Smascheriamo il Piano Regolatore di Torino: i profitti delle imprese sulla pelle degli studenti

A ventiquattro anni di distanza dall’ultimo Piano Regolatore Generale della città di Torino, quest’estate la giunta Appendino ha avviato l’iter per varare un aggiornamento, riuscendo a far approvare la proposta tecnica preliminare. Tuttavia, la modifica al PRG proposta dai 5 Stelle prosegue totalmente il modello di sviluppo urbano che tutte le precedenti giunte a guida PD hanno portato avanti mettendo al centro politiche di smantellamento e privatizzazione del settore pubblico, con l’obiettivo di agevolare le imprese private a sfruttare tutte le risorse pubbliche per i loro profitti.

Un piano che dimostra quindi di voler continuare la riconversione dell’ex città-fabbrica lungo quelle direttive di sviluppo che il “Sistema Torino” e tutta la classe dirigente piemontese si era data sotto l’amministrazione del centro sinistra con Fassino e Chiamparino in testa.

Le linee strategiche si concretizzano in “Torino Città Universitaria, dell’Innovazione e del Turismo”: un parco giochi per imprenditori nostrani ed esteri che possono investire e speculare sul territorio con il totale beneplacito delle istituzioni.

Anche per questa giunta, trasformare la città in un’immensa vetrina a uso e consumo delle classi sociali più ricche è rimasto l’obiettivo principale: l’apertura, di pochi giorni fa, nel quartiere Lingotto, del Green Pea, il centro commerciale di lusso di Farinetti che dietro la finta retorica green con cui vuole presentarsi, nasconde sfruttamento, precarietà e gentrificazione, è solo l’ennesima conferma.

Così facendo, gli investitori privati riescono a ricavare enormi profitti sia aprendo le loro sedi nelle strutture pubbliche vendute al di sotto del loro valore dalle amministrazioni; sia offrendo servizi a prezzi altissimi; sia sfruttando al massimo la manodopera impiegata tramite quei contratti atipici che ormai sono diventati la norma. Così, seguendo un modello diffuso in tutta Italia, le strutture del pubblico vengono usate dalle aziende private che sono le uniche a ricavarne un profitto. Gli effetti sociali di questo modello sono disastrosi: speculazione edilizia, aumento del costo della vita e degli affitti e un settore pubblico che non ha più risorse da usare per garantire a tutti un welfare adeguato.

In questo modello di sviluppo della città, gli atenei torinesi hanno assunto un ruolo centrale.
Se fino agli anni ’80 lo sviluppo della città si è modellato sulle esigenze delle industrie e in particolare della FIAT, con la massiccia deindustrializzazione di tutta Italia e la riconversione produttiva sul settore terziario avanzato sotto le direttive dell’Unione Europea, il Politecnico e Unito sono diventati attori fondamentali del cambiamento della città, agendo sul territorio come vere e proprie aziende in grado di attrarre e muovere ingenti investimenti, soprattutto privati.

Investimenti che il Comune e la Regione Piemonte, con il supporto degli atenei, cercano disperatamente di attrarre svendendo beni pubblici e piegandosi alle necessità delle aziende, per riuscire a competere con le altre metropoli italiane e rimanere agganciate alle filiere produttive ad alto valore del centro dell’Unione Europea. Questa operazione non riesce al meglio: la crisi economica del 2008 e la crisi da Covid19 mostrano la fragilità enorme di questo sistema e la marginalità di Torino nei confronti di Milano e delle altre metropoli europee è sempre più pesante. Decremento demografico, emigrazione soprattutto giovanile, invecchiamento della popolazione e altissima disoccupazione stanno lì a dimostrarlo. Così, diventano sempre più evidenti gli effetti sociali di questo modello di città e di ateneo: nella corsa sfrenata verso l’eccellenza e la privatizzazione, la formazione viene dequalificata e l’esclusione dall’università per chi non se la può permettere sempre più massiccia.

