SOLIDARIETA’ AD ALFREDO COSPITO, CONTRO IL DIRITTO PENALE DEL NEMICO E PER L’ABOLIZIONE DELL’ART. 41 BIS O.P.

La vicenda di Alfredo Cospito, grazie allo sciopero della fame che sta andando avanti da 45 giorni e alle lotte portate avanti dalle compagne e dai compagni, sta aprendo una breccia nella coltre di totale invisibilità dell’inumanità del sistema carcerario e dell’art. 41 bis O.P.

Un piccolo recap per fare chiarezza: Alfredo Cospito e Anna Beniamino sono accusati di essere gli ideologi del FAI (Federazione Anarchica Informale) e di aver collocato due ordigni a bassa intensità nella Scuola Allievi Carabinieri di Fossano (Torino), ordigni “che non dovevano e non potevano ferire o uccidere nessuno” (cfr. dichiarazioni di Cospito all’ultima udienza).

Per questi fatti sono stati condannati in via definitiva per il reato di cui all’articolo 285 c.p strage politica ossia commessa «allo scopo di attentare alla sicurezza dello stato», punito con l’ergastolo senza alcuna variante di pena anche senza che la strage abbia provocato morti e ciò diversamente dal reato di strage rubricato all’articolo 422 del codice penale, che invece prevede una condanna a una pena non inferiore al 15 anni (e all’ergastolo nel caso di uccisione di qualcuno) chi «al fine di uccidere, compie atti tali da porre in pericolo la pubblica incolumità».

Nella giornata di ieri La corte d’assise d’appello di Torino ha rinviato alla Corte costituzionale la decisione sulla possibilità di concedere le attenuanti ai due anarchici Alfredo Cospito e Anna Beniamino, per i quali il procuratore generale di Torino aveva chiesto rispettivamente l’ergastolo ostativo e 27 anni di carcere per strage politica.

Ma l’iter giudiziario non finisce qui perché per aver inviato articoli alla stampa anarchica, il Tribunale di sorveglianza ha deciso di applicargli l’inumano regime di cui all’art. 41 bis O.P., nel quale il detenuto non può neppure avere accesso a libri o giornali. Nella giornata di venerdì, il Tribunale di Sorveglianza di Roma si è riservato (si è preso tempo per decidere) in merito alla richiesta di interruzione di applicazione di tale regime estremamente afflittivo e paragonabile ad una forma di tortura.

L’utilizzo politico degli apparati giudiziari e polizieschi non è certo una novità, costituendo piuttosto il braccio armato di un organizzazione statuale preposta alla cristallizzazione dei rapporti di forza tra le classi. Lungi dal proclama peloso e ossimorico della “funzione rieducativa del carcere”, il carcere ha funzione afflittiva e costituisce la coda di un diritto penale del nemico, nel quale il nemico di volta in volta identificato in base all’“emergenza” del momento (vera o presunta) si contrappone al resto dei consociati creando uno stato di eccezione permanente. Per contrastare i “nemici” degli ultimi 40 anni infatti (Brigatisti e organizzazioni mafiose), lo Stato si è munito strumenti: le cosiddette leggi d’emergenza: apertura delle carceri speciali (1977), sistematica applicazione (negli anni 80-86), dell’art. 90 a circa 4000 prigionieri cosiddetti “irriducibili”, introduzione di nuove tipologie di reati (art. 270 bis, 280 c.p.), aumenti considerevoli di pena per i reati commessi “con finalità di terrorismo” (1980, cosiddetta Legge Cossiga), durata della carcerazione preventiva fino a 10 anni e otto mesi, divieto di concessione della libertà provvisoria, diffusa pratica della tortura, quale strumento di indagine finalizzato ad ottenere informazioni e a scompaginare e distruggere le organizzazioni combattenti (praticata sistematicamente dal 1978 al 1983) ed infine, per chiudere il cerchio sulla base della dicotomia amico/nemico, legge sui pentiti e sulla dissociazione.

