STRAGE MIGRANTI IN GRECIA, E’ L’UNIONE EUROPEA CHE FA L’UOMO SCAFISTA
Dopo i 79 accertati nelle prime ore, è’ ancora in corso la conta dei morti, nell’ordine delle centinaia, dopo il naufragio nelle acque a sud-ovest di Pylos, in Grecia, del peschereccio che trasportava oltre settecento migranti dalla Libia, tre volte tanti il limite sopportabile dall’imbarcazione.
Come le morti sul lavoro, come i disastri ambientali, le stragi di migranti nel Mediterraneo sono ormai cronaca di tutti i giorni, tra ipocrite dichiarazioni di cordoglio e rimpalli di responsabilità da parte delle istituzioni nazionali ed europee e proclami di accoglienza, sempre dalla prossima volta, che dall’alto scaricano tutte le responsabilità solamente sugli ultimi attori della catena disumana che ha fatto del Mediterraneo un cimitero a cielo aperto, vale a dire gli scafisti. Così ha fatto la Von der Leyen, così sentiamo puntualmente fare dalla nostra classe politica saturando di mistificazioni il dibattito pubblico.
A monte però del mostruoso fenomeno degli scafisti, ci sono responsabilità politiche, trasmesse da Bruxelles e recepite dai singoli stati, che hanno costruito in questi trent’anni la fortezza imperialista europea di cui le stragi di migranti non sono un effetto collaterale da correggere, ma parte integrante di un sistema di dominio predatorio, guerrafondaio, classista e razzista.
Lo sa bene il popolo greco, massacrato più di tutti nel continente dalle istituzioni europee, che si è subito riversato nelle strade di Atene con determinazione e grande partecipazione, soprattutto giovanile, bruciando le bandiere dell’Unione Europea. Indicando senza ambiguità i mandanti di questa strage e rappresentanti di un modello di sviluppo che come porta sfruttamento e miseria all’interno dei propri confini, è portatore di guerre economiche, finanziarie e direttamente guerreggiate all’esterno, in particolare nel “giardino di casa” africano dove affonda le catene a più alta intensità di sfruttamento del proprio sistema produttivo – e non a caso questo peschereccio veniva dalla Libia, teatro esemplificativo dei risultati delle ingerenze europee e occidentali nel Mediterraneo. Sono l’Unione Europea e gli stati membri responsabili dei processi che costringono centinaia di migliaia di persone a migrare forzatamente, processi che diventano buoni per accaparrarsi quel tanto di manodopera qualificata di cui hanno bisogno i mercati centrali e quelle masse da ricattare nei settori del lavoro povero, alimentando la guerra tra poveri in una gara al ribasso sui diritti del lavoro.
Quel che non serve al mercato e che sfugge al controllo di questi apprendisti stregoni che innescano migrazioni di massa che poi non sono in grado di gestire e che non sono assorbili dal mercato, va respinto con qualsiasi mezzo nel disprezzo più totale della dignità umana, che sia “risolvendo” il problema alla partenza con gli accordi coi governi, finanziando e fornendo mezzi ai tagliagole e ai lager per trattenere i migranti – ricordiamo di nuovo il caso libico, ma lo stesso accade in queste settimane con i viaggi “diplomatici” della Von der Leyen e della Meloni in Tunisia e Algeria – o in ultimo militarizzando i confini, vedi Frontex, e respingendo o lasciando morire in mare chi riesce a partire finendo nelle mani degli scafisti.
Non c’è quindi solo una classe politica che a livello continentale ha sulla coscienza questi morti, ma un intero sistema – incarnato nell’Unione Europea – che strutturalmente produce destabilizzazioni e miseria e migrazioni di massa forzate che vanno a ingrossare le fila dello sfruttamento o si risolvono nelle stragi del Mediterraneo. Puntare il dito solo contro gli scafisti e non mettere in discussione alla base questa impalcatura è funzionale alla perpetuazione di queste morti, rompere la gabbia dell’Unione Europea significa anche smantellare questo meccanismo infermare di morte.