ELEZIONI SAPIENZA: UN SUCCESSO CHE INDICA LA STRADA

Per tre mesi, in preparazione delle elezioni per il rinnovo dei rappresentanti svoltesi tra il 19 e il 22 novembre, la Sapienza di Roma ha rappresentato un campo di battaglia politica e un terreno di iniziativa studentesca di risonanza nazionale e di carattere non solo studentesco. Per Cambiare Rotta, presente quest’anno per la seconda volta, un traguardo straordinario.

Rispetto ai risultati del 2022 – per noi 330 voti in CdA e due rappresentanti eletti in due diverse facoltà – Cambiare Rotta è la lista cresciuta di più in assoluto sulla tornata precedente, ricevendo 1148 voti (più del triplo) ed eleggendo 13 rappresentanti in 5 facoltà. Una crescita che merita di essere esaminata innanzitutto rispetto al quadro complessivo, e poi al lavoro che di questa crescita è stato condizione.

Al contrario di quanto affermato diversi giornali non c’è stata nessuna “avanzata della destra”: Azione Universitaria, nonostante il sostegno economico e politico del maggiore partito di governo, ha perso 234 voti passando da 2119 nel 2022 (quando Fratelli d’Italia ha vinto le elezioni e il governo Meloni si è insediato), a 1885 voti in CdA a novembre di quest’anno. Le pratiche squadriste con cui sono stati estorti tanti di questi voti non sono bastate a far riportare una vittoria alla giovanile di Giorgia Meloni, ricorsa anche a continue provocazioni verso gli studenti antifascisti. Come a Bologna poco prima delle elezioni regionali, i fascisti scendono in campo per creare un clima di tensione, per criminalizzare ed attaccare le liste conflittuali, e soprattutto per distrarre l’attenzione degli studenti e delle mobilitazioni dai loro obiettivi.

Sapienza Futura, lista che esprime direttamente la voce della governance d’ateneo, ha mantenuto saldamente il primo posto, forte della visibilità e della “credibilità” date dal lavoro capillare di assistenza che fornisce agli studenti. Lo stesso lavoro che la Sapienza dovrebbe erogare in forma di servizi tramite segreterie e tutoraggi, e che invece svolto da un’associazione allineata alle direzioni dell’ateneo costa meno e permette di blindare la rappresentanza: in tutti gli organi i posti occupati da questa lista sono posti da cui la Sapienza non riceverà mai critiche, figuriamoci attacchi. Questa lista di maggioranza continuerà a rimanere tale finché non prevarrà l’idea di un nuovo modello di rappresentanza, vero megafono delle istanze del corpo studentesco e delle sue lotte organizzate.

La seconda lista più votata, “Liberiamo sapienza”, è la coalizione sostenuta da PD e CGIL, che ottiene un posto su due in CdA e due su sei in Senato Accademico. Un risultato numericamente ampio in termini di voti, ma non abbastanza da scalfire il predominio della lista d’ateneo, con cui finora ha sempre condiviso un’idea di rappresentanza molto simile, né abbastanza da invertire la tendenza all’astensionismo: continuano a votare in pochi, anche e proprio perché questo modello di rappresentanza è poco credibile e lontano dalle contraddizioni reali che attraversano l’università e la comunità studentesca. Vedremo ora se i “nuovi” rappresentanti porteranno effettivamente negli organi le rivendicazioni sulle quali hanno costruito il programma elettorale, dal boicottaggio accademico di Israele alle politiche del diritto allo studio, e se il loro antifascismo sarà veramente messo in pratica. Resta alta l’attenzione su questa opposizione che in università potrebbe comportarsi come l’opposizione che la rappresenta in Parlamento e nei tavoli sindacali.

Se questo è il contesto in cui è avvenuta la grande crescita di Cambiare Rotta, una chiave di lettura del risultato ottenuto è quella del doppio binario della campagna elettorale e del lavoro degli ultimi due anni: un programma elettorale e di lotta che ha messo al centro la necessità di un nuovo modello universitario a partire da due delle principali contraddizioni – tagli e riforma Bernini da un lato, guerra e militarizzazione dall’altro (leggi di più https://cambiare-rotta.org/2024/10/18/programma-di-lotta-sapienza-2024/) – e parallelamente un lavoro costante di presenza all’interno dell’ateneo e delle sue facoltà.

Il primo versante di campagna generale ha dato i suoi ottimi risultati perché ha risposto alla tendenza in atto alla politicizzazione di tanti e tante studentesse che colgono il portato della crisi in corso: futuro precario è futuro di guerra, è ricerca e saperi al servizio della morte, è un sistema universitario specchio di un sistema sociale ed economico insostenibile e da ribaltare. Le grandi mobilitazioni per la Palestina e il boicottaggio accademico contro Israele che durante lo scorso anno accademico abbiamo promosso e rafforzato in tanti atenei d’Italia ne sono esempio.

Ma è anche un altro il punto di forza di questa campagna: l’aver rappresentato un punto di riferimento per studenti che si sono attivati all’interno delle proprie facoltà o a partire dalle proprie esigenze materiali, contro la mancanza di aule o per le strutture inagibili, contro molestie e abusi subiti, contro la mancata erogazione di borse e per nuovi studentati, contro corsi e insegnamenti ideologizzati, contro il revisionismo storico nelle aule di Lettere. Non in tre mesi di campagna ma in due anni di presenza all’interno delle nostre facoltà e dipartimenti, pronti a rispondere – ora anche come rappresentanti – alle contraddizioni dei contesti che viviamo ogni giorno, sono triplicati i voti di Cambiare Rotta.

E se questi risultati rendono chiaro che sempre più capillarmente dovremo essere presenti nei nostri dipartimenti e facoltà, confermano anche che le battaglie per il diritto allo studio a DiSCo Lazio, le tende per il diritto all’abitare, le raccolte firme per aule e spazi, non sono state un fuoco di paglia: da oggi anzi lavoreremo ad affinare strumenti nuovi per rispondere sempre meglio alle necessità, spesso materiali e concrete, di una comunità studentesca che viene sempre più impoverita e messa da parte, mentre le priorità dell’università virano altrove.

Su queste prorità è ancora più chiaro che si gioca una partita a livello nazionale: lo sciopero studentesco del 15 novembre ha colto nel segno come No Meloni Day anche perché ha visto sfilare un “somaro” di nome Bernini, attaccando il taglio al FFO, la riforma del pre-ruolo che rende strutturale il precariato nella ricerca, la riforma in arrivo che proseguirà e peggiorerà la famosa e infame Gelmini. Su questi temi in tutti gli atenei e a livello nazionale si deve riprendere iniziativa, ma l’indicazione che arriva dalla Sapienza è anche quella di dare rappresentanza a chi non vuole pagare il prezzo di queste riforme e a chi sente la necessità di un nuovo modello di università, una necessità che nessuna organizzazione sta davvero mettendo all’ordine del giorno. Già in primavera il CNSU sarà un primo banco di prova di questa sfida, e nel frattempo continua la lotta e a partire dal 30 novembre l’università scende in campo: cambiare l’università, conquistare un futuro!