SIAMO LA NATURA CHE SI RIBELLA: riflessioni a margine dell’Alta felicità

Giovedì sera si completano gli ultimi preparativi, si montano gli ultimi stand, si definiscono gli ultimi turni.

Venerdì mattina tutto è pronto per il festival Alta Felicità in Val di Susa. Da anni, per l’occasione, arrivano, in questa nostra valle, migliaia di persone provenienti da tutta Italia per rimarcare ancora una volta che l’opposizione a questa grande opera inutile non è appannaggio di pochi violenti e facinorosi incappucciati, come sono soliti raccontare i media mainstream, ma è una lotta che possiede un ampio consenso popolare, nazionale, e che attraversa più generazioni.

E infatti, proprio a partire da venerdì mattina, migliaia di giovani, anziani, bambini, uomini e donne di ogni età iniziano ad affollare la stazione di Susa e le strade di Venaus.

Lo staff è una ciurma composta da giovani e giovanissimi, insieme alle figure più storiche di questo movimento.

Il contributo portato da moltissimi di noi  è sintomo di quanto sia sentita dalla nostra generazione la contrarietà a quest’opera che ci sta rubando il futuro e del ricambio generazionale che sta investendo il movimento No Tav, reso possibile grazie al vivissimo esempio di lotta che ogni giorno riceviamo da chi ha dedicato la sua vita a combattere questa ingiustizia.

Medici e infermieri solidali con la causa No Tav si mettono al lavoro già dalle 11 e centinaia di tamponi vengono fatti lungo tutta la giornata per rendere questo Festival sicuro e attraversabile per chiunque abbia intenzione di portare il suo contributo alla lotta. In un momento in cui tutta l’Italia si accanisce nello sterile dibattito Green pass/No Green Pass, senza andare ad indicare i motivi profondi di questa crisi sanitaria e i responsabili che ci hanno portato a questa tragica situazione, il Movimento dà, ancora una volta, una grande lezione di responsabilità a tutto il paese, permettendo il sereno svolgersi di una manifestazione così partecipata nella massima sicurezza possibile.

Poi l’iniziativa di apertura. Nonostante la pioggia e il maltempo, in tantissimi a sentire gli interventi sul palco, tra cui le parole di Dana, che nonostante le misure repressive che ancora la opprimono, ci manda il suo caloroso saluto.

E così inizia la tre giorni dell’Alta Felicità, con il pensiero e la solidarietà rivolto a lei e Fabiola, ancora in carcere, e a tutte le compagne e i compagni colpiti dalla repressione.

Verso la sera i concerti e i numerosi artisti, da quelli emergenti a quelli più affermati, ad esibirsi sul palcoscenico No Tav, solidali e complici con la nostra lotta, con il nostro movimento.

E poi, il sabato, la marcia verso il “mostro“, il cantiere di Chiomonte.

Il dispositivo di sicurezza messo in campo in questi giorni dallo Stato e dalla ministra Lamorgese è grande: 10 000 uomini in più a difendere i cantieri di San Didero e di Chiomonte. Blindati della polizia e dell’esercito a difendere gli interessi di chi specula devastando l’ambiente, di chi sperpera soldi pubblici, ammalando il popolo della Val di Susa.

Nonostante l’imponente numero di truppe d’occupazione stanziate, nonostante il solito Jersey a sbarrare il sentiero gallo-romano, nonostante le centinaia di lacrimogeni e la nota repressione disposta contro il movimento No Tav, migliaia di persone, di ogni età, prendono la strada verso Giaglione e poi si riversano nei sentieri della Clarea per avvicinarsi il più possibile al cantiere.

Non bastano 10.000 uomini, ben armati ed addestrati a fermare il movimento. Moltissimi compagni, che conoscono meglio di loro i sentieri di montagna, riescono a circondare il cantiere di Chiomonte, da ogni parte, e a tenere per ore sotto scacco le truppe di occupazione.

L’attacco al cantiere viene subito strumentalizzato dagli esponenti di tutti i partiti politici, dai mezzi di stampa in mano ai grandi imprenditori collusi col sistema Tav, dai sindacati confederali come la Cgil e la Cisl e dai sindacati di polizia. Fra questi ultimi il Siulp chiede che venga vietato qualsiasi tipo di protesta in Val di Susa da ora in avanti. Il ferimento di alcuni agenti e il danneggiamento di un mezzo militare diventano il pretesto per rivendicare a gran voce maggiori dispositivi da impiegare nella repressione di chi porta avanti battaglie sociali e ambientali in Val Susa come in tutto il paese.

