15NOV. BERNINI: IL PNRR NON È MAI STATO UNA SOLUZIONE! BASTA MENZOGNE: SERVONO FONDI PER GLI STUDENTATI PUBBLICI!

Il periodo degli annunci in pompa magna della Ministra Bernini che, mesi fa, rispondeva alle mobilitazioni studentesche contro il caroaffitti promettendo soluzioni rapide ed efficaci grazie all’housing universitario del PNRR sembra lontano. Più passa il tempo, però, più il PNRR si rivela un fallimento. E a pagarne le conseguenze, come sempre, sono gli studenti.

La vicenda della Riforma 1.7 del PNR sugli “Alloggi per gli studenti e riforma della legislazione sugli alloggi per studenti” è piuttosto lunga: a partire dal 2021 un susseguirsi di Decreti Ministeriali, di cancellazione e di riassegnazione dei fondi, di ricalcolo (nel senso della dilazione nel tempo) degli obiettivi, di errori di interpretazione, di dichiarazioni e nuove proposte, poi ritrattate o riviste. E per ora, l’unica cosa rimasta sembra essere solo la modifica della legge 338/2000, modifica che consente ai privati l’accesso ai finanziamenti pubblici per la costruzione di residenze universitarie. Notizia degli ultimi giorni è che Fitto (il “Ministro del PNRR”) sta lavorando a un ridimensionamento dei fondi del PNRR destinati all’housing universitario, per poter spostare i fondi su altri progetti del PNRR più facilmente realizzabili dal Governo. Tutto questo dopo che la chiamata per le manifestazioni d’interesse fatta dal MUR (per i famosi 60.000 nuovi posti entro il 2026) era andata piuttosto deserta (soprattutto da parte degli enti pubblici) e dopo che la Bernini aveva dovuto proporre un allentamento di alcuni vincoli per rendere la partecipazione al bando più conveniente ai privati e aveva esortato Regioni e Comuni a partecipare la bando.

Si tratta solo di “malagestione” amministrativa dei fondi europei? No, il problema è nella natura stessa dei fondi del PNRR e, in particolare, delle politiche per l’housing universitario. Quando negli scorsi anni ci siamo accampati nelle università contro il caroaffitti, chiedevamo un piano serio e complessivo di investimenti pubblici per creare nuovi studentati pubblici in tutta Italia e l’introduzione dell’equo canone per combattere la speculazione privata. Come diciamo dall’inizio dell’anno nei Lunedilotta, per combattere la selezione di classe all’università servono misure di welfare urgenti, ma soprattutto un piano generale pubblico per il recupero di un diritto allo studio che dopo decenni di smantellamento è garantito più sulla carta che nella realtà. Il problema del PNRR sta proprio in ciò: che non rappresenta affatto un piano pubblico di investimenti per uno sviluppo progressivo del paese o della sua economia, ma è un grande strumento di privatizzazione e di ulteriore standardizzazione su criteri europei del sistema pubblico italiano, dalla pubblica amministrazione fino, appunto, all’istruzione, all’università e alla ricerca. I fondi del PNRR sono, per questo governo come per quello Draghi e precedenti, non il primo step all’interno di un progetto generale di espansione del diritto allo studio, ma semplicemente fondi da amministrare, il cui valore sta più nel dover essere spartiti tra le grandi imprese del settore dell’edilizia residenziale universitaria che nel dover mettere capo a decine di migliaia di posti letto per gli studenti.

A differenza di altre organizzazioni e sindacati universitari, non abbiamo mai ritenuto i soldi del PNRR la possibilità di una soluzione. Per questo, non riteniamo l’eventuale taglio dei fondi annunciato da Fitto una occasione sprecata, ma soltanto una catastrofe già annunciata, o una catastrofe nella catastrofe. Il semplice fatto che fossero stati sbandierati dalla Bernini all’occorrenza delle mobilitazioni studentesche contro il caroaffitti, e in particolare con l’intento di metterle a tacere e ridicolizzarle, rivelava la natura politica dei fondi europei: un cavallo di Troia. Noi il cavallo di Troia lo abbiamo visto entrare e da subito lo abbiamo denunciato: dietro un piano di investimenti per gli studentati, dal gusto di finto progressismo targato UE, si cela l’apertura sempre più massiccia di un nuovo settore di mercato privato, agevolata da finanziamenti pubblici. Dunque, non studentati pubblici, ma studentati privati amministrati con soldi pubblici; non posti legati a misure per il diritto allo studio, ma posti per i paganti (e solo una piccola percentuale, prima con dicitura “obbligatoriamente” e ora solo “prioritariamente”, destinata ai “privi di mezzi”); infine, non canoni di locazioni bassi, ma ribassati di qualche punto percentuale rispetto ai prezzi (folli) di mercato, e comunque ribassati solo per la piccola percentuale di “privi di mezzi”.

Insomma, gli “intoppi”, le gaffe, i retrofront, che caratterizzano la storia dell’housing universitario del PNRR non sono contingenze. Sono, sia dovuti dal controllo ancora più stretto che l’UE ha assunto sulla politica nazionale italiana (in termini di obiettivi, scadenze, modalità, efficienza, ecc.), obbligando l’Italia a un ritmo e a una sistematicità nell’approvazione e realizzazione di misure anti-popolari a cui forse nemmeno la nostra classe politica era abituata, ma soprattutto sono dovuti al fatto che nessuno degli attori che partecipa attivamente alla Riforma 1.7 ha la volontà politica di tutelare e sviluppare il diritto allo studio universitario: non l’UE, non il Governo, meno che mai i grandi costruttori privati di studentati.

Per questo non ci stupisce il fatto che i pochi fondi che, seppure solo apparentemente e contraddittoriamente, sarebbero dovuti andare al diritto allo studio vengano tagliati dal PNRR. Non ci stupiscono le dichiarazioni della Bernini che è disposta ad aumentare i benefit per i privati pur di convincerli a partecipare ai bandi per poter destinare e spartire i fondi PNRR. Non ci stupisce che, in assenza di una pianificazione nazionale sul diritto allo studio e in un contesto di neoliberismo sfrenato abbracciato da tutte le forze politiche, la gestione di questi fondi sia delirante e si tramuti nell’opposto del diritto allo studio: la speculazione sulla pelle degli studenti.

È tutta da vedere l’evoluzione finale della vicenda dei fondi del PNRR sull’housing universitario, ma per ora una cosa è chiara: non è dal PNRR e non è da questo governo che arriverà una risposta per il diritto allo studio, ma solo prese in giro, ulteriori tagli (come quello di questa estate sul FFO) e nuove ricadute di crisi sulle spalle degli studenti.Mentre aumentano gli affitti, mentre persino gli Enti regionali per il diritto allo studio aumentano costi di stanze e mense, mentre sempre più studenti rimangono tagliati fuori dalle borse di studio, la Bernini istituzionalizza ancora di più il precariato nell’università con la riforma del preruolo, dimostrando ancora una volta tutta la distanza tra lei e il suo Governo e le esigenze degli studenti di questo paese.

Per questo nelle università continuiamo a costruire l’opposizione indipendente, conflittuale e di massa a questo governo, e il 15 novembre torneremo in piazza in tutta Italia per il No Meloni Day Atto 2!