Francia: Una gioventù sfaccettata
Riassunto dell’inchiesta de l’institut Montaigne sui giovani in Francia
L’inchiesta è stata realizzata a settembre 2021.
Con le elezioni presidenziali a pochi mesi di distanza, questo sondaggio mira a dipingere un ritratto della gioventù francese tra i 18 e i 24 anni. Grazie ad un ampio campionario (8.000 giovani rappresentativi della Francia metropolitana), fornisce una migliore comprensione delle diverse componenti della gioventù in tutta la loro diversità. L’indagine, condotta nel settembre 2021, in un momento di tregua dalla pandemia, analizza le difficoltà incontrate dai giovani francesi nella loro vita quotidiana, i loro orientamenti sociali e politici e gli effetti della crisi Covid-19 sulla vita dei giovani. Sono stati resi parte dell’inchiesta anche 1000 persone in rappresentanza della generazione dei genitori (tra i 46 e i 56 anni) e 1000 tra i Baby Boomers (tra i 66 e i 76 anni). Di conseguenza, l’indagine non solo permette un confronto intra-generazionale, ma anche di verificare se ci sono possibili linee divisorie tra le varie generazioni.
Una generazione generalmente felice, alla ricerca di un “senso” e che aspira alla mobilità all’interno del territorio nazionale, nonché a livello internazionale
Nonostante le numerose difficoltà che i giovani possono incontrare e che sono state amplificate dalle conseguenze della crisi di Covid-19 (inserimento nella vita professionale, sviluppo di amicizie e relazioni, difficoltà finanziarie, ecc) l’indagine non fornisce un quadro allarmante dello stato morale dei giovani francesi di cui l’82% si definisce complessivamente felice nonostante le difficoltà che devono affrontare.
Emergono tre risultati principali riguardo alle difficoltà incontrate dai giovani:
– Le difficoltà più grandi incontrate dai giovani sono correlate alla situazione finanziaria dei genitori, e in particolare alla loro capacità di aiutarli materialmente; meno dalla loro origine sociale o dalla loro collocazione territoriale. Tuttavia, l’indagine mostra che le difficoltà incontrate in termini di relazioni sociali, siano esse familiari, amicali o sentimentali, hanno un impatto maggiore sulla sensazione di infelicità rispetto alle difficoltà materiali. Pertanto, la qualità delle relazioni sociali sembra essere una delle componenti essenziali del benessere dei giovani.
– L’effetto negativo della Covid-19 percepito dai giovani francesi è chiaramente più pronunciato rispetto alla generazione dei genitori e a quella Baby Boomers: alunni e studenti hanno risentito di un forte contraccolpo emotivo dalla quarantena che ha fortemente influenzato i loro studi. In particolare, l’indagine mostra che l’impatto psicologico negativo è stato avvertito con maggiore intensità dai giovani più precari e in difficoltà socioeconomiche. È difficile valutare se l’impatto della crisi sanitaria sui giovani sarà di lunga durata, ma si teme che possa persistere tra i giovani il cui percorso di studi è stato interrotto durante la crisi.
– Infine, se i giovani francesi sono generalmente soddisfatti dell’impegno dimostrato giorno dopo giorno dai loro insegnanti, è vero anche che un tasso molto significativo (il 41%) non prosegue gli studi. Sebbene questa situazione sia legata agli effetti della crisi sanitaria, sembra che la sensazione di essere stati mal orientati nella loro formazione scolastica sia il fattore principale di insoddisfazione nei confronti dell’istituzione scolastica. Questa sensazione di uno scarso orientamento contribuisce a svalutare l’utilità degli studi agli occhi dei giovani, ed è tanto più marcata quanto più basso è il loro livello di istruzione. Questa percezione può costituire un serio ostacolo al successo di qualsiasi tentativo di porre rimedio alle difficoltà educative dei giovani più svantaggiati dopo la fine del loro percorso scolastico iniziale, nonché al successo di qualsiasi tentativo di politiche ambiziose a favore di un apprendimento più lungo nell’arco della vita.
In secondo luogo, l’indagine dimostra che la maggior parte dei giovani non mostra una mentalità utilitaristica o strumentale nei confronti del lavoro. I giovani francesi sembrano essere, in modo più marcato rispetto alle generazioni precedenti, alla ricerca di un “significato” ed esprimono la voglia di scegliere un lavoro per passione, anche se questa scelta viene fatta più spesso da giovani che provengono da famiglie con un alto tasso di capitale culturale e in particolare dalle donne. I giovani sono anche meno legati rispetto a genitori e nonni al loro paese e alle loro radici locali. Esprimono il desiderio di mobilità geografica, di vivere in città di medie dimensioni e una percentuale significativa (il 21%) di vivere all’estero. La zona di Parigi è fortemente trascurata. Tuttavia, si distinguono due tipologie di giovani: da un lato giovani “rurali”, di estrazione più popolare, spesso lavoratori, che sono più legati al loro territorio e, dall’altro lato, i giovani di città, generalmente studenti di scuola o universitari, di estrazione sociale più privilegiata e/o di origine extraeuropea, che preferiscono un ambiente metropolitano.
