FABBRICHE E QUARTIERI, SCUOLE E UNIVERSITÀ: NELLE LOTTE FABRIZIO VIVE ANCORA. 1974-2024

8 settembre di 50 anni fa. La polizia uccide Fabrizio Ceruso, giovane lavoratore di 19 anni, militante comunista impegnato nella lotta per il diritto all’abitare e nel Comitato proletario di Tivoli. Fabrizio muore colpito da una pallottola durante la Rivolta di San Basilio.

Quelle giornate di guerriglia urbana per la difesa delle case occupate nascono da un contesto di pesanti contraddizioni, in cui il movimento di classe sta sperimentando un salto di qualità nelle lotte. Dalla battaglia per il salario in fabbrica il conflitto di classe straripa nei quartieri della capitale, coinvolgendo ampi settori sociali che si rendono protagonisti di una potente scia di occupazioni abitative in contrasto con la disastrosa situazione alloggiativa: ogni giorno si occupano nuovi stabili, 5000 in un biennio.

Il fenomeno di massiccia migrazione dal Meridione, che aveva trapiantato nelle grandi città produttive migliaia di nuovi proletari spesso giovani e non sindacalizzati, contribuisce a far esplodere la situazione: a causa della mancanza di case e della speculazione dei palazzinari sugli affitti, erano nati attorno a Roma “borghetti” e baraccopoli di ogni genere, con condizioni invivibili che li rendevano pronti ad esplodere. Era arrivata poi, nel frattempo, la crisi petrolifera, che dal ’73 significava aumento delle bollette di gas, luce e telefono con pesanti perdite sul salario reale, ma con una risposta conflittuale nella pratica delle “autoriduzioni”.

Nasce così un blocco sociale pronto a scontrarsi non solo con gli storici nemici di classe – padroni e palazzinari, stampa di regime e amministrazioni democristiane – ma anche direttamente con PCI e SUNIA che dalla fine degli anni ’60 avevano assunto una posizione di contrasto alle occupazioni spontanee e alle nuove forme di conflitto nascenti. Nelle lotte contro il carovita e per la casa, che coinvolgono centinaia di migliaia di proletari, lavoratori e gente dei quartieri, emerge una nuova sinistra rivoluzionaria determinata a tenere il livello del conflitto al passo con le necessità dei tempi. Fabrizio Ceruso è uno di questi compagni.

Come in ogni momento di grande crisi – tale la condizione di padroni e istituzioni in quei mesi di scontro – la risposta è repressiva e poliziesca: l’associazione dei costruttori minaccia la chiusura dei cantieri anche per le nuove case popolari e il licenziamento di migliaia di operai, e la polizia inizia a sgomberare uno per uno i palazzi occupati. Rimangono solo due occupazioni, a Magliana e a San Basilio. Fascisti armati, stipendiati dai palazzinari, presidiano i palazzi a rischio occupazione, e il clima si fa più teso.

Proprio a San Basilio l’8 settembre del ’74, dopo giorni di braccio di ferro tra occupanti determinati a difendere le proprie case e polizia pronta a tutto per cacciarli, viene autorizzata un’operazione militare con più di mille agenti di polizia. Uno, sparando ad altezza uomo verso i compagni accorsi a difendere le case, uccide Fabrizio Ceruso. In seguito all’omicidio gli scontri proseguono, il Ministero dell’Interno ritira il dispositivo poliziesco e di lì a poco si arriva a una vittoria: la Regione Lazio riconosce il diritto alla casa popolare a tutti coloro che avevano occupato prima dell’8 settembre. Il compagno che ha pagato questa vittoria con la vita non è stato più dimenticato.

Negli ultimi anni l’inversione sulle politiche di edilizia popolare, l’abolizione dell’equo canone, la proliferazione di affitti brevi e a fini turistici, la messa a profitto da parte di palazzinari e speculatori di ogni spazio delle città, la protezione accordata alla rendita sia da governi di destra che di centro-sinistra, ci hanno lasciato quartieri gentrificati, cementificazione incontrollata, periferie dormitorio abbandonate e isolate, precarietà abitativa ed esistenziale.

Ma la storia di Fabrizio e della lotta per la casa è ancora impressa a San Basilio e in tutta Roma, e oggi vive ancora. Vive nelle lotte per la casa ancora tenaci e organizzate, nei picchetti antisfratto, nelle occupazioni resistenti in tutti i quartieri. Vive nella battaglia che anche giovani lavoratori e studenti fuorisede portano avanti, per un diritto alla casa che è anche diritto allo studio e all’emancipazione; ha vissuto ed è stato ricordato nelle tende piantate lo scorso anno davanti a tutti gli atenei della città.

Vive anche nelle lotte degli studenti delle scuole, di cui Fabrizio era poco più che coetaneo. E vive nell’organizzazione conflittuali di quei lavoratori che negli ultimi anni hanno alzato la testa, perché Fabrizio era un militante rivoluzionario e un comunista, e anche dopo 50 anni ricorda l’importanza di organizzarsi e riaccendere la miccia del conflitto in questo Paese.

I decreti come il nuovo pacchetto sicurezza, le affermazioni di criminalizzazione delle lotte di oggi, parlano la stessa lingua di chi all’epoca ha ucciso Fabrizio. Ma come all’epoca, in una situazione di crisi oggi determinata dalle contraddizioni interne al sistema, la repressione delle opposizioni sociali e politiche nasce dalla paura che sorga un’alternativa.

È costruire questa alternativa il compito delle giovani generazioni, al fianco degli sfruttati, dei senza casa, di chi lotta ogni giorno.