Democratico) che impone un’intensificazione della trentennale guerra di classe dall’alto contro giovani, lavoratori e classi popolari, unico sbocco possibile con cui l’Occidente in crisi può rimandare nel tempo le contraddizioni strutturali che pendono sulle teste della classi dominanti euro-atlantiche nel configurarsi definitivo del nuovo mondo multipolare.
L’attuale parlamento italiano, con il pallino del gioco a sto giro in mano alle destre, non rappresenta altro che la versione nostrana di una classe dirigente occidentale che sta gestendo la crisi con le stesse ricette che l’hanno provocata, nel paradosso di pianificare razionalmente le più cieche politiche avventuriste che continuano a trovare compimento nella prosecuzione della guerra in Ucraina, riconfermata dalle ultime dichiarazioni – e dall’invio di nuove armi offensive – di Biden nel ricevere la visita di Zelensky. Una guerra che alimenta ulteriormente la crisi, con la capofila Germania proiettata verso la recessione e tutto l’Occidente in balia di un’inflazione non programmata, su cui si è innestata la crisi energetica prodotta dalla guerra stessa e destinata a intensificarsi.
Abbiamo davanti un sistema che ha esaurito ogni margine di rilancio e che scarica fatalmente e coscientemente verso il basso e verso l’esterno le proprie contraddizioni con lo sbocco possibile di una guerra nucleare che coinvolgerebbe l’intera umanità.
La sola via percorribile per chi ha scelto di sottrarsi a questo piano inclinato è quella di una prospettiva di rottura del blocco euro-atlantico, fuori e contro il capitalismo occidentale, ed è in questo orizzonte che siamo chiamati a continuare la costruzione di un’opposizione ai rappresentanti del nemico di classe nel nostro paese – governo Meloni e false opposizioni – rilanciando in avanti le lotte e le mobilitazioni che dalle scuole, alle università, ai quartieri, ai posti di lavoro hanno animato questo autunno esprimendo questa prospettiva nella manifestazione di Roma del 3 dicembre.
Come abbiamo ribadito all’assemblea nazionale di Bologna del 17 dicembre sulla spinta di questi mesi di mobilitazione, nessuno ci rappresenta e sta noi costruire l’alternativa continuando nella strada già tracciata, a partire dai terreni privilegiati di scontro dell’università, delle scuole e del meridione, di un’opposizione a tutto campo a governo e false opposizioni che sappia rompere la pacificazione sociale e sedimentare le forze e l’Organizzazione in una prospettiva di alternativa sistemica all’Occidente capitalista.