Nessuna frattura generazionale
I risultati dell’indagine mostrano certamente cambiamenti generazionali, ma non divergenze radicali: le differenze sono graduali senza che si possa parlare di una vera e propria frattura generazionale. Se i giovani francesi si differenziano dalle generazioni precedenti, è su punti meno citati nel dibattito pubblico e mediatico e soprattutto nel solco di una tendenza a sganciarsi e disinteressarsi sempre più dalla politica, in un chiaro indebolimento dell’attaccamento alla democrazia e una maggiore tolleranza verso la violenza in politica. Tuttavia, le diverse generazioni sono tutte d’accordo sulla necessità di riformismo politico e sull’importanza dell’utilità del voto, nonostante la sfiducia espressa nei confronti del mondo politico. ,a si rivela anche una gioventù sempre più toccata dalle questioni sociali . Il 64% dei giovani ritengono che la società francese debba essere migliorata progressivamente da riforme necessarie. E molte di queste preoccupazioni tra cui le violenze di genere, il terrorismo e l’ecologia, sono condivise con la generazione dei genitori e dei baby boomers. Il 52% dei giovani trova cruciali le questioni ambientali contro il 51% dei genitori e il 46% dei baby boomers.
A livello politico, la principale divergenza è la disaffezione politica dei giovani, che è aumentata considerevolmente: il 64% dei giovani mostra segni di disaffezione politica (non collocandosi sulla scala sinistra-destra o non sentendosi vicino a nessun partito), rispetto al 40% della generazione dei loro genitori e al 36% dei baby boomers. Solo una minoranza di giovani si identifica chiaramente a livello politico (36% rispetto al 60% dei genitori e al 64% dei boomers). Solo il 51% dei giovani si sente molto legato alla democrazia, rispetto al 59% dei genitori e al 71% dei baby boomer.
Solo una minoranza di giovani è in grado di trovare la propria posizione politica oggi, con il 43% dei giovani che non ha idee abbastanza precise per posizionarsi sulla scala sinistra-destra (rispetto al 25% dei genitori e al 20% dei baby boomers). Una percentuale significativa di giovani non si identifica con nessuna tendenza politica, per ignoranza o disinteresse, e forse anche per rifiuto.
I giovani condividono con i genitori e i Baby Boomers la sfiducia nei confronti dei leader politici: il 70% dei giovani, il 67% dei genitori e il 57% dei Baby Boomers li considera corrotti.
Tuttavia, questa disaffezione è accompagnata da una forte convinzione democratica, dal momento che il 66% dei giovani pensa che sia utile votare e che le elezioni possano servire a qualcosa (rispetto al 68% dei genitori e al 76% dei Baby Boomers).
Tuttavia, in questo desiderio di protesta, l’aumento della tolleranza verso la violenza politica è preoccupante. Il 49% dei giovani trova “comprensibile” affrontare i rappresentanti eletti per protestare (rispetto al 40% della generazione dei genitori e al 46% dei Baby Boomers) e la tolleranza per i comportamenti trasgressivi è da 2 a 3 volte superiore tra i giovani. 1 giovane su 5 ritiene accettabili e comprensibili gli atti di degrado dello spazio pubblico: questa percentuale molto alta contrasta con la percezione delle altre generazioni. Infatti, meno di una persona su 10 tra la generazione dei genitori e circa una persona su 20 tra i Baby Boomers tollera il degrado dello spazio pubblico.
I giovani non sono una generazione “woke”
Il sondaggio smentisce la convinzione diffusa da alcuni media, nonché da molti analisti e saggisti, che i giovani francesi si siano massicciamente convertiti al “wokismo”, cioè a un’estrema sensibilità per le questioni identitarie e antirazziste – e che siano quindi in diretta opposizione con le generazioni precedenti. È vero che alcuni giovani sono sensibilizzati su queste problematiche identitarie, ma i convinti sostenitori di questa corrente di pensiero, cioè coloro che vi aderiscono senza restrizioni, sono solo una minoranza che va da un giovane su 10 a 1 su 3, a seconda dell’argomento trattato.
Così, per quanto riguarda le questioni relative al “genere” e quelle relative al “razzismo strutturale” (l’idea che le società ex coloniali come la Francia siano strutturalmente razziste), l’indagine mostra che queste idee sono supportate da minoranze con profili molto diversi tra loro. Nel primo caso, soprattutto da donne con un alto livello di istruzione nel settore della sanità. Nel secondo soprattutto uomini con un livello di istruzione più basso e più spesso di origine straniera. Pertanto, l’idea di una gioventù omogenea, “intersezionale”, che condivide tutte le rivendicazioni identitarie di genere e razza, non sembra essere fondata.
