IL CAMPO DI BATTAGLIA DELLA RAPPRESENTANZA UNIVERSITARIA Alcune riflessioni dalla Sapienza verso le prossime elezioni
ELEZIONI FARSA, PARTECIPAZIONE AZZERATA E DEMOCRAZIA CALPESTATA: SERVE UNA NUOVA RAPPRESENTANZA!
LA GESTIONE SCANDALOSA DELLA SAPIENZA
In queste settimane in diversi dipartimenti e CAD della Sapienza sono state indette le elezioni per il rinnovo della rappresentanza studentesca. Già in occasione delle elezioni per gli organi centrali del 2024 e per il CNSU del 2025 avevamo sottolineato una vergognosa gestione delle tornate elettorali: continui problemi tecnici dei server, procedure burocratiche assurde, comunicazione sbrigativa e superficiale. L’impressione era che, in un contesto di attacco alla formazione pubblica, la prima cosa su cui si stava tagliando fossero proprio i processi democratici negli atenei. Un’alluvione in Emilia Romagna aveva messo a rischio le elezioni universitarie alla Sapienza e in tutta Italia dal momento che l’intera infrastruttura elettorale è stata digitalizzata e appaltata ai server del consorzio CINECA. Questa stessa dinamica si sta riscontrando, forse in modo ancora più esplicito, nelle elezioni dei Dipartimenti e dei CAD di queste settimane. Nel dipartimento di Filosofia, sede di Villa Mirafiori, le elezioni previste per il 10/12 sono state annullate il giorno stesso perché la piattaforma non era funzionante, e sono state rimandate al 18-19/12, due giorni prima delle vacanze natalizie. Nel dipartimento di Fisica il regolamento elettorale esclude tutti gli studenti della triennale sia dal diritto di voto sia dalla possibilità di candidarsi: meno di un quarto degli studenti può partecipare alle elezioni. Nel dipartimento di Studi Orientali, sede di Marco Polo, i votanti sono stati talmente pochi che sono stati assegnati soltanto 3 seggi sui 6 previsti. Nel CAD di Scienze Politiche l’indizione delle elezioni è stata comunicata soltanto ad alcuni rappresentanti già in carica, che hanno informato gli studenti solo quando era già troppo tardi per presentare nuove candidature.Bizzarra infine la scelta del periodo elettorale, così a ridosso delle vacanze natalizie! Forse questa fretta è legata all’imminente ispezione dell’ANVUR, l’agenzia nazionale che su criteri di “competitività” ed “efficenza” stabilisce i fondi da assegnare agli atenei, quali settori della didattica affossare o premiare, quanti docenti ciascun ateneo “merita” di assumere ecc. Non escludiamo che si voglia rinnovare la rappresentanza in questo periodo proprio per presentare tagli e ristrutturazioni nella didattica e nel personale come fatto compiuto, evitando ogni tipo di contestazione.
RAPPRESENTANZA INTEGRATA
Alcuni elementi chiaveTroppo ricorrenti per essere semplici anomalie, le situazioni riportate sono la prova di un modello di rappresentanza adeguata ad innocua appendice amministrativa dell’università. Se le elezioni “non funzionano” ma nessuno fa niente per risolvere il problema, è perché vanno bene così, come competizioni tra liste “d’apparato” in una universita aziendalizzata che si prepara a nuovi tagli, a una maggiore integrazione nella filiera bellica, e perciò ad una blindatura ancora maggiore di qualsiasi spazio di agibilità e dissenso possibile.La rappresentanza viene concepita come un dispositivo istituzionale perfettamente armonizzato agli equilibri interni dell’università: la burocrazia istituzionale e le liste di rappresentanza hanno gradualmente assunto la stessa funzione. La dialettica tra liste e istituzione, a volte apparentemente di scontro, è invece una collaborazione continuativa basata su un’adesione di fondo a logiche burocratiche e burocratizzanti. In questa armonia si riproduce il monopolio sulla rappresentanza mantenuto da liste reciprocamente antagoniste, ma tutte ugualmente compatibili con l’assetto attuale del sistema universitario.I rappresentanti diventano intermediari ‘tecnici’ di una categoria, svolgono compiti circoscritti e pratiche procedurali, si guadagnano riconoscibilità e attraverso la bassa affluenza si garantiscono la rielezione. L’astensionismo strutturale, la distanza tra rappresentanti e rappresentati, l’esclusione delle contraddizioni concrete dal campo d’azione e la verticalizzazione dei meccanismi decisionali diventano la cifra distintiva di un sistema di rappresentanza che ‘amministra’, per non cambiare nulla.Se l’azione politica, la pratica conflittuale o anche rivendicativa diventano corpo estraneo da rifiutare, la partecipazione studentesca una ‘procedura non prevista’, essere presenti dentro agli organi il fine ultimo della ‘politica’ universitaria… la rappresentanza perde la sua funzione di interpretare i conflitti e le contraddizioni, in uno storicamente tra i più attivi dal punto di vista politico come quello universitario.Tutto ciò non è un caso, ma frutto diretto del ruolo assunto dall’università nell’era della competizione globale e della guerra: laboratorio per l’innovazione, la produttività, per la riconversione bellica dei saperi e dell’industria, per la legittimazione ideologica delle scelte fatte dai governi. Perciò bisogna addomesticare ogni potenziale strumento di conflitto e assicurare la massima governabilità interna agli atenei (basti pensare alla bozza di riforma della governance circolata in questi giorni): se la mobilitazione studentesca – fuori e dentro gli organi – turba l’equilibrio e rompe i meccanismi, bisogna correre ai ripari.
