Intervista alla lista universitaria Antitesi: una sperimentazione di lotta nell’Università di Torino
In diverse università italiane si terranno quest’anno le elezioni dei rappresentanti degli studenti, un appuntamento che cade in un contesto storico per le giovani generazioni inedito ed estremamente complesso come quello della pandemia da Covid-19.
Da anni come Noi Restiamo denunciamo come l’Università sia al centro di una profonda trasformazione sotto la spinta delle politiche sovranazionali: un indirizzo che ha trovato d’accordo governi tanto di destra quanto di sinistra che hanno contribuito a smantellare, gradino su gradino, la formazione pubblica. Alle lotte e alle mobilitazioni quotidiane che portiamo avanti sui territori e a livello nazionale si aggiunge quest’anno un nuovo strumento, quella della rappresentanza universitaria che alcuni compagni e compagne hanno scelto di sperimentare in alcuni atenei.
Riportiamo qui di seguito l’intervista fatta ai compagni di Torino che con la lista Antitesi si candideranno alle elezioni universitarie di Unito il 23-24-25 di marzo.
Già da anni Noi Restiamo interviene sul piano cittadino e universitario, costruendo analisi dei mutamenti che lo attraversano e contemporaneamente costruendo mobilitazioni (tra le altre, ricordiamo la campagna contro l’apertura del Burger King negli spazi dell’università, quella contro la criminalizzazione degli studenti antifascisti e quella più recente per il blocco delle tasse universitarie). Perché avete deciso, oggi, di dotarvi di un ulteriore strumento come la lista di rappresentanza Antitesi e come è maturato questo nuovo impegno?
Il ragionamento collettivo che ha portato alla creazione di questo strumento parte da lontano: già alle precedenti elezioni universitarie, avvenute a poca distanza dalla mobilitazione contro l’apertura di un Burger King all’interno della palazzina Aldo Moro, di proprietà di Unito, abbiamo iniziato ad interrogarci sull’inefficacia delle attuali proposte di rappresentanza e sulla conseguente disaffezione degli studenti verso la dinamica elettorale (alle scorse elezioni l’affluenza è stata inferiore al 10%).
Contemporaneamente, nel corso delle mobilitazioni, e in particolar modo durante quella dello scorso autunno per il blocco delle tasse, ci siamo resi conto di come da una parte le rivendicazioni provenienti dalla piazza fossero più avanzate di quelle che venivano portate dentro gli organi dalle sedicenti rappresentanze “di sinistra”, che sistematicamente ne hanno “spuntato” l’impatto; dall’altra di come quelle stesse rappresentanze, pur avendo accesso a strumenti e dati che avrebbero permesso una maggior incisività delle mobilitazioni stesse, non li abbiano messi a disposizione degli studenti.
In sintesi, ci siamo resi conto di quanto la “cinghia di trasmissione” delle rivendicazioni espresse dagli studenti verso le sedi del potere politico si fosse ormai spezzata. Da qui l’esigenza di dotare le mobilitazioni (che sono per noi il luogo dove costruire rapporti di forza favorevoli, dato anche lo scarso potere dei rappresentanti degli studenti all’interno degli organi) dello strumento-Antitesi, mettendo al centro il suo essere fondata all’interno delle lotte, delle quali deve rappresentare la parte più avanzata, pena l’irrilevanza politica e lo scadere nel burocratismo, nella mera gestione dell’esistente.
Si è accennato ai mutamenti che in questi anni hanno attraversato l’Università, trasformandola nel senso di una sempre maggiore esclusione delle fasce più deboli e di una sempre maggior sudditanza agli interessi del privato. Con il Covid19 questa dinamica si è accentuata, facendo emergere molte delle contraddizioni di questo modello. Quali sono le principali battaglie da portare avanti perché si abbia una reale inversione di rotta?
Crediamo che la pandemia, oltre a far emergere con violenza le difficoltà materiali sempre più grandi che affrontiamo durante gli studi, abbia anche reso evidente quanto gli interessi dell’amministrazione universitaria e quelli degli studenti siano diametralmente opposti. Da un lato infatti c’è una generazione impoverita, che finora era riuscita a barcamenarsi tra lavoretti sempre più malpagati e precari e costi in crescita; dall’altro c’è un’istituzione universitaria completamente piegata ai voleri delle grandi imprese, con le quali agisce come un qualsiasi soggetto di mercato e che non ha nessuna intenzione di affrontare le difficoltà degli studenti, perché incompatibili con i suoi obiettivi “d’impresa”.
Di fronte a questa situazione, crediamo ci siano una serie di misure immediate da mettere in atto, a cominciare dal blocco delle tasse universitarie, proseguendo poi con un vero investimento in edilizia residenziale studentesca (ad oggi in Piemonte esiste circa un posto letto ogni 50 studenti, contro una media italiana di 1 su 30 ed una tedesca di 1 su 14!) ed un aumento delle collaborazioni retribuite per studenti, che potrebbero strappare molti dallo sfruttamento e dalle condizioni in cui sono costretti. Queste, tuttavia, si intersecano con una critica complessiva a questo modello di università, che è pienamente complice della speculazione in atto in città (su cui abbiamo scritto qui), prestandosi anche ad operazioni di greenwashing (come nel caso degli studi commissionati da TELT, società costruttrice della TorinoLione).
Chiediamo quindi che UniTo interrompa le collaborazioni con aziende complici della devastazione di interi territori, che smetta di svendere i suoi spazi, tramite la pratica del project financing, ad imprese private, e che si adoperi per una ricerca veramente pubblica, fuori dai vincoli del trasferimento tecnologico, che l’hanno asservita ai voleri delle imprese private, privatizzando i guadagni e scaricando sul pubblico i costi di ricerca e sviluppo.