Le questioni di genere e i diritti della comunità lgbt non sono tra i temi principali toccati dai giovani, ma seguono quelli più diffusi e condivisi delle violenze sulle donne e della fame del mondo che si rivelano come le priorità dei giovani francesi.
Un dato positivo che questo sondaggio mette in evidenza è che le donne desiderano in futuro avere un ruolo più marcato nell’evoluzione della società. Gli sviluppi sociali e politici sono ora guidati maggiormente dalle giovani donne, differenziandosi notevolmente dalle donne delle generazioni precedenti, mentre la partecipazione agli sviluppi sociali e politici degli uomini non ha subito variazioni significative. Le giovani donne risultano essere una forza trainante nell’evoluzione del dibattito sulle questioni di genere e, in misura minore, sull’ecologia; inoltre, soprattutto rispetto alle generazioni precedenti e anche rispetto all’attuale gioventù francese complessiva, mostrano una crescente tendenza a protestare e scendere in piazza, ma associata a un maggior rispetto per la forma democratica e un maggior rifiuto della violenza politica rispetto agli uomini. Questa differenza di sensibilità, atteggiamenti e comportamenti tra donne e uomini è un dato interessante che offre un contributo notevole a questa indagine.
Quattro tipologie di giovani
I risultati dell’indagine tendono a dimostrare che i giovani francesi non possono essere studiati come un gruppo omogeneo. Lo studio rivela chiaramente una pluralità di profili. I risultati dell’indagine sugli atteggiamenti sociopolitici dei giovani permettono di delineare quattro tipologie giovanili per eccellenza.
– I democratici che manifestano, che rappresentano il 39% dei giovani. Il nome di questo primo gruppo, apparentemente ossimorico, dimostra che non è vero che non possano coesistere una “cultura” della protesta e una partecipazione convenzionale alla politica. Al contrario, l’indagine mostra che la cultura della protesta (partecipazione a manifestazioni, firma di petizioni, ecc.) si combina, per questo gruppo di giovani, con un esercizio più convenzionale di partecipazione alla vita democratica del Paese. Questi giovani sono più interessati di altri alle questioni sociali. Rifiutano in ogni frangente l’utilizzo della violenza politica, restando quindi fortemente attaccati al modello democratico rappresentativo, anche quando si dichiarano insoddisfatti dalla politica e quando non ritengono più sufficiente il solo esercizio del diritto di voto per influenzare le sorti del proprio paese. Il 91% di loro ritiene il voto utile. Sono molto spesso diplomati, e provenienti da famiglie più avvantaggiate. Sono ottimisti verso il futuro e interessati dalle questioni di genere e dall’ecologia.
– I rivoluzionari, che rappresentano il 22% dei giovani. Questi giovani hanno più probabilità di altri di trovarsi in condizioni di disagio psicologico, scontenti di quello che il futuro gli promette e di situazione materiale difficile. Sono favorevoli a un cambiamento radicale e rivoluzionario della società e sono pronti a giustificare la violenza politica per raggiungere questo obiettivo. Sono sensibili al tema del razzismo strutturale della società e hanno un’immagine negativa della politica.
– I disimpegnati rappresentano il 26% dei giovani. Essi sono distaccati da tutte le questioni sociali e politiche. Sono l’antitesi dei democratici manifestanti perché il loro tratto caratteristico è il non esprimere un’opinione politica. Il 63% di loro dichiara non sentire alcuna vicinanza o affinità con un particolare partito, e il 47% non si posiziona sullo spettro politico destra-sinistra. Vivono spesso in zone più rurali e provengono da famiglie lavoratrici. Sono invisibili nel dibattito pubblico e pochi fanno parte di associazioni.
– Gli integrati trasgressivi rappresentano il 13% dei giovani. Nonostante i molti segnali di integrazione economica e sociale, sembrano aver sviluppato una cultura trasgressiva in termini di rispetto delle regole, mostrando una maggiore tendenza e tolleranza per i comportamenti violenti e contro le regole. Sono molto spesso contenti e ben integrati nel sistema, molto territoriali e attaccati al loro luogo d’origine. Poco attaccati invece alla forma democratica.
Genere, capitale culturale e religione, tre fattori che contribuiscono a differenziare le modalità di impegno sociale e politico
Il primo criterio di differenziazione tra i giovani è legato al genere: le giovani donne si sentono più coinvolte nel dibattito pubblico sulle questioni sociali, ma paradossalmente sono meno coinvolte in associazioni e in politica. Questi risultati ci inducono a credere che le attuali forme di impegno politico non siano sufficientemente adatte a loro. Inoltre, il genere risulta essere un discriminante anche per quanto riguarda gli atteggiamenti verso la violenza: la giustificazione della violenza risulta essere più propria degli uomini.
