LA PALAZZINA ALDO MORO: UNIVERSITÀ O CENTRO COMMERCIALE?

A Torino in questi ultimi mesi è stata costruita in gran fretta e non ancora ultimata la Palazzina Aldo Moro in uno spazio fra via Verdi e via Sant’Ottavio per ampliare il polo universitario di scienze umanistiche Palazzo Nuovo. I primi spazi ad aprire della Palazzina universitaria sono stati il Burger King e il Mc Donald’s. 
Cosa centrano queste due multinazionali con l’università? Cosa ci fanno negli spazi di Unito?

Un po’ di chiarezza.
La Palazzina Aldo Moro è di proprietà di UniTo che però non avendo abbastanza fondi per realizzarla ha deciso di affidare il progetto ad un’azienda privata, la U.S.P University Service Project già dal 2009 che la gestirà per i prossimi 29 anni. Il costo totale della costruzione è di 50 milioni di euro di cui UniTo, per usufruire delle strutture, dovrà pagare 1.5 milioni per 29 anni, ad oggi ha già pagato 7 milioni. Dei 18mila mq totali che occupano i 3 lotti della palazzina più di 5mila sono interamente dedicati a spazi ad uso commerciale, ci sono poi 600 posti auto di cui molti box privati e meno di 10000 mq verranno dedicati ad aule per gli studenti e uffici universitari.

Questo è un esempio lampante di una tendenza che vediamo da anni all’interno delle nostre università: le aziende private sono sempre più presenti all’interno dell’amministrazione delle università determinando pesantemente il loro sviluppo e lucrandoci ovviamente sopra. Nel caso particolare della Palazzina Aldo Moro UniTo potrà sì usufruire di nuove aule per gli studenti e uffici ma ad un caro prezzo: da un lato concedendo gran parte della sua proprietà a spazi commerciali come il Burger King e il McDonald’s che ad oggi sono già aperti per la clientela, dall’altro pagando la società privata a cui viene affidata la gestione del complesso. Questa commistione fra istituzioni pubbliche e imprese private è una tendenza ormai diffusissima nel nostro paese che va nella direzione di favorire il profitto privato a spese del pubblico e di privatizzare i pochi settori che sono ancora del tutto statali. Il Project financing che è un’operazione di finanziamento tipica in Italia e in altri paesi europei, la stessa con cui viene costruita e gestita la Palazzina Aldo Moro ha proprio l’obiettivo di creare un’integrazione sempre più forte fra pubblico e privato permettendo che le aziende private coinvolte, con i loro finanziamenti, traggano profitto e sempre maggiore influenza sugli enti pubblici devastati ormai da decenni di austerità e vincoli di bilancio imposti dall’Unione Europea.  È anche interessante notare che il Project financing non esclude la possibilità che la proprietà pubblica possa essere svenduta totalmente all’ente privato che la gestisce.

La tendenza alla privatizzazione dell’università è palese.
Dopo i drastici tagli al fondo statale di finanziamento all’istruzione soprattutto a seguito della riforma Gelmini, le università italiane hanno dovuto cercare di accaparrarsi, in una competizione sempre più sfrenata, i fondi in qualche altro modo ossia chiedendo sussidi alle aziende e alle fondazioni private. Ma scordiamoci pure che i privati diano soldi all’università senza avere nulla in cambio. I finanziamenti che elargiscono gli permettono di essere una presenza sempre più determinante dei Consigli di Amministrazione condizionando i progetti di ricerca, l’attivazione di nuovi corsi e dottorati e addirittura di aprire negozi da cui trarre un bel po’ di guadagno nei locali universitari. Vi immaginate il bacino di consumatori che può trarre un Mcdonald’s o un Burger King in una zona universitaria e di passaggio così strategica come quella di via Sant’Ottavio? L’ingresso dei privati in università non è un progetto che fa il favore degli studenti già dissanguati dalle tasse sempre più alte che escludono le fasce più povere della popolazione dall’istruzione universitaria e dalle scarse borse di studio. La direzione in cui sta andando la nostra università sta solo dalla parte delle grandi multinazionali e delle imprese che lucrano sugli studenti visti come consumatori e prodotti a cui spillare soldi. Mentre a Palazzo Nuovo siamo costretti a mangiare per terra, non c’è una lunchroom o un luogo adatto per il relax e la socialità fra una lezione e l’altra, proprio davanti, negli spazi universitari viene aperto un fastfood. Mentre Palazzo Nuovo ha piani inagibili da anni a causa dei lunghissimi lavori per la bonifica dell’amianto e siamo costretti a fare lezione per terra perché non ci sono abbastanza aule, in meno di un anno vengono costruiti due grossi negozi in spazi che sono degli studenti.
Al di là della retorica smart con cui viene proposto il progetto di “campus urbano”, in odore di gentrificazione, con la copertura dei tetti a giardino, le corti interne e l’architettura il più possibile simile allo stile della Mole e dei palazzi del centro di Torino vediamo la vera natura di un progetto che fa solo gli interessi delle aziende private e va contro gli stessi interessi degli studenti.

Non vogliamo stare fermi a guardare quando al posto di avere aule studio aperte fino a tardi vengono svenduti enormi spazi per negozi. Mentre al posto di dare le aule agli studenti per fare iniziative culturali e creare spazi di dibattito (al contrario della censura sempre più forte), al Burger King viene permesso di aprire uno spazio da 120 posti. Non permetteremo che la nostra università venga trasformata in un centro commerciale e gli studenti in semplici prodotti su cui lucrare.

Occorre creare una campagna di critica e protesta contro questa tendenza in atto nell’università palesata nella Palazzina Aldo Moro.

Occorre fermare l’ennesima entrata dei privati dentro spazi che devono essere degli e per gli studenti.

FERMIAMO LA SVENDITA DELL’UNIVERSITÀ E I PROFITTI DEI PRIVATI SUGLI STUDENTI!