UN’ALTERNATIVA POSSIBILE: alcune proposte
L’11 novembre il Senato Accademico riunito in seduta si è dotato di un nuovo regolamento: ora, se 5 rappresentanti degli studenti (o un terzo dei membri regolari) lo richiedono, qualsiasi nuovo punto può essere messo all’ordine del giorno della seduta successiva. È un passo in avanti per la democratizzazione di quello che dovrebbe essere il più importante tra gli organi centrali, ma è bene che a questa modifica corrisponda un interesse genuino in questa direzione, e non solo il tentativo di ampliare l’agibilità politica delle stesse liste che in Senato siedono da anni, sempre attenendosi a logiche concertative o peggio complici delle decisioni scellerate della governance.
Ciò che serve allora è cogliere ed estendere questo avanzamento a tutti gli altri organi di rappresentanza, a partire da quelli di prossimità, in cui le prerogative dei rappresentanti rasentano lo zero: non possono presentare mozioni, proporre ordini del giorno, richiedere sedute straordinarie, e rappresentano solo il 15% della composizione totale. Un modello burocratizzato e blindato non è facile da scardinare, ma in questa direzione dovrebbe andare l’impegno di tutte le rappresentanze interessate non solo ad occupare un posto negli organi ma anche a cambiare davvero l’università. Gli strumenti per farlo ci sono, e da anni rivendichiamo ad esempio l’istituzione di un Consiglio degli Studenti, organo elettivo di confronto tra rappresentanze studentesche di ogni ordine e grado (presente in diverse università italiane ma completamente assente alla Sapienza), uno spazio politico di confronto e discussione a 360 gradi in cui tutte le rappresentanze sarebbero forzate a farsi carico delle questioni importanti sollevate dagli studenti. A Bologna, il CdS in cui siamo presenti è riuscito a farsi portavoce collettivo di un’istanza maggioritaria – la necessità di rompere con Israele e industria militare – e a promuoverla perciò con grande credibilità. È per le stesse ragioni che come indicavamo lo scorso anno si dovrebbe aumentare di numero i rappresentanti degli studenti in ogni organo, rendere le sedute degli organi di Facoltà e Dipartimento aperte a tutta la comunità studentesca garantendo trasparenza e coinvolgimento. Queste ultime dovrebbero poter essere convocate in via straordinaria se un numero sufficiente di studenti lo ritiene necessario, e al contempo in ogni facoltà serve uno spazio autogestito a disposizione degli studenti, serve poter sospendere la didattica almeno una volta al mese per consentire lo svolgimento di assemblee studentesche di confronto, serve che dentro gli organi irrompa con forza ciò che finora è rimasto fuori.
La vittoria nel dipartimento di Fisica Sapienza, che ha esteso le elezioni agli studenti della triennale prima privati di ogni diritto politico; le vittorie ottenute alla Facoltà di Lettere e nei dipartimenti di Saras e Filosofia contro militarizzazione e complicità con Israele, come gli Osservatori contro la militarizzazione messi all’ordine del giorno a Perugia e Bari, dimostrano che tutto ciò è possibile quando entra negli organi la voce degli studenti protagonisti delle mobilitazioni, delle assemblee, delle battaglie che quotidianamente animano l’università. Se la rappresentanza non è concertativa, ma conflittuale e di rottura, può riportare vittorie e consolidare conquiste già raggiunte, diventare terreno di ricomposizione tra studenti e docenti, essere nuovo stimolo per i processi partecipativi.
Mentre le liste d’apparato intendono gli studenti come ‘massa di manovra’ per mantenere consenso e visibilità, bisogna ribaltare il tavolo e ridare spinta alla partecipazione diretta. Ogni tornata elettorale – dai dipartimenti, agli organi centrali Sapienza nel 2026, fino alle prossime votazioni per il CNSU nel 2028 per cui abbiamo già lanciato una sfida – sarà una finestra per ampliare e potenziare la capacità del settore studentesco organizzato di incidere nel contesto universitario. L’università è tornata un campo di battaglia, la rappresentanza si rivela la prima linea di scontro e perciò va conquistata: se crescono la solidarietà e l’organizzazione, la capacità degli studenti di rimettere al centro i propri interessi materiali, se questa voce si amplifica anche dentro gli organi, allora si può abbattere quel muro di passività e individualismo che ci hanno costruito intorno e lottare contro la crisi di prospettive a cui la nostra generazione è relegata. Per una nuova università in una nuova società. Per conquistarci un futuro!
