LINEE GUIDA PNNR RICERCA: FERMIAMO IL PROGETTO TARGATO UE E DRAGHI!

Da alcuni giorni sono state condivise le Linee Guida espresse dalla Cabina di Regia dedicata alla seconda componente (Dalla ricerca all’impresa) della quarta missione (Istruzione e Ricerca) del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

Dei 9 miliardi di euro di destinazione del MUR dal PNRR per i finanziamenti alla ricerca, 6 miliardi saranno quelli dedicati alla ricerca in filiera. I finanziamenti, che saranno messi a disposizione sotto forma di bandi già a partire dal primo trimestre del 2022, sono stati divisi in 4 filoni di intervento secondo quanto predisposto dalle Linee Guida della Cabina di Regia insieme al contributo consultivo del Supervisory Board istituito dalla ministra dell’Università e della Ricerca, Maria Cristina Messa.

Le quattro misure in cui saranno suddivisi i 6 miliardi del PNRR per la ricerca in filiera sono:

  • 1,6 miliardi per i Partenariariati Estesi(Reti diffuse di Università, Enti Pubblici di Ricerca, altri soggetti pubblici e privati)
  • 1,6 miliardi per i Centri Nazionali, ovvero strutture di ricerca per la creazione di campioni nazionali di ricerca e sviluppo su tecnologie abilitanti.
  • 1,3 miliardi per la creazione e il rafforzamento di Ecosistemi dell’Innovazione,come leader territoriali di ricerca e sviluppo.
  • 1,6 miliardi per la realizzazione di un sistema integrato di Infrastrutture di Ricerca e Infrastrutture tecnologighe di Innovazione.

Oltre a stabilire quattro filoni di intervento per i proponenti che aderiranno ai bandi (Università, Enti Pubblici di Ricerca e Imprese private), le Linee Guida stabiliscono anche le tematiche e le iniziative sulle quali dovranno vertere i progetti; con una particolare attenzione alla transizione ecologica e a quella digitale, oltre al sedicente obbiettivo di colmare divari di genere, generazionali e territoriali nei finanziamenti ai progetti di ricerca che aderiranno ai bandi.

Al di là di una stancante retorica verde e rosa, oltre che della visione di una rivoluzione digitale come panacea di tutti i mali di cui è intriso il documento della Cabina di Regia e del MUR; ci troviamo di fronte ad un’ingente somma di finanziamenti, forse come non ne abbiamo mai conosciuti, che saranno destinati al comparto dell’università e della ricerca.

L’abbiamo detto più volte, tocca ribadirlo: i finanziamenti del PNRR che arrivano dal Recovery Fund europeo non sono un regalo, bensì un ricatto dell’Unione Europea che presta soldi al nostro paese perché vengano eseguite riforme ben precise. Così possiamo vedere come questa ingente somma da spendere per la ricerca debba seguire delle “linee guida” di spesa ben precise, al fine di soddisfare le esigenze dell’Unione Europea.

I diversi G20 tenuti in Italia quest’anno (di cui l’ultimo il 30 ottobre), così come la vicenda dell’Afghanistan, ci hanno confermato che ci troviamo in un mondo sempre più multipolare, dove l’esito dello scontro tra le potenze in campo è tutt’altro che scontato. In questo contesto, come abbiamo già analizzato più volte, l’Unione Europea sfrutta la crisi sanitaria-economica-sociale generata dalla pandemia da Covid-19 per ristrutturarsi al suo interno al fine di rafforzarsi e rilanciarsi come polo imperialista capace di competere all’interno degli equilibri internazionali.

Il principale campo di intervento sul quale investe il polo imperialista europeo per rafforzarsi è proprio il mondo della formazione, dalle scuole alle università fino ai centri di ricerca. È proprio in quest’ottica che dobbiamo leggere il PNRR e in particolare la quarta missione di questo. Infatti, a partire da questi nove miliardi di euro seguirà una forte ristrutturazione di tutto il mondo della ricerca, volto a piegare il modello della formazione e della ricerca in Italia alle esigenze del progetto imperialista europeo.

