Amministrative 2021: l’alternativa c’è! Intervista a due giovani militanti candidati in Potere al Popolo

Il prossimo 3 e 4 ottobre in Italia si affronteranno diverse scadenze elettorali fra cui le elezioni amministrative nelle cinque maggiori città metropolitane del Paese: Torino, Milano, Bologna, Roma e Napoli.

Di fronte all’avvicinarsi di questo appuntamento si percepisce una certa sciapezza dello scontro politico tra le forze in campo, che dovrebbe caratterizzare questo periodo di campagna elettorale. Questa condizione è il chiaro riflesso dell’asssenza di differenze di fondo fra i vari partiti e partitini che li costringe a giocarsi i voti su aspetti secondari, irrilevanti e spesso a costo zero.

Non a caso, a livello nazionale li ritroviamo tutti insieme nel governo a larghe intese, benedetto dall’UE e guidato da Mario Draghi, che unisce PD, LeU, Lega e M5S; con una contrapposizione solo a parole di FdI.

In questo panorama l’unica reale alternativa che sta emergendo chiaramente è Potere al Popolo, esperienza che seppur piccola e ancora in fase di rafforzamento, si pone in diretta rottura con il sistema di potere nazionale e locale, mettendo a critica radicale i dogmi della politica. Un’esperienza che unisce realtà di lotta, movimenti ambientali e sociali, le istanze delle periferie e conflitto metropolitano.

Come Cambiare Rotta da sempre contribuiamo al progetto di PaP e anche in quest’occasione sosteniamo apertamente la presenza delle liste di Potere al Popolo in tutta Italia. Diversi nostri compagni e compagne sono impegnati in prima persona come candidati in molte città. Abbiamo fatto qualche domanda a due di loro: Gabriele Lupo candidato consigliere comunale a Roma per Elisabetta Canitano Sindaco, e Noemi Curione candidata al consiglio comunale e presidente del quartiere S.Stefano di Bologna per Marta Collot sindaco.

Presentazione

NOEMI: Sono Noemi Curione, studentessa e lavoratrice precaria. Vengo dalla provincia di Bari e mi sono trasferita sei anni fa sotto le Due Torri per frequentare l’Università. Negli ultimi anni, per riuscire a proseguire gli studi, ho lavorato in tutti quei settori ormai completamente precarizzati e sottopagati: principalmente nel settore della ristorazione, come cameriera, barista, lavapiatti e via scorrendo; ma anche nella GDO come commessa e come inventarista. Quella che ci si trova davanti, soprattutto per noi giovani, è una realtà completamente diversa da quella che ci viene raccontata: partiti con la voglia di riscatto, ci ritroviamo sommersi tra sfruttamento e impossibilità a sostenere il costo della vita, in delle città che diventano di giorno in giorno sempre più esclusive ed escludenti.

Ho deciso di candidarmi, con e come altri compagni di Cambiare Rotta, per le elezioni amministrative di Bologna all’interno di Potere al Popolo: nello specifico, sono candidata al Consiglio Comunale e come Presidente del quartiere Santo Stefano, collocato nel pieno centro cittadino e comprendente la zona universitaria.

GABRIELE: Mi chiamo Gabriele Lupo, ho vent’anni e vengo da Primavalle, un quartiere popolare in periferia nord ovest di Roma. Vengo dalle lotte degli studenti medi, in particolare dall’Opposizione Studentesca d’Alternativa nella quale ho militato negli ultimi anni, ad oggi sono uno studente/lavoratore universitario militante di Cambiare Rotta. Lottiamo per una società complessivamente diversa, contrapponendoci alla realtà in cui ci costringe a vivere il capitalismo europeo in un paese del sud come l’Italia, a maggior ragione oggi che (aldilà delle chiacchere) in Parlamento le forze politiche sono tutte d’accordo rispetto all’asservimento che bisogna avere nei confronti delle grandi imprese, italiane ed europee, mettendo un’ipoteca grossa come un macigno su noi giovani. Anche sul piano elettorale non vogliamo lasciare spazi vuoti, perché vuoti non rimarranno a lungo e preferiamo prenderceli noi piuttosto che ad altre liste civetta “di sinistra” che appoggiano però chi è causa del massacro sociale degli ultimi anni.

Puoi descriverci il contesto cittadino?

NOEMI: La città di Bologna è forse una delle più emblematiche rispetto al contrasto tra aspettative e realtà: narrata come accogliente, culturalmente aperta, con le maggiori possibilità accademiche e lavorative, nella realtà si configura come l’esempio perfetto di città vetrina: tra un centro sempre più piegato ai turisti e delle periferie sempre più abbandonate, vediamo da parte di tutta l’amministrazione comunale un disinteresse sempre più sfacciato verso chi Bologna la vive e la anima quotidianamente.

