Studiare costa troppo. Essere studenti piemontesi ai tempi della crisi
Nel corso degli ultimi decenni l’istruzione pubblica italiana ha perso la funzione emancipatrice e di ascensore sociale che nella seconda parte del 900 aveva ricoperto. Ad oggi il sistema formativo è del tutto piegato ai fini e agli scopi di un modello improntato sulla competizione, in cui anche il sistema universitario deve giocare la sua parte a discapito degli studenti.
I governi di centro destra come quelli di centro sinistra, diventando attori nel rilancio del mercato privato, hanno piegato negli ultimi trent’anni l’università agli interessi delle aziende e delle multinazionali. La formazione superiore è diventata a tutti i livelli un vero e proprio snodo strategico ai fini del mercato,che quando fattura poco è considerata perdente e terreno non fertile sul quale investire, quando sforna menti utili al profitto,insieme a connessioni col tessuto produttivo, viene premiata e quando, nei pochi casi in cui succede, diventa un luogo di aggregazione e dibattito collettivo diventa immediatamente un problema di ordine pubblico.
Attraverso l’azione di governi di ogni colore che perseguono interessi di mercato e che danno all’università un determinato indirizzo a favore di questo, l’istruzione che abbiamo oggi è rimasta come un ramo secco che sembra dia persino fastidio se emancipa troppo e fattura poco. La tendenza è quella di privatizzazioni, elitarizzazione e promozione di determinati indirizzi e di una ricerca compatibili col tessuto produttivo, rendendola un semplice ingranaggio in un sistema di sviluppo malato.
Sempre maggior divisione tra materie STEM (Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica) e materie non-STEM, sempre più aziende che stipulano accordi con atenei che si ritrovano a dover riempire i buchi di bilancio lasciati dal pubblico statale e polarizzazione tra atenei di serie A e di serie B. Questo quadro è devastante e sfocia in problemi sistemici per noi studenti.
Problemi che si rendono ancora più inaffrontabili se messi in relazione con la crisi economica che stiamo attraversando, che, dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, presenta il conto anche a noi giovani generazioni in termini di carovita, inflazione, crisi del mercato del lavoro e di prospettive generali di vita. E mentre Gli stipendi e le borse di studio non aumentano, gli affitti, il carovita, i trasporti, la spesa, lo svago alzano i costi, rendendo ancora più inaccessibile un mondo della formazione universitaria già soggetto a un processo di tendente elitarizzazione.
Il governo e gli enti che si dovrebbero occupare del diritto allo studio (Edisu in primis) chiude non uno ma entrambi gli occhi davanti a questa tragedia che ci aspetta, stanziando le poche briciole (come quelle del PNRR) per ‘’grandi fantomatici’’ rilanci degli atenei piemontesi che poco o nulla giovano alla condizione di noi studenti: dai grandi nuovi poli come quello di Grugliasco (di cui abbiamo già scritto in ”Pandemic UniTo”), fino alla partecipazione ai grandi eventi cittadini.
Un quadro insomma in cui i fondi ci sarebbero, ma vengono utilizzati non per favorire il diritto allo studio di noi studenti in tempi di crisi, ma per cercare di qualificare sempre di più gli atenei piemontesi in poli di serie A (come lo è già il Politecnico), attrattivi quindi per gli investimenti e per il territorio: una tendenza in atto da anni che si lega bene a una città, come quella di Torino, che sta ancora cercando di rilanciare se stessa dopo la chiusura della Fiat, e in cui si seguono senza esitazione le direttive di organismi sovranazionali, che sia da UE, Nato oppure qualche altro attore.
Ci troviamo inoltre di fronte ad anni di rappresentanze universitarie concertative, che si sono rese complici dello smantellamento di un sistema universitario in cui lo studente fosse la priorità:rivendicazioni a ribasso se non addirittura reazionarie, lontananza dalle lotte studentesche fuori dagli organi e elettoralismo infatti non solo hanno contribuito a un clima di sfiducia generale nei confronti della politica universitaria , ma hanno concretamente giocato un ruolo nella trasformazione di un sistema dell’alta formazione che ora chiede il conto a noi studenti.
Assistiamo quindi a un’università della crisi all’interno della crisi: perché ormai, per molti, studiare costa troppo.
Con il seguente contributo vogliamo andare ad analizzare quale è la realtà economica e materiale degli studenti piemontesi, di contro a un welfare studentesco del tutto insufficiente, consapevoli che solo con l’organizzazione e la lotta sia possibile ribaltare queste priorità malate, per rivendicare un’università accessibile e che abbia una funzione emancipatrice.