I quattro filoni di intervento predisposti dalla Cabina di Regia ci mostrano lucidamente quali sorti toccheranno al reparto della ricerca di un paese sempre più periferico e marginale come l’Italia all’interno del disegno generalere del progetto imperialista europeo. “Centri Nazionali, come campioni nazionali di ricerca e sviluppo”, “Ecosistemi dell’innovazione come leader territoriali”, “Partenariati estesi a reti diffuse di università”: pochi poli di ricerca sempre più di eccellenza e sempre più parte integrante delle filiere della produzione europea, contro le macerie a cui andranno incontro la maggior parte delle università e dei centri di ricerca situati in territori sottosviluppati, produttivamente spogli e distanti dagli standard delle aree territoriali parte del cuore produttivo dell’UE.

Lungo tutto il documento si parla in maniera molto ipocrita di colmare i divari territoriali nel paese, viene introdotta anche una clausala ai finanziamenti per la quale circa il 40% dei progetti dovrà essere finanziato nel Mezzogiorno; ma dalle poche parole d’ordine che possiamo scorgere nella quarta missione è chiaro come  l’estrema concentrazione e polarizzazione dei centri di ricerca porterà ad acuire ancora di più il divario territoriale presente nel nostro paese che conosce una divisione netta tra pochi atenei e poli di serie A, e tantissimi atenei e poli di serie B, che sono soprattutto al Sud, totalmente sottofinanziati, inadeguati nei servizi e nell’offerta formativa, e che svolgono la funzione di veri e propri “parcheggi sociali” per il futuro esercito di precari e disoccupati di cui il mercato italiano ed europeo ha tanto bisogno.

Questa era una tendenza presente nel nostro paese già rimarcata dall’impianto delle riforme universitarie succedutesi negli ultimi trent’anni, il PNRR non fa che confermare e rendere estremamente nitida questa tendenza.

Il documento della Missione 4 del PNRR dà molte altre indicazioni rispetto i processi di ristrutturazione a cui andrà incontro il comparto della ricerca in Italia a seguito dei finanziamenti che saranno messi a disposizione nei prossimi anni. Infatti, se andiamo ad approfondire gli ambiti di ricerca che le Linee Guida indicano per i primi due filoni di investimenti: Partenariati Estesi e Centri Nazionali (che nel dettaglio prevedono 10 grandi programmi da realizzare su tematiche specifiche per i Partenariati Esterni, e 5 Centri Nazionali dedicati alla ricerca di frontiera relativa ad ambiti tecnologici), appare chiaro come la Cabina di Regia europea abbia già individuato dei programmi specifici su cui la ricerca italiana dovrà specializzarsi, non lasciando alcuna libertà di ricerca alle singole università e ai signoli centri di ricerca. Senza elencare tutte le tematiche presentate, possiamo notare la presenza di programmi di ricerca su temi estremamente strategici per l’UE, come ad esempio i Big Data, la mobilità sostenibile, l’intelligenza artificiale, gli scenari energetici del futuro, le attività spaziali, etc.

Nel tentativo dell’Unione Europea di confermarsi come eccellenza mondiale dell’economia della conoscenza (o del capitalismo dei monopoli intellettuali), i pochi centri di ricerca di eccellenza italiani devono fare la loro parte e concentrarsi e specializzarsi su grandi temi strategici per il polo imperialista europeo in costruzione.

Come abbiamo detto all’inizio, uno dei focus su cui si concentra in maniera non secondaria questo documento, è quello della transizione digitale, un altro cavallo di battaglia della ristrutturazione interna e del rafforzamento dell’Unione Europea, che rappresenta la parola chiave su cui si snodano il Recovery Fund e il PNRR. Per quanto riguarda gli investimenti destinati alla ricerca in filiera, l’attenzione al digitale è tutta espressa nel quarto filone di investimenti (Infrastrutture di Ricerca e Infrastrutture tecnologiche di Innovazione), nel quale il vincolo digital per i proponenti ai bandi di finanziamento, è da soddisfare al 100%.

Il fondo per questo filone di finanziamento, darà vita fino a 30 interventi per la realizzazione di infrastrutture di ricera e infrastrutture di innovazione (laboratori, materiali digitali, etc.). Gli investimenti dovranno soddisfare le esigenze della comunità scientifica e del sistema produttivo e rappresentare un elemento di competitività nella ricerca nazionale ed europea; inoltre, ove possibilie, le infrastrutture saranno finanziate da soluzioni di partenariato pubblico-privato, dove il capitale privato dovrà offrire un vantaggio competitivo, in uno scenario che, come abbiamo avuto modo di conoscere bene in questi anni, renderà i servizi della ricerca e quindi la ricerca stessa sempre più soggetta agli interessi dei capitali privati che investono.