Nel vostro manifesto politico definite Antitesi come una rappresentanza politica, di rottura, e partecipativa: in che modo queste parole d’ordine rappresentano la vostra idea di rappresentanza universitaria?
Antitesi nasce dalle battaglie che in tutti questi anni come Noi Restiamo abbiamo portato avanti in Università, per denunciare un modello formativo irriformabile e che dalle sue fondamenta va ribaltato: quest’idea non va assolutamente trascurata nel momento in cui si sceglie di dotarsi di uno strumento nuovo come quello della rappresentanza studentesca.
Il nostro non può essere un ruolo tecnico, volto a migliorare o a rendere l’Università più efficiente, sostituendosi alle segreterie di Ateneo, ma tutto politico, perché anche quelle più piccole mancanze che come studenti percepiamo (dalla mancata attivazione di un corso con pochi iscritti, alla chiusura di un’aula studio autogestita) sono il risultato di scelte politiche che l’Università ha fatto. Sta a noi, in primis come rappresentanti trasparenti e informati su ciò che accade nei luoghi in cui studiamo, costruire una risposta collettiva e organizzata che è ovviamente politica. Con la pandemia inoltre, è diventato ancora più evidente che l’Amministrazione universitaria si fa portatrice di interessi opposti ai nostri, diventando mera esecutrice di politiche governative. Se questo è il livello dello scontro in atto non possiamo pensare, anche all’interno degli organi, di sedersi ai tavoli della contrattazione con rivendicazioni al ribasso, ricercando un dialogo con un’amministrazione sorda alle istanze degli studenti.
La strada del compromesso, perseguita anche dalle rappresentanze di sinistra che da anni si occupano di sindacalismo fra gli studenti, ci ha condotto all’attuale situazione. Per noi ogni lotta, anche la più vertenziale, è in realtà altamente politica ed è un passo in avanti per la costruzione di un’ università che deve essere completamente differente da come lo è stata finora. Per farlo ovviamente la lotta all’interno degli organi non è sufficiente, per questo vogliamo sfatare il “mito della delega” di cui sono investiti i rappresentanti. Una manciata di voti non sopprime gli accordi che il nostro ateneo ha con l’industria appaltatrice del TAV o con le Università israeliane complici dell’occupazione e dei bombardamenti dei territori palestinesi, così come non può sbloccare fondi straordinari per il diritto allo studio universitario.
Occorre costruire una forza maggiore, nelle lotte reali, partecipate, dove la rappresentanza studentesca può essere l’espressione più avanzata delle istanze degli studenti e di quelle lotte, un’arma in più per far sentire, anche negli organi, le nostre ragioni. Per questo motivo abbiamo costruito Antitesi, prima di tutto come progetto aperto e come appello alla partecipazione che abbia l’obiettivo di porsi in antitesi, appunto, con lo stato di cose presenti.
A Torino le elezioni studentesche si terranno il 23-24-25 marzo. Che cosa farà Antitesi dopo questa data?
La pandemia ha reso ancora più evidenti le storture del modello di università che abbiamo conosciuto in questi anni: un modello elitario, sempre più privatizzato e polarizzato da Nord a Sud sulla base dell’autonomia scolastica. Con la retorica della meritocrazia e dell’eccellenza hanno per anni giustificato le enormi differenze di classe che l’Università, invece di appianare, riproduce e amplifica.
Questo aspetto strutturale non cambia nemmeno con il nuovo Governo Draghi e con la nuova ministra dell’Università e Ricerca Maria Cristina Messa, anzi. Si parla tanto di utilizzare i soldi del Recovery Fund per l’istruzione, ma quale sarà l’indirizzo politico che prenderà l’Università? Su questo si apre una battaglia che è tutta da giocare. Da parte nostra continueremo a portare avanti le nostre rivendicazioni indipendentemente dal risultato elettorale, convinti che è per ribaltare l’attuale paradigma formativo e sociale è necessario costruire una forza che davvero sappia incidere nella realtà.
Le elezioni certamente sono un momento in cui c’è un’ attenzione maggiore su determinate tematiche che tuttavia, non possono essere risolte nemmeno in due anni di mandato. Per questo è necessario un lavoro capillare che continuerà, esattamente come abbiamo sempre fatto in questi anni, su temi fondamentali volti a costruire un’università davvero pubblica e accessibile a tutti, senza accontentarsi delle briciole che finora sono state elargite né cedendo agli inganni retorici con cui dipingono l’Università digitalizzata e sostenibile che le politiche europee vorrebbero.
Nelle prossime settimane sarà sicuramente centrale il tema delle tasse universitarie (sul quale già ci stiamo mobilitando) che nel caso di Torino sono rimaste invariate a distanza di un anno. Siamo di nuovo in zona rossa, la scuola si è bloccata un’altra volta ma i costi dell’istruzione non si sono mai fermati, anzi la contribuzione studentesca è in crescita da anni : si avvicina la scadenza della terza rata (31 marzo) e molti di noi non sanno come pagarla. Un discorso analogo è quello degli affitti: come Antitesi abbiamo seguito da vicino il caso di Totta, studentessa precaria e sotto sfratto da inizio anno perchè rimasta senza fonte di reddito, riuscendo, insieme ad altre forze politiche e sociali a rinviare lo sfratto fino al 20 aprile, data per la quale ci stiamo fin da subito attrezzando.
Il nostro impegno non finirà dopo il 25 marzo, anche perché siamo ben consapevoli che non è il voto ma la lotta che decide.