ERASMUS ITALIANO ED EMIGRAZIONE FORZATA? NOI RESTIAMO PER LOTTARE!

È stato recentemente annunciato, da parte del Ministero dell’Università e della Ricerca, la nascita dell’Erasmus italiano con il principale intento di “colmare il gap tra Nord e Sud” e valorizzare l’autonomia degli atenei.

Prima di entrare nel merito della questione, è importante ricordare un’evidenza ormai resa esplicita dalla nostra classe dirigente, ossia che la funzione dell’attuale modello formativo dell’Unione Europea è quella di rispondere alle esigenze del tessuto produttivo europeo e territoriale, in un contesto internazionale che la stessa Von Der-Leyen ha definito “iper-competitivo”. Un contesto che, nella nostra “casa” occidentale, sta acuendo le contraddizioni di una profonda crisi che viviamo da trent’anni e proprio noi giovani generazioni siamo le prime vittime di questo massacro dall’alto, generando una mancanza di prospettive che si esprime non solo in un maggiore stress generalizzato tra gli studenti universitari e medi, ma soprattutto nell’abbandono del percorso formativo che aumenta di anno in anno.

Per quanto riguarda il mondo universitario, non solo si registra un tendenziale calo delle immatricolazioni, ma soprattutto nel meridione questa tendenza sembra inarrestabile e destinata a peggiorare: secondo i recenti dati dell’Anvur, le università del sud hanno perso il 16,7% dei propri iscritti nell’arco di dieci anni; secondo AlmaLaurea, invece, i laureati al sud che emigrano a nord per trovare occupazione lavorativa rappresentano il 50%.

Una situazione impropriamente definita di “fuga” dal Meridione da parte dei media e dalla classe politica, quando sappiamo fin troppo bene che la condizione in cui versano i giovani e gli studenti del sud Italia è esattamente il prodotto voluto dalla classe dirigente europea che non fa “scappare” i giovani, bensì ruba la forza-lavoro più qualificata per destinarla verso il Nord Italia/Europa maggiormente produttivo e competitivo. Infatti l’idea di implementare un “Erasmus Italiano”, che risponde direttamente ai processi di integrazione europea, non solo rafforza le già esistenti differenze Nord-Sud, ma vuole anche sviluppare nuove eccellenze universitarie e nuovi centri produttivi nel meridione, consolidando nello stesso dinamiche di centro-periferia e portando avanti un ulteriore selezione di forza-lavoro verso i centri produttivi. Anche al sud, infatti, in mezzo ad un deserto che abbandona tanti giovani a non studiare, a non lavorare o a dover emigrare, bisogna attuare delle strategie per selezionare ulteriormente i pochi studenti che nelle università riescono ad andare, per renderli compatibili con i nuovi progetti di industrializzazione e produzione. Formazione e selezione di nuova forza lavoro che si attuerà anche con le università, rendendo ancora più piccola la fetta di giovani che nel sud potrà costruirsi un futuro. E tutto questo sempre sulle spalle di quella produzione inquinante, con delle strategie chiave anche nel ruolo giocato nella nuova scacchiera internazionale dal nostro paese (in quanto affacciato nel Mediterraneo) e nello scontro anche bellico oggi in gioco. Il progetto Erasmus rientra in queste prospettive, accentuando i processi di autonomia degli atenei e di subordinazione alle esigenze produttive (ad esempio, in Puglia, già qualche mese fa aveva annunciato il Rettore dell’Università di Bari di voler federare tutti gli atenei pugliesi per rispondere alle esigenze produttive territoriali).

Questa condizione, che come si diceva è il prodotto voluto e compiuto dalla natura imperialista dell’Unione Europea che crea un centro ed una periferia, non solo porta con se un peggioramento materiale della vita dei giovani meridionali, ma porta con se un forte imprinting ideologico volto a rafforzare la necessità imposta di dover emigrare verso i centri produttivi, lasciandosi con disinteresse alle spalle un contesto abbandonato dalla classe dirigente e privato di quegli studenti che avrebbero potuto rappresentare il motore del cambiamento.

Pertanto la scelta della Ministra Bernini di voler attuare l’Erasmus Italiano per tentare di colmare queste differenze, si rivela essere l’ennesimo tassello che risponde dichiaratamente all’idea di formazione dell’Unione Europea e alle sue esigenze produttive, le stesse che hanno generato e acuito nel tempo la differenza Nord-Sud e Centro-Periferia. Diviene dunque chiaro che l’unica risposta per i giovani meridionali è quella di restare per lottare, contro la gabbia dell’Unione Europa e contro tutti quei governi che hanno nel tempo costruito le condizioni di imbarbarimento culturale e materiale che il Sud vive.