La privatizzazione e l’aziendalizzazione della sfera della ricerca pubblica però diviene determinante nel terzo filone di investimenti, quello riguardante i cosiddetti “Ecosistemi dell’Innovazione“, che svolgono un ruolo cruciale nella creazione e nella promozione dell’innovazione per la sostenibilità dei territori. Questo fondo di investimenti parte sin dal principio in maniera molto flessibile, infatti rispetto ai Centri Nazionali ed ai Partenariati Estesi, non prevede tematiche di ricerca predisposte dalle Linee Guida della Cabina di Regia. In questo modo, senza obbiettivi prefissati, l’indirizzo della ricerca di questi progetti può adeguarsi meglio alle esigenze e alle necessità che provengono dalle imprese, dalle aziende e dai privati che formano il tessuto produttivo del paese. Infatti, se andiamo a leggere le poche righe che regolano il capitolo sugli Ecosistemi dell’Innovazione, le uniche indicazioni che vengono date sono che questi progetti dovranno favorire la creazione d’innovazione d’impatto e l’imprenditorialità. L’ambito di questi ecosistemi dovrà essere definito da alcuni fattori tra cui: la scelta di un focus scientifico e tecnologico capace di garantire un impatto sul sistema economico e sociale, comprese le piccole e medie imprese; il coinvolgimento di grandi imprese e piccole e medie imprese; la coerenza con le vocazioni scientifiche ed economiche dei territori con la capacità di collegarsi a a strategie europee; etc. I progetti di Ecosistemi dell’Innovazione si annovereranno a 12, e fin da subito alla loro costituzione potranno partecipare enti e soggetti privati.

Privatizzazione e aziendalizzazione della ricerca pubblica, compresenza e collaborazione con le imprese, polarizzazione e concentrazione della ricerca in pochi poli d’eccellenza, ambiti di ricerca su questioni e tematiche strategiche per l’imperialismo europeo, digitalizzazione e innovazione tecnologica come risoluzione di tutti i problemi: queste sono le ricette in salsa europea che il “governo dei migliori” vuole impartire per il rilancio del nostro paese dopo  due pesantissimi anni di crisi sanitaria-economica-sociale.

Un’analisi approfondita delle linee guida del PNRR conferma le tendenze e i processi di trasformazione che colpiranno nei prossimi anni l’intero mondo della formazione e della ricerca: cambiamenti e forti ristrutturazioni che lo trasformeranno in senso ancora più normalizzato, aziendalizzato, elitario e piegato al profitto di quanto non lo conosciamo già in questo momento. Per di più non viene messo alcun freno alla presenza di precarizzazione, salari bassi ed emigrazione forzata, che caratterizza in modo sistemico il mondo del lavoro nelle università e nella ricerca.

Non possiamo rimanere ancorati alla battaglia del “per l’istruzione non ci sono soldi/vogliamo più finanziamenti per l’istruzione”, come ancora propongono sindacati studenteschi e il vasto mondo del movimento universitario che coscientemente o no sono sempre più subalterni ai disegni della classe dominante. I fondi per l’istruzione, nel disegno  del progetto imperialista europeo ci sono eccome, e il PNRR lo dimostra. Per questo motivo lo scontro si deve spostare dal quanto al capire come verranno impiegati questi soldi, secondo quali fini e come andranno a modificare il mondo dell’istruzione, ma soprattutto  bisogna interrogarsi su cosa rappresenta per il nostro paese e per la nostra generazione il PNRR. Perché accettare il PNRR come dato di fatto, significa accettare passivamente un debito che in futuro graverà sulle nostre spalle.

Per la nostra generazione si rende quindi necessario fin da subito continuare ad organizzarsi, per combattere con ogni mezzo necessario dentro e fuori il mondo della formazione e della ricerca contro il PNRR dell’Unione Europea e del governo Draghi, sostenuto da tutte le forze parlamentari di destra a sinistra.