Torino. RETTORE E MINISTRO MANFREDI: IL MODELLO TORINO NON FA GLI INTERESSI DI NOI STUDENTI

Si è svolto questa mattina un incontro online tra l’Università degli Studi di Torino e il Ministro dell’Università e Ricerca Gaetano Manfredi, intervistato dal Rettore Geuna. Al centro di questo dibattito è stato posto il tema della Didattica a distanza nell’università di Torino durante l’emergenza Covid ed è stata presentata la ricerca del Dipartimento di Culture Politiche e società sulle strategie adottate dal nostro Ateneo. La conferenza si è svolta a porte chiuse in streaming, senza possibilità quindi per gli studenti di intervenire e partecipare se non come spettatori passivi.
D’ altra parte, sono mesi che siamo sottoposti a questa modalità, atomizzante e passiva, di un prodotto già confezionato e pronto per essere usufruito. Tuttavia, non possiamo restare passivi, mentre si dipinge Unito come Ateneo all’avanguardia, paradiso di professori e studenti e isola felice in cui non si sono verificati intoppi nel seguire le lezioni o continuare a frequentare l’Università come prima.

In questi mesi di pandemia, per quanto il Rettore Geuna si impegni a nasconderlo, nessuna misura è stata messa in campo per garantire il diritto allo studio o per venire incontro a noi studenti: nessuna modifica, né a giugno, né in vista del primo semestre di questo nuovo anno, è stata apportata alle tasse universitarie, da anni in crescita e che tuttora sono uno scoglio per molti studenti in difficoltà economica. I criteri di merito per l’accesso alle borse di studio sono stati mantenuti nonostante molti di noi, con biblioteche e aule studio chiuse, non abbiano avuto accesso al materiale scolastico o a luoghi in cui poter studiare e preparare gli esami. Nessun semestre bonus è stato messo a disposizione per non finire fuori corso. Anzi molti di noi, impossibilitati a far fronte alle spese sempre più consistenti della formazione universitaria, dopo aver perso in questi mesi i pochi lavoretti a nero e precari, hanno cercato i moduli per abbandonare gli studi. Perchè senza fonte di reddito e senza sussidi da parte dell’Università non si può tornare a studiare. Questo ben dovrebbero saperlo anche quelle rappresentanze studentesche che in questi mesi ci hanno sistematicamente ignorato, accontentandosi delle poche briciole elargire dal Governo e rendendosi complici di un’università sempre più escludente ed elitaria.

Arriviamo allora al tema del giorno: la didattica a distanza e i suoi presunti benefici. Tantissime sono state le difficoltà per quanti di noi non avevano supporti e connessioni adeguate per seguire le lezioni, magari dovendo dividersi i device con i propri genitori e parenti impegnati nello smart working. Una misura che doveva essere emergenziale, necessaria per limitare i contagi, si sta configurando sempre più come parte integrante di un nuovo modo di fare l’università, anzi, secondo le parole di Geuna, sta diventando ‘’la nuova normalità’’. In questo senso vanno gli investimenti da 3 milioni di euro del Rettore nei supporti per la didattica a distanza, quando niente è stato invece fatto a livello edilizia scolastica per poter garantire a noi studenti un rientro in aula sicuro. L’Università di Torino ha invece prontamente scelto di firmare con Tim, attraverso il progetto Risorgimento Digitale, investimenti che giovano sicuramente alle grande aziende private che in questi mesi hanno stretto alleanze con gli atenei per la didattica a distanza, fatturando tantissimo, ma che non fanno assolutamente gli interessi di noi studenti.

Non si tratta solo di distribuire qualche sim, ma di una spinta generale da dare alla formazione nel suo complesso. Un aspetto che ha più volte rimarcato lo stesso Ministro Manfredi, intervistato da Geuna. Il grande assente di questa pandemia, il ministro di Università e Ricerca, ha infatti confermato che la crisi scatenata dal Covid deve lavorare per attuare, testuali parole, «le trasformazioni strutturali che mettano al centro competenza e digitalizzazione». Questa è per il ministro, la presunta formula magica per i nuovi studenti nativi digitali, i quali, con il life long learnig, dovranno imparare a alternare continuamente i tempi di formazione con quelli del lavoro .
Una formula delle politiche formative europee che conosciamo bene e che si traduce in ‘’ studia e formati tutta la vita, perché il mondo del lavoro è precario e le assunzioni stabili inesistenti’’, ma che ora si aggiorna, spianando la strada ai colossi privati della teledidattica che ben sapranno come, ha detto lo stesso ministro, « cogliere nell’emergenza l’opportunità» (di guadagnare ancora tantissimo , aggiungiamo noi).

Anche noi allora vogliamo lanciare un messaggio oggi: perché anche se ci hanno sistematicamente ignorato, lasciando da parte i bisogni degli studenti, noi sappiamo che Governo e Amministrazione universitaria stanno facendo interessi contrapposti ai nostri e per questo continueremo a organizzarci per creare una reale opposizione.