Sono già in molti a richiedere che alle forze dell’ordine venga concesso di utilizzare proiettili di gomma nella gestione dell’ordine pubblico, oltre alla dotazione di leggi contro il “terrorismo” nelle manifestazioni di piazza.

Le recenti dichiarazioni di chi vorrebbe alzare a tal punto il livello della repressione ci obbligano ad aprire alcune considerazioni in merito. Come ribadiamo da diversi anni, la Valle di Susa rappresenta un vero e proprio laboratorio repressivo a livello nazionale: centinaia di agenti delle forze dell’ordine e di funzionari della Digos trovano nella Val di Susa una tappa quasi obbligata della loro “carriera politica”. Contro il movimento No Tav vengono messe in pratica le diverse modalità repressive che vengono estese a livello nazionale contro chiunque provi ad alzare la testa: dai lavoratori sfruttati, alle lotte ambientaliste e studentesche.

Un’altra considerazione fondamentale è la necessità di combattere l’ennesimo tentativo, ad opera dei media e dai partiti politici da destra a sinistra, di ridurre un movimento vasto, eterogeneo e popolare come quello No Tav, ad una manciata di esaltati violenti.

La strategia di strumentalizzare alcuni episodi di “violenza” viene usata da tempo nell’ottica di celare all’opinione pubblica che l’opposizione “attraverso ogni mezzo necessario” alla TAV, sia realmente condivisa a livello popolare. Soprattutto nell’ottica di dividere il movimento No Tav in buoni e cattivi, in modo da giustificare il dissenso, ma solo nel momento in cui non nuoce realmente agli interessi di chi porta avanti quest’opera.

Così, da una parte si cerca di ostracizzare gli atteggiamenti “violenti” di chi ad ogni costo vuole fermare la grande ingiustizia del cantiere della TAV, dall’altra parte si tace e si giustifica la vera violenza che da anni si perpetra in Valle di Susa: migliaia di truppe d’occupazione pagate per difendere due cantieri non voluti né dalle istituzioni, né dalla popolazione locale, militari e forze dell’ordine che soggiornano in hotel e ristoranti, la militarizzazione di un’intera vallata, di intere strade e paesi, mezzi blindati, reti, fili spinati, droni di sorveglianza e idranti, migliaia di lacrimogeni e gas cs, decine dei quali sparati ad altezza uomo,  numerosi manifestanti feriti, in ultimo luogo Giovanna, colpita alla faccia da un candelotto che solo per caso e per fortuna non l’ha uccisa.

Ecco qual è il vero volto della violenza che viene portata avanti in Val di Susa.

L’ultimo giorno, domenica, fin dalla mattina si tengono presso l’area stands una serie di iniziative e dibattiti autogestiti.

Alle ore 10 viene presentato il dossier sulla strage del carcere Sant’Anna di Modena, in particolare sulla violenta repressione carceraria dell’8 marzo 2020 a seguito della scia di rivolte che aveva investito numerose carceri italiane all’alba del primo lockdown e che ha portato alla morte di 9 detenuti all’interno dell’istituto penitenziario modenese.

Alle 11 un’iniziativa tenuta dai giovani in ricordo di Sante Notarnicola, con lo spettacolo “Sante: Oste, poeta, bandito” a cura di Artemuda, che ripercorre attraverso gli scritti, le vicende della vita di Sante.

Il ricordo di una figura, nonché la volontà di riappropriarsi del suo esempio diventano strumenti fondamentali per le nuove generazioni che si affacciano ad un mondo di precarietà, sfruttamento e miseria e che vedono nella lotta portata avanti ad ogni costo l’unica reale prospettiva di realizzazione collettiva.

E infine la presentazione a cura di Maurizio Poletto del libro “Guerra Civile Globale, fratture sociali del terzo millennio” di Sandro Moiso.

Dopo pranzo si tiene l’ultima iniziativa, quella che chiude questa bellissima tre giorni di Festival ad Alta Felicità.

 Le strade di Venaus e la stazione di Susa si riaffolla: compagni, giovani, attivisti che se ne vanno dalla Valle con qualcosa in più e con la consapevolezza, ancora più penetrante, della necessità di lottare contro un modello di sviluppo assassino e fallimentare.

Così come ci hanno dimostrato le ampie manifestazioni popolari del 17 e del 25 aprile, il 1 maggio No Tav, la partecipatissima marcia popolare del 12 giugno, allo stesso modo anche questa edizione del Festival Alta Felicità, tenuto in momento storico così particolare, ci dimostra che  il Movimento No Tav è più vivo che mai e che la contrarietà a questa grande opera è più che mai popolare e condivisa da migliaia di persone in tutto il paese.

La lotta non può che quindi proseguire.

Non potete fermare il vento, gli fate solo perdere tempo