RIFLESSIONI SUL REDDITO STUDENTESCO

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Questa nota vuole essere un primo contributo al fine di inquadrare la battaglia per il reddito studentesco nella piattaforma di lotta universitaria di Cambiare Rotta, consapevoli di non poter chiudere esaustivamente la questione che, essendo complessa, è stata fonte di un ampio dibattito politico nel movimento di classe del ‘900 che andrà ripreso. La proposta va concretizzata nella richiesta di un reddito per gli studenti delle fasce popolari, come strumento di garanzia per l’accesso agli studi, da far pagare alle aziende private che oggi traggono profitto dalla filiera formativa pubblica. Per comprendere il senso della proposta politica occorre tenere a mente in primis la crisi strutturale del modo di produzione capitalista e le sue conseguenze e, in secondo luogo, la rinnovata funzione del sistema formativo nell’attuale fase di sviluppo capitalista.

Da un punto di vista generale, infatti, il palesarsi della contraddizione tra lo sviluppo delle forze produttive e i rapporti sociali di produzione dimostra la condizione di crisi strutturale del modo di produzione capitalista. Le conseguenze sono ben visibili: la recrudescenza e l’aumento delle contraddizioni, il peggioramento delle condizioni materiali delle classi popolari, ma anche l’annullamento totale di qualsiasi possibilità di contrattazione ovvero sempre maggiore lotta di classe dall’alto. Nelle giovani generazioni questo si traduce in una crisi di prospettive in cui le aspettative, costruite ideologicamente dalla classe dirigente e padronale, si scontrano con la realtà di un mondo del lavoro precario, con salari bassi e che espelle gran parte della forza lavoro per via dell’aumento della composizione organica del capitale. In questo contesto, anche il “normale” percorso di studi fino all’università diventa un lusso per molti e il conseguimento delle lauree triennali e magistrali non garantisce più in maniera automatica l’accesso a un lavoro stabile e dignitoso. Inoltre, continua a diminuire a livello nazionale il numero di immatricolazioni e, contemporaneamente, aumenta il numero di studenti-lavoratori, senza tutele sui posti di lavoro né all’interno dell’istituzione universitaria.

L’attuale fase di aumento esponenziale del carovita (con grandi ripercussioni sui costi relativi agli studi) combinata con la precarietà e la disoccupazione rende più evidente la necessità di una redistribuzione delle risorse, pagata dal profitto e non dal salario. Per questo, in ambito universitario, la rivendicazione del reddito trova terreno fertile dal punto di vista delle esigenze materiali delle giovani generazioni.

Parallelamente al quadro sulle condizioni materiali degli studenti oggi, occorre ricordare il mutamento dell’importanza delle informazioni-conoscenza nel passaggio storico dall’accumulazione di tipo fordista alla cosiddetta “società della conoscenza”. La novità di fase non risiede solamente nella messa a valore della conoscenza, delle informazioni, delle produzioni di tipo culturale etc, elemento sicuramente già presente, ma nell’organizzazione e nelle forme che adotta il processo di produzione e trasmissione della conoscenza-formazione1. In questo senso se prima schematizzando avremmo riassunto la funzione dell’università in tre principali questioni: 1. sviluppo e selezione della futura classe dirigente, 2. formazione della forza lavoro qualificata secondo le esigenze del mercato e 3. diretta produzione di sapere con il settore della ricerca, ad oggi dobbiamo inquadrare necessariamente l’estrazione di plusvalore dal lavoro di trasformazione mentale. In questo senso l’università e il sistema formativo diventano direttamente luoghi di produzione e così sono da intendere i processi di aziendalizzazione ed entrata dei privati nella didattica e nell’istituzione universitaria, necessari nell’organizzazione “della fabbrica” e dei rapporti sociali di produzione interni. Ne consegue un modello in cui, oltre al sempre maggiore inserimento degli studenti nel mercato del lavoro (PCTO per gli studenti medi, tirocini, stage etc.), dalla stessa “didattica”, classicamente intesa, vengono prodotte merci. I privati, grazie ad una classe politica prona alle esigenze del mercato e della ristrutturazione capitalistica occidentale, di fatto utilizzano e modellano il sistema universitario secondo i loro bisogni e per reggere la competizione che ad ogni livello si sta acuendo. Per questo motivo, dobbiamo chiedere che il reddito studentesco venga pagato dalle stesse aziende che traggono profitti dalla filiera formativa per inserire questa rivendicazione non solo in termini di welfare studentesco ma anche di battaglia per “un’altra università in una nuova società”.

  1. Luciano Vasapollo e Rita Martufi, “Scuola e formazione come fabbrica capitalista della conoscenza integrata nella crisi sistemica”, pp. 10-23 in https://www.retedeicomunisti.net/2016/10/29/formazione-ricerca-e-controriforme/