A conferma di ciò basta leggere con quanta spudoratezza sul nuovo PRG venga scritto che l’assenza di sufficienti residenze pubbliche genera “rilevanti opportunità di investimento per gli operatori privati”: cioè opportunità per grandi società come The Student Hotel, Camplus, Combo e palazzinari vari di far profitto sulla pelle degli studenti, costruendo solo residenze private di lusso e affittando stanze a prezzi sempre più alti. Una frase che chiarisce subito quali siano gli interessi che si vogliono tutelare anche in una fase di crisi sociale e di esplosione della problematica abitativa come quella che stiamo vivendo, nella quale tantissimi studenti rimasti senza fonte di reddito non hanno i soldi per pagare affitti da capogiro e 3500 studenti idonei a beneficiare del servizio abitativo dell’Edisu sono rimasti esclusi per mancanza di strutture ed investimenti nell’edilizia pubblica (sulla strutturalità dell’emergenza abitativa vedi “L’emergenza abitativa a Torino tra svendita del pubblico e residenze private per studenti. Vogliamo un piano strutturale di edilizia pubblica!“)

Addirittura, la Regione Piemonte e Edisu hanno promosso un bando rivolto alle strutture alberghiere per l’affidamento di 300 posti letto da destinare agli studenti universitari. Il dogma è sempre lo stesso: la priorità non è la costruzione di residenze per gli studenti colpiti dalla crisi economica ma quella di tutelare l’impresa privata in difficoltà.

Da un lato, quindi, nella riconversione della città gli atenei sono attori chiave per l’attrattività che possono esercitare spingendo a trasferire ogni anno un numero crescente di studenti da tutt’Italia a vivere a Torino e dunque così permettere la messa a valore, per gli studenti e a loro spese, di nuovi spazi e interi quartieri con la creazione di tutti quei servizi necessari alle loro esigenze. Servizi, in particolare quello abitativo, che privatizzati e messi sul mercato a prezzi altissimi aumentano la speculazione immobiliare e il carovita, espellendo le fasce popolari dal quartiere ed accentuando la tendenza all’elitarizzazione dell’alta formazione.

Esattamente come sta avvenendo nei quartieri di Aurora, Barriera di Milano e nell’area di Porta Palazzo, così vicini alle sedi di UniTo da far gola a molti imprenditori per la facilità con cui si possono ricavare enormi profitti, e per questo zone in cui si concentrano il maggior numero di sfratti e al contempo il maggior numero di cantieri di residenze private di lusso.

Dall’altro lato, a causa dei tagli al Fondo di Finanziamento Ordinario e delle politiche di autonomia d’ateneo, le università sono state costrette ad avviare partenariati pubblico-privati per recuperare fondi dal tessuto produttivo del territorio e poter competere con gli altri atenei per diventare poli esclusivi d’eccellenza. 

Infatti, sul versante sanitario e della ricerca medica, sempre citato nel PRG, è in progetto la costruzione del Parco della Salute nell’area dell’ex Fiat-Avio: un unico polo ospedaliero in cui accorpare gli ospedali Molinette, Sant’anna, Regina Margherita e CTO, e coniugarli con l’alta ricerca e lo sviluppo tecnologico per le imprese.Un progetto pubblico-privato da 650 milioni, fortemente voluto oltre che da UniTo per favorire le collaborazioni tra università e impresa, da tutto l’arco politico cittadino e regionale che si è succeduto dal 2000, dove però a guadagnarci saranno ancora solo i privati e non la collettività.Il progetto infatti rappresenta il modello di riorganizzazione dell’intero sistema sanitario torinese e porterà alla progressiva chiusura di ulteriori ospedali della città. Proprio quando questa pandemia ha dimostrato a tutti l’estrema inadeguatezza della sanità in Piemonte e le conseguenze disastrose di decenni di tagli e di criminali politiche di privatizzazione della sanità pubblica nazionale e locale.

In generale è in questa direzione che va tutta la Terza Missione di UniTo che, oltre al Parco della Salute, vediamo concretizzarsi con le stesse politiche di privatizzazione anche nella Città delle Scienze di Grugliasco. Infatti, questo hub ha l’obiettivo di raggruppare tutti i dipartimenti scientifici dell’Università e diventare un polo di innovazione e produzione di conoscenza a livello internazionale. Per rendere ancora più chiaro il totale asservimento dell’Università alle necessità della produzione e della valorizzazione dei capitali privati, il campus sarà interamente finanziato dalla Compagnia S. Paolo, già maggiore finanziatore di Unito, che per 20 anni gestirà il polo come meglio crede assieme alle altre aziende costruttrici, dal momento che verrà edificato tramite project-financing.

