IL CAPITALISMO DISTRUGGE LA BIODIVERSITÀ: LA BREVETTAZIONE DEL GENOMA È INSOSTENIBILE!

La parte della COP16 in corso a Roma dal 25 al 27 febbraio è l’occasione per stabilire un nesso tra le politiche di rapina che le industrie sementiere, multinazionali agrochimiche e biotech stanno portando avanti in tutto il mondo: dal Sud America all’Europa, dalle popolazioni indigene ai piccoli produttori agricoli.

Il nodo della digitalizzazione dei genomi e appropriazione privata mediante brevetto è al centro della discussione sia della Conferenza delle Parti sulla Biodiversità, sia al Parlamento Europeo ed Italiano.

La questione è sempre la stessa: la possibilità di brevettare una sequenza genica trasferisce la proprietà dei semi (eliminando di conseguenza la possibilità di riprodurli e scambiarli liberamente) dai produttori ai grandi gruppi privati che possiedono teniche e finanze per produrre questi brevetti. La ripercussione più diretta denunciata dalle popolazioni indigene è l’esposizione alla biopirateria, con l’appropriazione privata di varietà selezionate da secoli di agricoltura locale.
In particolare, il dibattito della puntata romana della COP16 verte attorno all’istituzione di un fondo di ripartizione dei benefici derivanti dallo sfruttamento commerciale della biodiversità, che per noi somiglia più a un fondo di compensazione per la biopirateria. Una misura vergognosa di compensazione per la privazione di diritti (al cibo e alla salute) che non dovrebbero essere neanche in discussione.

Il discorso però non finisce qui. Da decenni infatti la produzione globale di cibo è fortemente condizionata dalla presenza di sementi brevettate in quanto geneticamente modificate per potenziarne determinate caratteristiche. Vari sono i meccanismi innescati dalla loro diffusione: l’attacco alla biodiversità, in quanto specie pensate per la monocoltura estensiva; l’inquinamento ambientale, poiché la loro coltivazione richiede un massiccio ricorso a pesticidi; il pericolo per i piccoli produttori di incorrere in cause che li manderebbero in rovina se i loro campi vengono contaminati da specie con genoma brevettato.

Anni di lotte hanno fatto sì che in UE sia coltivata ad oggi una sola specie geneticamente modificata, e che viga l’obbligo di tracciabilità ed etichettatura per gli OGM. In Italia, in particolare, nessun OGM poteva essere finira coltivato.
Oggi però l’attacco alla biodiversità proviene anche da questo fronte, con il tentativo di introdurre in UE le “Tecniche di Evoluzione Assistita” (TEA).

Le TEA presentano come i “vecchi” OGM il problema della brevettazione, ma a differenza loro vengono spacciate come indistinguibili dalle mutazioni che avvengono in natura o tramite selezione tradizionale. Nonostante vari studi ne abbiano messo in dubbio la veridicità, è in virtù di queste affermazioni che il Parlamento Europeo ha approvato la deregolamentazione delle sementi ottenute con TEA, prospettando profitti stellari per le compagnie che stanno producendo i brevetti (BASF, Bayer-Monsanto, Corteva, Sygenta..).

Ora la palla è passata al Consiglio Europeo che avrà l’ultima parola, mentre in Italia il Ministero dell’Ambiente e quello dell’Agricoltura hanno forzato la mano, autorizzando già varie sperimentazioni in campo aperto a cavallo tra il 2024 ed il 2025.
Contro questa presa di posizione del Governo e di Coldiretti a sostegno degli interessi delle big dell’agrotech sono già scese in campo in varie forme (dal volantinaggio al presidio alla falciatura) tante realtà di attivisti, contadini e consumatori.
È di appena una settimana il ricorso al TAR di Centro Internazionale Crocevia, Associazione Rurale Italiana e Associazione di Base dei Consumatori per bloccare la legge che autorizza le sperimentazioni “facili” varata da questo Governo.

Come EcoResistenze sosteniamo questa necessità di opporsi alla privatizzazione del vivente scendendo in piazza come abbiamo fatto oggi davanti alla FAO, prendendo parola negli atenei (centro di produzione delle soluzioni “tecniche” ai problemi sistemici) e confrontandoci con organizzazioni e associazioni contadine, come abbiamo fatto in questi mesi.

La questione delle agrotecniche rappresenta un’importante manifestazione delle contraddizioni del modo di produzione capitalistico, che si appella alla tecnica prima per imporre alla Natura ritmi di riproduzione insostenibili, e poi per riparare ai danni fatti (esempio impoverimento dei suoli dato dal ricorso all’agricoltura intensiva) proponendo soluzioni che aggravano ulteriormente la situazione (esempio pesticidi). In particolare poi, tramite gli OGM si promette di adattare le colture ad un clima in rapido cambiamento, risultando invece in un ulteriore attacco alla biodiversità, oltre che nella definitiva sussunzione della produzione agricola (non solo macchinari ma anche sementi, fino a singoli tratti genetici) alla logica del profitto.

Questo sistema distrugge la biodiversità: sradichiamolo!