Per combattere la mafia e le altre organizzazioni criminali fu invece introdotto, con il cd “decreto antimafia Martelli-Scotti” del 1991, l’art. 4 bis O.P che sanciva il divieto di concessione dei benefici penitenziari, mentre nel 1992, a seguito della strage di Capaci, entrò in vigore per la durata di tre anni il secondo comma dell’art. 41 bis O.P. che consentiva al Ministro della Giustizia di sospendere per gravi motivi di ordine e sicurezza pubblica le regole di trattamento ordinario[1] nei confronti dei detenuti facenti parti delle organizzazioni mafiose e più in generale di tutti i reati previsti dalla prima parte del citato art. 4 bis. Si trattava di una norma a termine (tre anni) in quanto finalizzata a fronteggiare una situazione di emergenza, ma venne prorogata più volte nonostante fosse venuta meno l’emergenza che ne aveva giustificato l’iniziale introduzione. Nel 2002, con la legge 279, la norma di cui al 41 bis 2° comma venne definitivamente stabilizzata ed in particolare -seguendo sempre la logica delle emergenze- venne sancito il divieto di concessione dei benefici penitenziari nonché l’applicabilità del regime di carcere duro anche ai detenuti e ai condannati per reati con finalità di “terrorismo ed eversione” (a seguito degli attentati alla vita dei professori D’Antona e Biagi da parte delle Brigate Rosse).
Infine nel 2009 è stato addirittura sottratto il controllo giurisdizionale al giudice naturale precostituito per legge stabilendo che giudice unico sia il Tribunale di Sorveglianza di Roma, sono stati aumentati i termini di durata del regime (4 anni per la prima applicazione e due anni per le proroghe), sono stati addirittura posti dei limiti alle visite dei difensori (limiti successivamente dichiarati incostituzionali).

L’anarchico Alfredo Cospito è un esempio di lotta estrema ma giusta! Alfredo non solo sta lottando per se mettendo a rischio la propria vita (è già dimagrito di oltre 24 kg e sta avendo difficoltà ad assumere acqua) ma per tutti i detenuti che in Italia sono nelle sue stesse condizioni di isolamento carcerario. Rispetto a tutto questo noi tutte e tutti, le compagne, i compagni, il movimento antagonista e di resistenza che lotta contro il barbaro regime borghese dobbiamo reagire con forza, non possiamo lasciare solo Alfredo e gli altri prigionieri in questa battaglia dura contro il regime carcerario di annientamento.

Cambiare Rotta – Organizzazione Giovanile Comunista

Di seguito le dichiarazione di Alfredo Cospito all’udienza di appello per il ricalcolo delle condanne nell’ambito del processo Scripta Manent:

” Leggo soltanto quattro righe. Prima di scomparire definitivamente nell’oblio del regime del 41 bis lasciatemi dire poche cose e poi tacerò per sempre. La magistratura della repubblica italiana ha deciso che, troppo sovversivo, non potevo più avere la possibilità di rivedere le stelle, la libertà. Seppellito definitivamente con l’ergastolo ostativo, che non ho dubbi mi darete, con l’assurda accusa di aver commesso una “strage politica”, per due attentati dimostrativi in piena notte, in luoghi deserti, che non dovevano e non potevano ferire o uccidere nessuno e che di fatto non hanno ferito e ucciso nessuno. Non soddisfatti, oltre all’ergastolo ostativo, visto che dalla galera continuavo a scrivere e collaborare alla stampa anarchica, si è deciso di tapparmi la bocca per sempre con la mordacchia medievale del 41 bis, condannandomi ad un limbo senza fine in attesa della morte. Io non ci sto e non mi arrendo, e continuerò il mio sciopero della fame per l’abolizione del 41 bis e dell’ergastolo ostativo fino all’ultimo mio respiro, per far conoscere al mondo questi due abomini repressivi di questo paese. Siamo in 750 in questo regime ed anche per questo mi batto. Al mio fianco i miei fratelli e sorelle anarchici e rivoluzionari. Alla censura e alle cortine fumogene dei media sono abituato, queste ultime hanno l’unico obiettivo di mostrificare qualunque oppositore radicale e rivoluzionario.

Abolizione del regime del 41 bis.
Abolizione dell’ergastolo ostativo.
Solidarietà a tutti i prigionieri anarchici, comunisti e rivoluzionari nel mondo.
Sempre per l’anarchia.

Alfredo Cospito “