IL 13 DICEMBRE SCIOPERO GENERALE CONTRO LA MANOVRA FINANZIARIA.SCIOPERIAMO PER #MINIMO10MILIARDI PER UNIVERSITA’ E RICERCA!

Universitari in piazza a Milano e Roma insieme ai lavoratori contro guerra, sfruttamento e precarietà. 9-12 dicembre: settimana di agitazione nazionale universitaria!

Venerdì 13 dicembre l’Unione Sindacale di Base ha proclamato uno sciopero generale e generalizzato contro la recente legge di bilancio del governo Meloni che, a fronte di una crescita stabile degli investimenti in industria bellica, ricerca militare e sostegno incondizionato ad Israele, prevede unicamente austerità per lavoratori e pensionati, mancanza di prospettive per i giovani e tagli al welfare pubblico. La manovra finanziaria in questione, fatta di politiche lacrime e sangue, colpisce a pieno anche il mondo accademico attraverso il taglio al MUR di diversi milioni (circa 600) nei prossimi tre anni, che arriva a seguito del taglio al Fondo di Finanziamento Ordinario 2024 pari a 173 milioni che, indicizzato al tasso di inflazione, equivale circa a mezzo miliardo.

Questa nuova stagione di tagli, a seguito dei finanziamenti sopraggiunti al mondo accademico attraverso la quarta missione del PNRR, volti ad adeguare l’università italiana agli standard competitivi europei, sopraggiunge a seguito di una precedente stagione di tagli pari, tra il 2008 e il 2021, a circa 5 miliardi di euro. Il definanziamento del Fondo di Finanziamento Ordinario negli ultimi decenni ha comportato un progressivo smantellamento dell’università pubblica in questo paese, aprendo la strada ai processi di privatizzazione e aziendalizzazione della formazione terziaria. All’interno di questi processi, il diritto allo studio universitario è stato oggetto di forti attacchi, attraverso la riduzione delle borse di studio, il taglio del welfare universitario (mense, libri, materiale didattico, presidi sanitari) e il calo degli studentati pubblici a vantaggio della partnership col privato.

Una condizione, questa, che trova direttamente riscontro nei dati sulla percentuale di laureati dove il nostro paese, ben lontano dalla media europea, si colloca tra i fanalini di coda della classifica europea. In questi mesi abbiamo visto concretamente quale siano le ricadute in termini di diritto allo studio delle politiche di austerità di questa classe politica subalterna ai diktat UE: rincari delle mense, come successo nel Lazio, condizioni fatiscenti degli studentati pubblici, quale il caso di Genova, sfratti all’ordine del giorno, mancanza di centri anti-violenza e progressiva espulsione delle fasce popolari dal mondo universitario.

Accanto al DSU, i tagli all’università hanno colpito la qualità dell’offerta formativa che, subalterna ai criteri di valutazione aziendalistici dell’ANVUR, sta andando incontro a un progressivo impoverimento per via della mancanza di finanziamenti, come sta accadendo in diverse università con il taglio e l’accorpamento di corsi di studio. A ciò si aggiunge il peggioramento delle condizioni del personale tecnico-amministrativo e dei lavoratori del mondo universitario i quali sono andati incontro a un progressivo peggioramento delle loro condizioni contrattuali e salariali per via di esternalizzazioni, appalti e cooperative infami.

Questo quadro restituisce un’immagine dell’università come un’istituzione che ha perso la sua funzione storica di ascensore sociale e di emancipazione individuale e collettiva: il costo sempre più elevato dell’istruzione terziaria esclude sempre più giovani dall’università e anche chi vi accede si trova di fronte a prospettive sempre più incerte e precarie. Pensiamo a quanti volessero ottenere l’abilitazione all’insegnamento che oggi si trovano di fronte al percorso dei 60 CFU il quale, con costi proibitivi (2500 euro annui), aggiunge un ulteriore anno di studi e di tirocini gratuiti. Non migliore è la condizione per gli studenti che volessero intraprendere una carriera nella ricerca accademica, i quali intravedono un orizzonte fatto di povertà e precarietà.

Gli ingenti tagli anche al comparto della ricerca, l’immissione di 8 miliardi con il PNRR, che non saranno seguiti da una stabilizzazione e il recente DDL Bernini sui percorsi post-doc che aumenta da tre a cinque le figure precarie nel mondo della ricerca parlano di un comparto che conta oltre 35.000 precari e che non ha alcuna prospettiva di stabilizzazione. Di fronte a questa situazione, di cui sono responsabili tutta la nostra classe politica, dal centrodestra al centrosinistra, e i sindacati concertativi, che troverà un’accelerazione con il governo Meloni e la manovra finanziaria, aderiamo allo sciopero dell’USB chiedendo al governo lo stanziamento di almeno ulteriori 10 miliardi per l’università e la ricerca, come misura minima per sanare annose questioni quali il diritto allo studio, la condizione della didattica universitaria, la situazione del personale tecnico-amministrativo, la stabilizzazione dei precari della ricerca e il finanziamento per una ricerca libera e al servizio dei bisogni della collettività. Una richiesta, questa, assolutamente comprensibile se si considera che il nostro governo ha deciso di spendere 8,2 miliardi per l’acquisto di moderni carri armati tedeschi per assolvere le politiche guerrafondaie dell’imperialismo occidentale: vogliamo che questi miliardi, sempre presenti per soddisfare le necessità di guerra, vengano riconvertiti in spesa pubblica per università e ricerca e tutti quei settori di spesa pubblica cosi come già durante la pandemia era emerso come necessario.

Vogliamo che cessi qualsiasi tipo di collaborazione tra i nostri atenei e l’industria bellica, tra i nostri atenei e le istituzioni israeliane complici del genocidio in Palestina e dell’escalation bellica in tutto il Medioriente come sostiene la Rete Università e Ricerca per la Palestina che ha giustamente colto la necessità di rappresentare i percorsi per la Palestina e il boicottaggio accademico all’interno dell’unica data di sciopero nazionale di questo autunno che da centralità a questi temi all’interno della piattaforma. Saremo perciò in piazza a Roma e a Milano questo 13 dicembre insieme ai precari della ricerca, docenti, TAB, lavoratori del mondo della formazione USB Ricerca, USB Università e a tutti quei settori lavorativi e sociali più combattivi che ogni giorno lottano e si organizzano contro questa classe politica tutta che, prona agli interessi guerrafondai dell’imperialismo euroatlantico, vorrebbe trascinarci sempre più in guerra, facendone ricadere i costi sui lavoratori, gli studenti e le fasce popolari di questo paese, reprimendole, anche alla luce del DDL 1660, qualora alzino la testa per riprendersi il presente e conquistare un futuro.

Il 13 dicembre scenderà nelle piazze quella parte consapevole di società che intende costruire un’opposizione credibile e indipendente da quanti negli anni hanno attuato e approvato le peggiori politiche antipopolari e che oggi invece si stracciano le vesti. Nei giorni precedenti, dal 9 al 12 dicembre, saremo presenti nelle università e nelle facoltà di questo paese per una settimana di agitazione in avvicinamento a questo appuntamento tramite iniziative di discussione, flashmob e altri momenti.

Contattaci per organizzarti nella tua università verso lo sciopero generale e generalizzato del 13 dicembre e per scendere con noi in piazza.

CONTRO GUERRA, TAGLI E RIFORMA PER #MINIMO10MILIARDI: 13 DICEMBRE IN PIAZZA!STUDENTI E OPERAI FIGLI DELLA STESSA RABBIA!