Il secondo importante criterio di differenziazione è il capitale culturale ereditato. È evidente dall’inchiesta che la disuguaglianza culturale influisce sul coinvolgimento e la partecipazione alla vita sociale e politica. Segna, infatti, una chiara linea di demarcazione tra i giovani con un alto livello di capitale culturale ereditato che risultano partecipare alla vita politica in varie forme, e i giovani con un basso livello di capitale culturale ereditato più spesso contraddistinti da un disimpegno totale o dalla violenza politica e dal radicalismo. È possibile (anche se il sondaggio non può dimostrarlo) che la crescente sfiducia nel sistema politico abbia accentuato questa frattura, allontanando sempre più i giovani con minor capitale culturale da qualsiasi forma di impegno, mentre i giovani più culturalmente avvantaggiati non hanno rinunciato a unirsi a forme di protesta o alla partecipazione politica.
La sensazione di essere stati indirizzati male nel proprio percorso scolastico è fortemente associata agli atteggiamenti sociopolitici del gruppo classificato come “rivoluzionario” e senza dubbio alimenta la sua radicalità. L’insoddisfazione nei confronti degli studi è anche un’importante fattore di malessere: c’è un forte legame fra l’insoddisfazione per la scuola e la sensazione di essere infelici. Il capitale culturale della famiglia e la relazione con la scolarizzazione in tutta la sua complessità (successo o insuccesso, soddisfazione o insoddisfazione nei confronti dell’orientamento ricevuto) sembrano quindi essere due elementi costitutivi della segmentazione delle tipologie dei giovani che emerge chiaramente dall’indagine.
Infine, il terzo criterio di differenziazione è costituito dall’origine nazionale e dalla religione, due criteri che sono strettamente collegati. I giovani di origine straniera, e ancor più i giovani di fede musulmana, si distinguono dagli altri per diversi aspetti. In primo luogo, e questo è senza dubbio un punto essenziale, sono in gran parte (il 46%) convinti che la Francia sia una società razzista per natura. Questa convinzione può essere alimentata dalla discriminazione che questi giovani subiscono nel mondo del lavoro e dalle tensioni che vivono con la polizia. La loro convinzione che la Francia sia una società razzista alimenta probabilmente la loro propensione a giustificare la violenza politica e i comportamenti trasgressivi più di altri, anche se non è sufficiente a spiegarli interamente. Notiamo anche che questi giovani vivono in quartieri dove il tasso di criminalità è significativamente più alto, cosa che tende a impattare sui giovani avvicinandoli a una cultura trasgressiva.
L’indagine ha quindi mostrato chiaramente la grande diversità tra i giovani francesi.
QUALCHE CIFRA CHIAVE DELL’INCHIESTA
Il 59% dei giovani trova difficoltose le questioni di denaro.
Il 41% dei giovani descrive i propri studi passati come difficili.
Il 39% dei giovani vuole vivere in una città di medie dimensioni, il 18% in una grande città di provincia, il 7% nell’area di Parigi.
Il 21% pensa di trasferirsi all’estero.
L’82% dei giovani dichiara di essere felice.
Il 62% dei giovani ritiene che le questioni legate all’ambiente, al clima e all’ecologia siano molto importanti e il 28% ritiene che le questioni di genere siano molto importanti.
Il 66% dei giovani ritiene che “sia utile votare perché è attraverso le elezioni che possiamo far cambiare le cose”.
Il 43% dei giovani non ha un’idea chiara su come posizionarsi nello spettro politico “sinistra-destra”.
Il 68% ritiene che i leader politici siano piuttosto corrotti.
Il 51% dei giovani ritiene molto importante (9-10 su una scala di 10 punti) vivere in un Paese governato democraticamente.
Il 25% dichiara di essere “molto disposto” a partecipare a una manifestazione.
Il 26% è molto disposto a ridurre il consumo di carne per combattere il riscaldamento globale
Il 9% è molto disposto a guadagnare meno soldi se l’economia rallentasse al fine di preservare l’ambiente.
Il 22% ritiene giustificato l’uso della violenza per protestare, esprimere la propria rabbia o difendere le proprie idee.
Il 49% ritiene accettabile o comprensibile “affrontare e scontrarsi con i funzionari eletti e rappresentanti politici” per protestare e il 39% “scontrarsi con la polizia”.
Il 16% pensa che “è sempre accettabile” non pagare il biglietto del treno, il 49% che non è mai accettabile, il 36% che è “una via di mezzo”.
L’11% dei giovani è fortemente d’accordo con l’affermazione “le società con un passato coloniale, come la Francia, sono state e rimarranno razziste”.
Il 51% dei giovani afferma che la crisi sanitaria ha avuto un impatto prevalentemente negativo sul loro morale.