Strage in Turchia: come ieri in Italia la mano è fascista, la mente è dello stato #katildevlet
La strage di manifestanti scesi in piazza ad Ankara sabato mattina per chiedere allo stato turco la pace immediata e la cessazione del conflitto contro il popolo curdo, ricorda molto da vicino una strategia spesso usata da molti governi per combattere un nemico interno e per creare il panico tra la popolazione.
Quella che in Italia è stata definita “strategia della tensione”, utilizzata a suo tempo per contenere l’avanzata dei movimenti popolari, operai e di sinistra, sembra ripetersi oggi in Turchia, dove il presidente Erdogan sta reagendo con la più violenta repressione al mancato raggiungimento della piena vittoria politica alle elezioni di giugno. Il compimento di questo programma è dato oggi dall’utilizzo pretestuoso di combattere i tagliagole dell’Isis, creatura finanziata e armata anche dagli apparati dello stato turco, per bombardare i villaggi curdi.
Questa ennesima strage è infatti solo l’ultimo e più cruento degli attacchi portati negli ultimi mesi al popolo curdo, alle sue organizzazioni e ai movimenti popolari, democratici e di sinistra: il 5 giugno, 2 giorni prima delle elezioni, un ordigno esplose durante un comizio di Demirtas, leader dell’HDP, facendo 5 morti e oltre 400 feriti. Il 20 luglio un’altra bomba uccise 33 attivisti curdi e turchi che stavano partendo per ricostruire Kobane. Senza poi contare le decine di attacchi alle sedi o a singoli attivisti dei partiti di opposizione, la repressione selvaggia, fatta di arresti arbitrari ed esecuzioni sommarie, la militarizzazione del Kurdistan turco e i bombardamenti su città e villaggi.
Di certo non stupisce l’imbarazzo che i rappresentanti della Nato e dei Paesi membri denotano intervenendo pubblicamente a difesa del loro alleato turco.
Del resto sanno bene che anche loro non si sono certo fatti scrupoli, negli anni, ad usare gli stessi infami espedienti per garantirsi il potere e farsi legittimare col voto delle proprie popolazioni sfruttando il senso di paura e di insicurezza instillati nelle stesse.
Per tutti questi motivi, come campagna Noi Restiamo, abbiamo ritenuto di fondamentale importanza rompere il silenzio, l’indifferenza e l’omertà verso la violenza stragista del regime turco lasciando uno striscione alla stazione centrale di Bologna. È questo un luogo simbolo dell’infame strategia della tensione portata avanti dal nostro Stato in combutta con l’eversione fascista per più di un decennio e che ha indelebilmente macchiato la propria credibilità democratica col sangue della sua stessa popolazione.
Invitiamo pertanto tutti a partecipare all’iniziativa di venerdì 23 ottobre, alle 17.30 al CSO TerzoPiano di via Irnerio 13/15 dove, con Marco Santopadre del giornale online Contropiano.org e un compagno in collegamento dal Kurdistan, metteremo insieme i fatti di sangue che stanno dilaniando la Turchia per capire a chi fa gioco tutto questo, distinguendo nettamente tra vittime e carnefici. In quell’occasione, lanceremo anche una proposta di mozione, da far votare al consiglio comunale di Bologna, affinché prenda le distanze dal regime di Erdogan e dai vigliacchi ed infami attacchi che sta portando avanti verso la minoranza curda e gli oppositori politici.