Questo accordo è una modalità in cui il pubblico e la collettività hanno tutto da perdere, come abbiamo già visto e fortemente denunciato con la costruzione della Palazzina Aldo Moro, ubicata vicino a Palazzo Nuovo, di proprietà di UniTo ma gestita da privati che hanno potuto affittare migliaia di metri quadrati ad aziende come Burger King, Alice Pizza e società di residenze di lusso, facendolo diventare un vero e proprio centro commerciale.

Inoltre, partecipare ai bandi europei per assicurarsi finanziamenti è diventato centrale. Pensiamo al progetto UNITA, per cui l’Università di Torino si è aggiudicata la dirigenza e che sta sviluppando anche a Cuneo, tutto volto a creare un campus interuniversitario di eccellenza sulle tematiche dell’economia green e del diritto agroalimentare. Una vera e propria operazione di greenwashing sia per Unito sia per le imprese che ci investiranno, se pensiamo che a pochi passi ci sono le campagne di Saluzzo in cui centinaia di braccianti sono costretti a lavorare in condizioni di sfruttamento che rasentano la schiavitù.

Tuttavia, la retorica ideologica non si ferma al greenwashing ma punta a sorreggere l’intero modello di formazione con appositi corsi ad hoc come quello “Diventare imprenditori” che ha la funzione di mostrare quanto benessere portino i colossi privati alla città e quanto debba essere l’obiettivo di ogni studente competere per diventare un futuro Marchionne, facendo finta che la disoccupazione giovanile a Torino non abbia toccato picchi del 50% negli ultimi anni.

Se UniTo modificherà la città concentrandosi prevalentemente sui due grandi progetti del Parco della Salute e della Città delle Scienze, dal nuovo PRG l’altro attore trainante sembra essere il Politecnico con la valorizzazione delle aree industriali dismesse e la produzione di conoscenza da mettere direttamente a disposizione per il profitto delle aziende, soprattutto nei campi dell’automotive e dell’aerospace che contraddistinguono quello che è rimasto del settore industriale in Piemonte.

Il Masterplan di PoliTo individua il nodo degli spazi come strategico per l’attrattività e lo sviluppo, e così con l’espansione della Cittadella Politecnica su quello che rimane dell’ex-OGR, la Digital Revolution House nell’ex-Westinghouse e il futuro Campus di Architettura nel complesso di Torino Esposizioni al Valentino si apprestano a far girare oltre 150 milioni e a rilanciare la speculazione edilizia e la rendita immobiliare privata anche in nuove zone della città.

Ma è con la costituzione del Manufacturing Technology & Competence Center negli ex stabilimenti Fiat Mirafiori che il “Sistema Torino” tenta di mettere in discussione la posizione marginale di Torino nella gerarchia della divisione del lavoro tra le metropoli del Nord Italia. Guidato dal Politecnico e sorvegliato dall’Unione Industriale, a cui partecipano anche UniTo, il Comune di Torino e 24 imprese specializzate, il Competence Center è il primo passo verso la creazione di una Città della Tecnologia in grado di sviluppare i settori dell’automotive e dell’aerospace per riuscire a far assumere alla città una funzione di maggior rilievo nell’industria 4.0 legata alla manifattura avanzata.

Per questo progetto tutto volto a fare gli interessi di Confindustria, lo stesso governo Conte nel bel mezzo della crisi sanitaria ed economica che stiamo vivendo ha stanziato nel decreto rilancio i primi 20 milioni, PoliTo e Regione Piemonte si apprestano a sbloccarne altri 38, mentre per risolvere i problemi che noi giovani e studenti stiamo vivendo sono state messe in campo solo misere briciole.