Le prospettive offerte a chi decide di vivere in questa città sono quelle di uno sfruttamento lavorativo ormai espanso a macchia d’olio (perpetrato soprattutto su giovani, donne e migranti), affitti sempre più insostenibili, militarizzazione e repressione come uniche risposte ai problemi della cittadinanza e un’accoglienza messa nelle mani delle cooperative che sempre più spesso si configurano come delle vere e proprie aziende che lucrano sulla miseria. Il servizio pubblico, tanto sbandierato da parte di tutti gli esponenti politici locali e non, nei fatti continua ad essere ceduto al primo offerente, che sia rappresentato da singoli investitori – come possono essere i palazzinari – o dati in mano a grandi imprese che, tra appalti e subappalti, portano avanti i loro interessi senza alcun riguardo per le esigenze della collettività – come può essere il trasporto “pubblico”. Dulcis in fundo, anche l’Università non si smarca da questo scenario: fiera dei suoi primati sulla formazione e a braccetto con il Comune, non è altro ormai che un polo d’elité attrattivo per gli investimenti esteri, funzionale solo al capitale finanziario, speculativo e multinazionale.

Siamo arrivati ad una città ad uso e consumo dei pochi ricchi che possono permettersela, perfettamente in linea con le prospettive politiche portate avanti anche a livello nazionale: adeguarsi alle logiche europee di produzione e, in generale, dei settori strategici, dalla formazione al mondo del lavoro.

GABRIELE: Il contesto cittadino a Roma è quello che ci si potrebbe immaginare da una città metropolitana del sud Europa, con tutta una serie di elementi negativi fortemente accentuati. Una città meravigliosa ridotta in uno stato pietoso insomma, un degrado voluto alla quale tutte le amministrazioni senza distinzione di colore politico negli anni ci ha condannato. Roma è una città con potenzialità urbanistiche, culturali, ambientali (la città più verde d’Europa), d’istruzione, di ricerca eccetera che sarebbero enormi, se non fosse che negli anni tutto ciò è stato scientemente eroso nel suo aspetto pubblico e collettivo e privatizzato. I servizi essenziali sono stati quasi totalmente mercificati a beneficio dei consorzi privati, dal trasporto pubblico locale, passando per i luoghi di cultura come i musei arrivando ad una serie infinita di altre cose a partire dalla sanità, non è un caso la candidatura a sindaco di Elisabetta Canitano che sa bene quanto queste privatizzazioni abbiano pesato sulle fasce popolari. I servizi diventano disponibili solo nella “vetrina” della Città, il centro, che vedono più i turisti di noi che ci capitiamo spesso solo per andare a lavorare.

Il tutto chiaramente secondo noi non ha ragioni legate a questioni specifiche o territoriali, ma ha ragioni ben più ampie a partire dal progetto di decentramento e autonomia territoriale che ha accentuato delle divergenze tra le varie aree del Paese che ad oggi sembrano incolmabili. In questo senso Roma è una città svuotata di industrie e di lavoro, rimangono (specialmente per noi giovani) quelli che spesso vengono chiamati “lavoretti” che però così non sono. Roma è una delle tante patrie del lavoro nero.

Quali proposte politiche per la città?

NOEMI: Lo slogan per queste elezioni amministrative riguarda la necessità della “Città Pubblica”. Dopo più di trent’anni di smantellamento dei diritti fondamentali, da quello della casa a quello del lavoro, unita a una privatizzazione sfrenata di ogni ambito strategico, ci ritroviamo in un Paese dove alla collettività non è rimasto nulla, se non i costi delle crisi che loro stessi hanno creato. Da qui diventa prioritario invertire la rotta e mettere in discussione l’intero modello di sviluppo nel quale siamo inseriti, che ora più che mai ha mostrato tutti i suoi limiti.

Credo però che sia importante anche sottolineare come la condizione nella quale oggi ci troviamo non sia determinata da una sola parte politica, ma al contrario sia largamente appoggiata e sostenuta da tutti gli attuali partiti al governo: da destra a sinistra, le politiche portate avanti non cambiano. Le contrapposizioni non sono altro che di facciata, tanto che ci ritroviamo ad essere guidati da un carrozzone che coinvolge tutti, uniti dalla dirigenza Draghi come portavoce degli interessi europei.

In questo scenario diventa necessario porre un punto di rottura tra chi continua a portare avanti i propri interessi e chi invece rimette al centro un’idea di città e di mondo completamente diversa: il contesto locale non è che il riflesso della linea nazionale, inserita a sua volta nel panorama internazionale e globale.

GABRIELE: Nel contesto cittadino che prima descrivevo si inserisce la proposta di Roma Città Pubblica, che tiene conto delle tendenze generali che ci sono dagli ultimi trent’anni in Europa, un cedere continuo ai privati e il nostro continuo impoverimento. Roma Città Pubblica non è uno slogan, ma una contro-tendenza. Significa strappare agli speculatori vecchi e nuovi gli assetti strategici delle nostre città, rendendoli società speciali e perciò direttamente gestiti dal pubblico e non sotto forma di SPA. Vale per i trasporti, per l’acqua, l’energia che fa andare avanti la città e le nostre case, ma vale anche per le residenze e gli affitti che a fronte di uno stipendio di 700/800 euro al mese non costano meno di 600 euro in periferia. Vale però anche sullo smaltimento dei rifiuti, ovvero la questione ambientale tanto propagandata da tutti sempre con i costi rivolti verso di noi a vantaggio delle aziende multinazionali e non, che ovviamente non risolveranno mai il problema. Chiudo dicendo che tutto ciò creerebbe lavoro, utile a rendere più vivibile, pulita e produttiva per la maggior parte della gente le nostre città, ma soprattutto dignitoso per chi lo fa.