RITORNO ALL’UNIVERSITA’: ALTRO GIRO, STESSA CORSA! I COSTI DEGLI AFFITTI AUMENTANO E LO STUDENT HOUSING DEL PNRR È UNA FARSA!
È passato più di un anno dalle prima tendate universitarie contro il caroaffitti, con cui in decine di università italiane gli studenti hanno messo al centro del dibattito la crisi abitativa disastrosa. La Ministra Bernini, impegnata a costruire e attuare (con non pochi intoppi e gaffe) la Riforma 1.7 della Missione 4 del PNRR, a quelle proteste ha risposto con la formula: più Stato per il mercato. Ovvero con lo stanziamento di 1,2 miliardi di euro per finanziare progetti di housing universitario con una particolare formula di partenariato pubblico-privato, in cui il pubblico finanzia e copre costi di gestione e i privati fanno profitti, consentita anche dalla modifica della legge 338/2000.
Sin dall’inizio abbiamo detto che il PNRR fungeva solo da specchietto per allodole: l’unico modo per affrontare seriamente la questione del caroaffitti e del diritto allo studio era quello di rinnegare trent’anni di liberismo sfrenato, abolendo la 431/98, ritornando a mettere un tetto agli affitti con l’equo canone e ricominciando a costruire studentati pubblici. Ora, a un anno dalle proteste e con l’avvicinarsi del nuovo anno accademico, dati e tendenze continuano a confermare che il PNRR non solo non è la soluzione, ma è l’apertura a nuovi processi di privatizzazione.
Pochi mesi fa è nata Re.Uni, associazione che riunisce Camplus, CampusX e Joivy, le tre principali aziende nel settore dell’housing universitario, che già da anni disseminano studentati di lusso per le città universitarie di tutta Italia. Re.Uni nasce proprio per tutelare gli interessi di queste tre aziende nei rapporti con le istituzioni, nel periodo cruciale per l’assegnazione dei finanziamenti PNRR di cui sono i principali destinatari e che, come dice il nome del rapporto commissionato a Scenari Immobiliari, hanno reso “lo student housing da mercato di nicchia a comparto maturo”.
Gli “squali” di questo comparto, così riuniti in associazione padronale, oppongono la compattezza dei loro interessi speculativi in antagonismo con gli interessi collettivi, in primis quelli degli studenti.
Come previsto nello stesso PNRR, è già stato nominato dal CdM per l’housing universitario a livello nazionale un Commissario Nazionale, l’ingegnere Manuela Manenti. Un ruolo di direzione, il suo, da svolgere a stretto contatto tra MUR, Palazzo Chigi e la Direzione generale PNRR, che evidenzia l’inserimento del pilota automatico sull’attuazione di questa contro-riforma targata UE. Abbreviare ed efficientare le procedure servirà infatti ad accelerare lo sviluppo di un sistema ancora più escludente: pochissimi posti e a prezzi ancora inaccessibili, e il totale sdoganamento del privato. I 60.000 alloggi sbandierati rappresentano la metà di quanti ne servirebbero per risolvere davvero il problema di copertura, e per di più i costi che si prevedono non annunciano nulla di buono: agli studenti provenienti da famiglie a basso reddito si riserva il 30% dei posti, non gratuiti ma con contributi calcolati in base alle griglie degli Enti regionali per il Diritto allo Studio. “Tutti gli altri”, cioè anche molti altri studenti bisognosi di alloggio e con redditi insufficienti a far fronte al costo della vita, dovranno arrangiarsi con alloggi spesso disposti in strutture private a tariffe annunciate inferiori “almeno del 15% rispetto ai valori medi di mercato”.
In un contesto generale di inflazione, ci troviamo davanti a un continuo aumento dei costi per l’affitto delle camere universitarie ( +7.2% quest’anno, e +13% rispetto al 2021),che raggiunge picchi in città come Bari (+11%), Roma (+19%) e Ferrara (+122%).
Nulla invece cambia nei miseri salari percepiti dagli studenti costretti a lavorare o dalle loro famiglie, con ‘housing universitario “al -15%” più che una toppa è un vero e proprio insulto.
Questo “sviluppo” non può che concentrarsi dove il privato individua maggior terreno per i profitti delle costruzioni e la rendita degli immobili, ovvero nel centro-nord produttivo.
Infatti, a guidare la classifica delle città in cui una singola ha il costo maggiore troviamo Milano, Bologna e Roma.
Tuttavia i prezzi sempre più insostenibili delle stanze, spingono sempre più studenti ad allontanarsi da questi poli tradizionali, alla ricerca di luoghi in cui le spese siano più sostenibili.
Assistiamo dunque a un aumento vertiginoso della domanda in città come Bari (+207%), Napoli (+185%), Pavia (+180%), Brescia (+160%), Foggia (+124%) e Ferrara (+116%).
Questa tendenza dimostra ancora una volta, come in questo paese la differenza tra università di “serie a” e serie “b”, tra centro e periferia, rifletta una spietata selezione di classe, andando a cristallizzare le disuguaglianze sociali.
A coronare questa situazione, il Decreto Salva Casa e la sua conversione in legge su spinta di Salvini. Attraverso un maxi-condono, la misura va incontro solo agli interessi dei proprietari e della speculazione edilizia; in più, l’abbassamento delle altezze e delle superfici minime di abitabilità degli immobili e la facilitazione del cambio di destinazione d’uso aprono le porte a uno scenario in cui pagare 600 euro per affittare una cantina inabitabile sarà una prassi non solo ricorrente – lo è già – ma anche legalizzata.
Un Paese in mano ai grandi proprietari, agli speculatori e a chi ne fa gli interessi nel campo della politica non è un Paese per giovani, per studenti, per fuorisede. Alla stessa precarietà che impone a tanti lavoratori sempre più sfruttati e impoveriti, addestra anche noi giovani generazioni con sempre più anticipo. Per quanto la Meloni possa ripetere che l’economia è finalmente in crescita, i dati parlano chiaro: aumento delle famiglie sotto la soglia di povertà, salari reali erosi dall’inflazione, disoccupazione e diminuzione degli studenti iscritti all’università.
A partire da settembre, con la riapertura delle università, continuiamo a costruire una vera opposizione a questo governo e il percorso di lotta per una nuova università in una nuova società!