Non possiamo poi dimenticare quanto Saracco, il rettore del Politecnico, sia stato a lungo uno dei possibili candidati principali del centro sinistra per le elezioni comunali 2021, segno di quanto conta PoliTo nelle dinamiche cittadine. Un’influenza che è bene ricordarlo è consolidata da tempo: il primo piano regolatore della città di Torino fu infatti varato nel 1995 da Castellani, anch’egli proveniente dal Politecnico e supportato da tutta la coalizione di centro sinistra a cui subentrò anche Rifondazione Comunista. Con il suo PRG, Castellani fu il primo a cercare di cancellare la dipendenza della città dalla FIAT, avviando quel modello di trasformazione di Torino che tutt’ora vediamo in atto. Nonostante il suo ritiro, Saracco rappresenta la continuità nel cambio di paradigma: dalla dipendenza del Politecnico e di tutta la città dalla FIAT, fino ad una Torino determinata dagli investimenti che il Politecnico (ma ovviamente non solo) riesce a muovere.

Questa tendenza mostra tutta la debolezza strutturale della nostra classe dirigente che, nella profonda crisi che sta vivendo, ha un estremo bisogno del settore pubblico per rilanciarsi: sfrutta la sua struttura e i suoi prodotti (ad esempio la ricerca universitaria) per riuscire ad ottenere i profitti necessari alla competizione.

Un’ulteriore conferma di quanto gli atenei siano attori chiave per la modifica della città la abbiamo dalla costruzione della seconda linea della metropolitana. La metro 2 passerà infatti per le principali dislocazioni degli atenei, già esistenti o in costruzione, collegando le periferie dormitorio di Torino nord con quelle in cui sorgeranno i futuri centri produttivi dell’industria 4.0 di Torino sud.

Con questa modifica al Piano Regolatore, il Comune di Torino, la Regione Piemonte, l’Università e il Politecnico dimostrano ancora una volta di volersi porre in netta continuità con quelle politiche di svendita del pubblico e privatizzazione dei diritti sociali portate avanti negli ultimi trent’anni da tutti i governi che si sono succeduti, sia di destra che di centro-sinistra.

In un momento di crisi economica come questo, in cui gli studenti universitari e i giovani sono stati del tutto esclusi dai pochi ammortizzatori sociali disposti dal governo Conte e stanno, di fatto, pagando questa enorme crisi, ci opponiamo ad un nuovo tentativo di distruzione del nostro futuro dentro e fuori la città di Torino.

Vogliamo dire forte e chiaro chi sono i responsabili di questa situazione: dal Comune, alla Regione fino all’amministrazione universitaria, dal Movimento Cinque Stelle e la destra, fino al Partito Democratico in tutte le sue propaggini.

Opporsi al Piano Regolatore significa opporsi ad un modello di città e di formazione che fa soltanto gli interessi dell’imprenditoria privata e non quelli di noi giovani e studenti. Per questo, occorre organizzarsi per invertire le priorità di chi ci governa e per un’alternativa a questo modello di sviluppo che si è ormai dimostrato del tutto fallimentare.

La nostra alternativa si fonda sulla rimessa al centro del settore pubblico.

Vogliamo un piano di investimenti pubblici in l’edilizia scolastica per le residenze, le aule studio, le mense e le biblioteche. Vogliamo la requisizione di tutti gli spazi pubblici svenduti ai privati e il calmieraggio dei prezzi degli affitti. Vogliamo l’integrazione degli studenti nei quartieri e non l’espulsione delle fasce più povere per far spazio agli studenti ricchi.

Vogliamo un’università che sia veramente pubblica e accessibile a tutti, abolendo le tasse universitarie, i criteri di merito per accedere alle borse di studio ed aumentando gli importi delle borse di studio.

Per questo questa settimana organizzeremo e parteciperemo a due momenti fondamentali.

Venerdì 18, in concomitanza con il voto alla Camera di una Legge di Bilancio fatta da PD e 5 Stelle che continua a definanziare l’istruzione pubblica e a regalare soldi alle università private, anche a Torino scenderemo in piazza per pretendere l’abolizione delle tasse universitarie e un welfare studentesco che sia veramente pubblico ed accessibile (tutti i dettagli qui: https://www.facebook.com/events/202473944686234).

Sabato 19 ci sarà una importante manifestazione della rete cittadina Torino Che Vogliamo contro il nuovo piano regolatore (tutti i dettagli qui: https://www.facebook.com/events/445279163556513).