Bologna e Piacenza: un weekend all’insegna dell’incontro tra istanze sociali


Venerdì sono riprese le lotte per il diritto all’abitare sotto i palazzi del potere a Bologna; sabato è stato importante il rilancio di una nuova articolata mobilitazione nella logistica a Piacenza.

Lo andiamo dicendo da mesi in tutte le occasioni pubbliche in cui abbiamo preso parola: la necessaria costruzione di un fronte contro la guerra, su cui stiamo spendendo tanti ragionamenti e tante energie di questi tempi, non può comunque prescindere dal primario compito di sostenere e organizzare gli ambiti sociali più conflittuali e più disponibili a farsi carico della ricomposizione del nostro blocco sociale di riferimento. Lo scontro di civiltà all’altare del quale l’establishment continentale sembra voler immolare la nostra generazione, è un passaggio determinato sulla strada dello sviluppo di un sistema di sfruttamento più generale. Non vi è dunque oggi opposizione alla guerra che possa evitare di imboccare strade ambiguamente sovraniste o ingenuamente pacifiste se non attraverso la crescita dentro e con le lotte degli sfruttati. Non vi è conflitto che possa pensare di dirsi oggi vincente di fronte alla fase più acuta (per quanto silenziosa) della lotta di classe dall’alto se non dotandosi parallelamente di strumenti organizzativi e politici complessivi.

Pertanto, di fronte allo svolgimento di alcuni ambiti vertenziali in uno dei territori in cui siamo presenti, non potevamo sottrarci dal rendere conto a un principio di coerenza, portando il nostro contributo parziale (leggasi di parte e non esaustivo) là dove crediamo sia importante spingere per la costruzione dei progetti più idonei alla fase attuale.

Tra venerdì e sabato la lotta per il diritto all’abitare è tornata giustamente con forza a Bologna, con diversi importanti momenti di rilancio promossi dalle due realtà cittadine che ne hanno fatto un terreno di conflitto reale e non una mera vetrina politica. Abbiamo scelto di destinare i nostri sforzi a quello che ci sembra il tentativo più avanzato dal punto di vista di chi come noi crede che la direzione da intraprendere sia oggi quella che va dalla periferia alla politica, e ci siamo quindi trovati, dopo ore di presidio solidale durante un infruttuoso confronto in Prefettura, a difendere il diritto di decine di famiglie a prendere parola in una conferenza stampa in cui denunciare l’indisponibilità manifesta delle istituzioni cittadine a porre soluzioni sul piatto quando messe appena un po’ alle strette. Ma riscontriamo l’insufficienza dei movimenti per l’abitare oggi sotto attacco in città, e uno degli ingredienti fondamentali per il suo superamento continua a risiedere in un’auspicabile maggiore sinergia tra gli interessanti percorsi attivi su questo terreno. Sono d’altronde queste le posizioni da noi espresse anche nell’assemblea convocata dall’As.I.A. per il tardo pomeriggio nei locali del Centro Studio Occupato Terzopiano, dove condividiamo con alcuni degli abitanti delle occupazioni cittadine il progetto di contaminazione culturale e di sinergia delle lotte che prende forma plastica all’interno delle Case Popolari Occupate Nelson Mandela.

Inoltre tutto il weekend è stato attraversato da un’importante mobilitazione del settore della logistica, in risposta ai soprusi padronali e alla repressione poliziesca che si è riaffacciata prepotentemente nell’ultimo mese, e contro la quale rivolgiamo tutta la nostra solidarietà ai lavoratori coinvolti. Anche in questo caso, quei giovani che hanno scelto di combattere contro la negazione del proprio futuro a partire dal riconoscimento dello scenario globale, hanno deciso di rivolgere le proprie energie al sostegno dell’ipotesi più complessiva, affiancando la lotta promossa da USB in GLS. La domenica piacentina ci ha visti gridare “Schiavi Mai” al fianco di centinaia di lavoratori della logistica attivi nel magazzino locale della GLS e in tante altre città d’Italia, da cui moltissimi sono arrivati per dire no ai licenziamenti per gli attivisti sindacali, e no al precariato come forma di controllo sulla forza lavoro. Si tratta di un tentativo originale di mobilitazione che tenga conto non solo della pur importante conflittualità in azienda, ma che permetta ai lavoratori di articolare un percorso più ampio che possa sostenerli. A partire non dalle comunità etniche di appartenenza, ma da un internazionalismo che si affronta sin dai luoghi di lavoro. Per questo valutiamo positivamente l’ottima manifestazione cittadina che ha sfilato per un centro cittadino altrimenti dormiente, nella staticità di una pianura padana sempre più avvolta dalle nebbie della crisi. Il testo di convocazione della manifestazione recitava: “nei confronti dei lavoratori della logistica, per la stragrande maggioranza migranti, si vuole continuare ad adottare un sistema discriminatorio che non tiene conto dei contratti e della legislazione sul lavoro”. È per questo che nell’imponente fenomeno migratorio dobbiamo cogliere le contraddizioni di classe che mette in luce, perché ci pone una serie di interrogativi e di compiti che ben poco hanno a che vedere col nostro umanitarismo. Non ci aspettiamo quindi che i benpensanti colgano questa opportunità, ma è un compito al quale invece non possono sottrarsi il precariato e i suoi fratelli migranti, accomunati dalla condizione di ipersfruttamento che li candida di per sé a un ruolo di avanguardia nella rottura con le compatibilità di una tecnocrazia europea da cui non hanno nulla da guadagnare.

Nei giorni della repressione dentro la “giungla” di Calais, stiamo rispondendo al controllo dei flussi migratori da parte di tutti i paesi dell’Unione Europea costruendo da un lato mobilitazione contro le cause strutturali per cui milioni di persone sono costrette a emigrare, come ribadito dalle manifestazioni nazionali contro la guerra del 16 gennaio scorso, e dall’altro rivendicando lavoro e diritti per questa enorme marea di sfruttati candidata a ingrossare le fila di un esercito di riserva utilizzato strumentalmente dal padronato e dalle destre per alimentare la guerra tra poveri. In entrambi i casi l’USB è un riferimento fondamentale, e le siamo compagni in quell’ambiziosa progettualità politica rappresentata dalla Piattaforma Sociale Eurostop. Rafforzamento della militanza, rapporto diretto con i lavoratori, organizzazione: sono formidabili strumenti che in passato hanno rappresentato le leve principali della crescita e dell’affermarsi del movimento di classe, e di cui oggi vediamo avvisaglia solo dentro il progetto di costruzione della confederazione dell’Unione Sindacale di Base. Ben venga la pluralità di sperimentazioni importanti rivolte in questo senso anche da altre organizzazioni sindacali conflittuali, ma staremo alla larga da alcuni tentativi politicisti di cui abbiamo avuto notizia in questi mesi, volti a spezzare la già fragile unità dei lavoratori a favore di progetti autoreferenziali e personalistici senza alcun futuro, e deprechiamo l’addebitamento improprio che essi fanno di valori importanti quali “democrazia” e “territorialità”.

Con il cuore combattivo e a mente fredda, ci apprestiamo a continuare la lotta!