NESSUNA LEZIONE DALL’IMPERIALISMO OCCIDENTALE E DALL’UNIONE EUROPEA SULL’EMANCIPAZIONE FEMMINILE

Iniziativa di approfondimento verso e oltre le date del 25 Novembre contro la violenza sulla donne e della mobilitazione del 27 novembre a Roma

Come ogni novembre stiamo assistendo al solito teatrino di politicanti e di personaggi legati al variegato mondo del centrosinistra che, avvicinandosi la giornata mondiale contro la violenza sulle donne, propongono il loro ‘personale’ modello di emancipazione femminile, dopo aver appoggiato e portato avanti per il resto dell’anno politiche antipopolari e di macelleria sociale: quest’anno le loro attenzioni si confermano ancora più ipocrite del solito, laddove si arriva addirittura a strumentalizzare le condizioni delle donne in Afghanistan.

Il ritiro delle truppe americane dall’Afghanistan e la presa di Kabul da parte dei talebani è un evento sicuramente di portata storica che palesa la profonda crisi dell’egemonia statunitense e occidentale e l’ipocrisia della guerra per l’esportazione della democrazia e delle libertà, nonchè la dimostrazione delle enormi falsità costruite in 40 anni di occupazione militare dai governi occidentali che avevano prima sostenuto militarmente gli integralisti in chiave antisocialista per poi abbandonare il mostro da loro stessi creato.

Opinionisti ed esponenti della classe politica nostrana hanno quindi reagito manifestando subito preoccupazione e sconcerto sul destino delle libertà femminili, fino ad arrivare alle dichiarazioni di qualche mese fa di Emma Bonino che ha proposto di dedicare il 25 Novembre, giornata internazionale contro la violenza sulle donne, alle donne afghane.

Rispediamo al mittente le roboanti dichiarazioni sulle sorti delle donne afghane e l’attenzione mediatica e politica sui diritti umani seguite al ritorno del governo fondamentalista talebano:  anni di occupazione militare e soprusi di ogni sorta da parte dell’Occidente e con la complicità di governi italiani (anche e soprattutto del centrosinistra cosiddetto “democratico”) non possono essere cancellati costruendo una mistificazione ideologica sulla pretesa superiorità occidentale in quanto a emancipazione femminile e diritti.

A pochi giorni da una delle giornate internazionali dedicata alle donne viene quindi da chiedersi: a che punto siamo realmente per quanto riguarda l’emancipazione femminile in Occidente e in particolare in Europa e in Italia?

Basta prendere alcuni dati esemplificativi per comprendere come nel nostro paese e nella ‘democratica’ Unione Europea si stia sempre di più accentuando la differenza tra una minoranza di donne che, per condizioni sociali e culturali, sono in grado di costruirsi una ‘carriera’ e la stragrande maggioranza di donne che invece, assieme ai migranti, rappresentano una delle categorie più colpite dalla crisi economica, vivendo in una condizione di pesante sfruttamento e precarietà lavorativa, di dipendenza dal lavoro maschile nonchè sottoposte ad abusi e violenze.

Infatti, se analizziamo il dato dei femminicidi, che a settembre 2021 ha visto la morte di 7 donne in 10 giorni solo in Italia, e che negli ultimi anni ha visto numeri da capogiro in tutta l’Unione Europea (nel 2019 sono state uccise 1.421 donne, quattro al giorno, con il maggior numero delle vittime in Francia, 285, e in Germania, 276) siamo ben lontani da una sicurezza domestica, luogo dove spesso vengono riproposte quelle stesse dinamiche di abuso che possiamo ritrovare nei posti di lavoro e che sono il riflesso di un imbarbarimento causato da questo modello di sviluppo.

L’occupazione femminile è poi scesa di molti punti percentuali ovunque nei paesi dell’UE durante la pandemia, aggravando ancora di più le differenze tra paesi trainanti del cosiddetto core economico europeo (dove l’occupazione femminile si attesta sul 60%) e i paesi della periferia da sempre bacino di manodopera a basso costo (come la stessa Italia, dove in alcune regioni è scesa al 30%).

Di fronte al peggioramento delle condizioni per una reale emancipazione femminile, l’Unione Europea sta provando a tingersi di rosa e ad ergersi a paladina dei diritti delle donne: la mistificazione ideologica operata sulle sorti delle donne serve a coprire in realtà il tentativo in atto di amplificare la selezione interna alla manodopera femminile.

Sono infatti di questo luglio le parole della presidentessa della Commissione Europea Von der Leyen, che affermano che per eliminare il fatidico ‘’Gender gap’’ basti incrementare i congedi parentali e l’assistenza per l’infanzia e per gli anziani, in modo che le donne possano dedicare il proprio tempo alla carriera: parole che, dietro una cortina rosa, rivelano un concetto di emancipazione legato al successo individuale di poche donne, sulle spalle della miseria di molte.

Il tentativo in atto è chiaro: sussumere, in funzione della ristrutturazione capitalistica in atto a livello europeo e continentale, le parole chiave delle lotte delle donne trasformando ad esempio il concetto di ‘parità’ nel concetto liberale di ‘pari opportunità’ e l’emancipazione in empowerment e imprenditorialità femminile, per le quali verranno infatti elargiti ingenti investimenti previsti nel PNRR.

Una prospettiva quindi di emancipazione tutta individuale ed individualista, volta a creare (per quelle che ce la fanno) donne che sfrutteranno altre donne, investite in ruoli di potere e di management, cristallizzando invece la situazione della maggioranza delle donne che andranno ad alimentare quell’”esercito di riserva” di manodopera maggiormente sfruttata o al tempo stesso lasciata a casa nei periodi di crisi.

Dalla vicenda afghana e le lacrime di coccodrillo sui diritti umani e le libertà femminili fino all’ipocrisia di un femminismo liberale e liberista in salsa europea vi è filo rosso che mira a usare una arrogante e presunta superiorità occidentale per ricostruire un’egemonia ormai in crisi. Rifiutiamo con decisione questa operazione di mistificazione e rimettiamo al centro la necessità di lottare e mobilitarsi, per un progetto rivoluzionario e un cambio sistemico per un processo di emancipazione reale che coinvolga il mondo femminile. 

Apriamo il dibattito con una prima iniziativa che si terrà a Bologna, il 21 Novembre alle ore 17.30, con Giacomo Marchetti della Rete dei Comunisti ed Emidia Papi dell’Unione Sindacale di Base.